giovedì 29 dicembre 2022

Nuovi interrogativi su Papa Francesco

 


Natale, si sa, è una stagione di buoni sentimenti ed è comprensibile che papa Francesco abbia scelto questo momento per entrare nelle case degli italiani, attraverso l’intervista che ha rilasciato il 18 dicembre a Canale 5 sul tema “Il Natale che vorrei”. I temi che ha toccato sono argomenti a cui ognuno è sensibile, come la guerra, la povertà, la fame, l’inverno demografico, lo sport, i bambini. Le sue osservazioni sono sembrate ispirate a un buon senso naturale, tralasciando però di toccare le questioni di fondo, in tema di fede e di morale, che pure interpellano ogni giorno la nostra vita quotidiana. Molti di questi problemi vengono affrontati in due libri, apparsi in questi giorni, che cercano di far chiarezza sul pontificato e sulla personalità di papa Francesco. Sono, va detto subito, studi rigorosi e non pamphlet. Il primo, dal titolo François, la conquête du pouvoir. Itinéraire d’un pape sous influences (Contretemps, Versailles 2022, pp. 386, 25 euro), è di Jean-Pierre Moreau, uno specialista francese della teologia della liberazione; il secondo, Super hanc petram. Il Papa e la Chiesa in un’ora drammatica della storia (Fiducia, Roma 2022, pp. 276, euro 22), si deve a padre Serafino Lanzetta, un valente teologo italiano, che esercita il suo ministero nel Regno Unito.

Moreau va alla ricerca dei “maîtres à penser” di papa Francesco e li identifica negli artefici della “Teologia del Popolo”, un ramo della teologia latino-americana della liberazione ispirata al Patto delle Catacombe celebrato a Roma il 16 novembre 1965, quando una quarantina di vescovi, tra i quali monsignor Helder Câmara, proclamarono la necessità di tornare alla prassi del Gesù storico attraverso “una Chiesa serva e povera”. In quello stesso anno fu eletto generale della Compagnia di Gesù padre Pedro Arrupe, autore di un progetto di riforma della Chiesa che ne stravolgeva le fondamenta. Sia di mons. Câmara che di padre Arrupe è stata introdotta, sotto il pontificato di papa Francesco, la causa di beatificazione suscitando l’indignata sorpresa di conoscitori della teologia della liberazione, come Julio Loredo de Izcue, che si è giustamente chiesto se non ci troviamo di fronte a una «beatificazione del male».

Secondo Moreau, l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, divenuto nel 2013 papa Francesco, ispirandosi alla “teologia del Popolo”, si sarebbe proposto di realizzare il piano politico-religioso di Arrupe, interrotto nel 1981 dalle sue dimissioni e dal successivo commissariamento della Compagnia di Gesù da parte di Giovanni Paolo II. Ma Moreau risale ancora più indietro e rintraccia il vero mentore di Jorge Mario Begoglio nel dittatore argentino Juan Domingo Peron, che giocò un ruolo decisivo nella politica del suo paese tra il 1940 e la sua morte, nel 1975. Sotto questo aspetto papa Francesco sarebbe anzitutto un “peronista”, non un ideologo, ma un uomo d’azione pragmatico e populista, attratto dalla dimensione politica, prima che soprannaturale della fede cattolica.  

Se l’approccio di Moreau è storico-politico, quello di padre Lanzetta è squisitamente teologico. Le parole e gli atti di papa Francesco sono esaminati nel suo libro con rigoroso spirito critico, ma anche con filiale devozione al Papato, mostrando il pericolo di far precedere la pastorale alla dottrina, l’agire all’essere, la persona del Papa all’istituzione della Chiesa. Molto penetranti sono le pagine che l’autore dedica alla nuova forma di Nominalismo, oggi diffuso, per cui le parole non corrispondono più alla realtà, ma sono usate per dire un’altra cosa rispetto al loro significato originario e autentico. Il Nominalismo è storicamente la strada maestra che porta al pragmatismo, cioè alla dissoluzione del pensiero, attraverso la dissoluzione del linguaggio. Gli stessi concetti di ortodossia ed eresia svaporano nel nominalistico primato della prassi. Sotto questo aspetto, più che la diffusione dell’eresia, il vero problema della Chiesa consiste oggi in quella che padre Lanzetta definisce efficacemente un’«apostasia liquida», che affonda le sue radici nel tentativo di separare «l’aspetto dottrinale della Rivelazione da quello pastorale, vedendo il cominciamento della predicazione non nelle verità da credere ma nel come credere, giudicandone l’opportunità e le modalità».

La crisi religiosa è dunque profonda, ma lo stesso papa Francesco, nell’Angelus di domenica 18 dicembre, ha affermato che nelle epoche di crisi Dio apre prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo, magari non come noi ci aspettiamo, ma come Lui sa. Chi si sarebbe atteso, ad esempio le dichiarazioni rilasciate quello stesso 18 dicembre al quotidiano spagnolo ABC ?

Il Papa che all’epoca del Sinodo post-amazzonico del 2019 aveva contrapposto la saggezza dei nativi all’arroganza dei conquistadores spagnoli, oggi dice che: «L’ermeneutica per interpretare un evento storico deve essere quella del suo tempo, non quella attuale. È ovvio che lì (in America Latina, n.d.r.)  sono state uccise delle persone, è ovvio che c’è stato uno sfruttamento, ma anche gli indiani si sono uccisi a vicenda. L’atmosfera di guerra non fu esportata dagli spagnoli. E la conquista apparteneva a tutti. Distinguo tra colonizzazione e conquista. Non mi piace dire che la Spagna ha semplicemente “conquistato”. È discutibile, quanto volete, ma ha colonizzato. Se si leggono le direttive dei re spagnoli dell’epoca su come dovevano agire i loro rappresentanti, nessun re di nessun altro Paese fece tanto. La Spagna entrò nel territorio, gli altri Paesi imperiali rimasero sulla costa. La Spagna non ha fatto pirateria. Bisogna tenerne conto. E dietro a questo c’è una mistica. La Spagna è ancora la Madrepatria, cosa che non tutti i Paesi possono dire». Ha ragione Marcello Veneziani quando dice che papa Francesco sta cambiando da qualche tempo le sue posizioni (“La Verità”, 17 dicembre 2022) o ci troviamo di fronte allo svolgimento di un programma politico ispirato a una coerente filosofia della prassi?.

 

(Fonte: Roberto de Mattei, Corrispondenza Romana, 28 Dicembre 2022) 
https://www.corrispondenzaromana.it/nuovi-interrogativi-su-papa-francesco/

 

 

mercoledì 28 dicembre 2022

Caso Rupnik. Confermati i due processi e la scomunica


Come sapete il caso Rupnik continua a tenere banco sui media internazionali: QUIQUI e QUI MiL.

In queste ultime ore sono state rilasciate importanti dichiarazioni da diversi esponenti dei Gesuiti tra cui il Preposito Generale P. Sosa (QUI) che, evidentemente, inter alia, potrebbe dire il falso quando afferma che P. Rupnik rispetta le “misure cautelari” che gli sono state imposte (QUI).

A questo punto è necessario fare un po’ di chiarezza, anche cronologica, sugli eventi denunciati; dal momento che qualcosa non torna tra le denunce di fatti prescritti e le misure cautelari imposte, torniamo a fare altre domande oltre a quelle (QUI) a chi di competenza, avendo noi notizie ulteriori da altissima fonte:

1) Se, come risulta a MiL, iniziando nel 2019 e concludendosi 2020, ci fu un processo canonico per il reato di assoluzione del complice (Can. 977), condotto dal P. Francisco Javier Canseco S.M. e da altri due inquirenti non gesuiti, quale fu la risultanza canonica di questo processo? 

 2) In seguito a ciò che decisione prese l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede? Ribadiamo che a noi risulta la scomunica latae sententiae. Che fine ha fatto e perchè è stata bloccata?

3) Se, come sappiamo, l’accertamento del reato di assoluzione del complice prevede la scomunica latae sententiae, le misure inflitte a Padre Rupnik, dunque, non furono, secondo le fonti di MiL, cautelari ma parte del dispositivo di condanna. Perché la Compagnia di Gesù continua ad omettere e negare questa circostanza?

4) Da chi e quando fu rimessa la sola scomunica di cui al punto 3, dato che il reato è di esclusiva competenza del Dicastero per la Dottrina della Fede?

Il processo per “assoluzione del complice” (punti 1-4) non riguardava suore slovene ma una “consacrata” italiana (una novizia) e non era prescritto, come invece lo erano i fatti su cui indagò Mons. Daniele Libanori nel 2021 (le molestie).

Quindi, in sintesi, ci furono due procedimenti, A) uno riguardante l’assoluzione del complice (una donna consacrata maggiorenne) tenutosi dal 2019 al 2020 e B) uno tenutosi dal 2021 al 2022 riguardante gli abusi sulle suore slovene e dichiarato prescritto.

5) Con riferimento al secondo procedimento ci si chiede: perché la Santa Sede non derogò alla prescrizione come previsto dal Vademecum della Congregazione per la Dottrina della Fede (QUI punto 7 del vademecum in link).

6) Chi decise – e con quale provvedimento – la prescrizione?

Vorremmo che, per il bene di Santa Romana Chiesa, e dei fedeli, le Autorità dessero una risposta chiara a questi interrogativi e facessero cadere la coltre di nebbia che avvolge questo caso e che, in primis, produce una grande sofferenza tra le vittime di questi raccapriccianti abusi ma anche suscita grande scandalo tra tutti i fedeli e mina l’autorevolezza della Chiesa.

 

(Fonte: Luigi, Corrispondenza Romana, 9 dicembre 2022) 
Caso Rupnik. Nuovissime notizie! Confermati i due processi e la scomunica - Corrispondenza romana

 

 

A proposito di Andrea Cionci


C’è in Italia un giornalista che scrive di cose della Chiesa e si lamenta essere ignorato da una serie di intellettuali e di testate cattoliche di orientamento tradizionale, di cui riporta un puntiglioso elenco, accusandole di sottrarsi a un confronto che il giornalista giudica doveroso data l’importanza del tema: i presunti messaggi in codice che l’unico papa legittimo, Benedetto XVI, trasmetterebbe per denunciare l’impostura dell’antipapa, Jorge Maria Bergoglio. Il giornalista non si duole delle numerose critiche che ha già ricevuto, ma di quelle che non sono ancora arrivate, impedendo, con questo silenzio, che la sua ricostruzione delle vicende della Chiesa venga presa nell’«attenta, serissima e approfondita considerazione» che, a suo avviso, merita. 

Poiché tra le testate che egli accusa di non avere ancora espresso un giudizio su di lui e sulla sua opera, c’è anche Corrispondenza Romana, non abbiamo difficoltà a soddisfare il suo desiderio: si chiama Andrea Cionci, un giornalista di cui abbiamo apprezzato gli articoli fino ai primi mesi del 2020 quando, con la pandemia, sembra aver completamente perso la bussola, come altri promettenti ingegni. 

Cionci si vanta di aver pubblicato centinaia di articoli e un libro che ha venduto 12.000 copie ed è stato tradotto in due lingue, ma si illude se pensa che questi numeri corrispondano a un ampio consenso di pubblico. La ragione del suo successo sta nella “curiosità” che le sue cervellotiche tesi suscitano tra lettori amanti del sensazionalismo. La vana curiositas che, come spiega san Tommaso, è l’aspetto vizioso del desiderio di conoscere (Somma Teologica, II-II, q. 167), è una malattia della mente da cui ogni cattolico deve guardarsi. Questa è la ragione per cui non riteniamo necessario pubblicizzare il suo libro e i suoi articoli, senza che di ciò ci si debba far rimprovero.   

La ragione per la quale il silenzio ha accompagnato la sua “inchiesta” sul conclave del 2013 sta anche nel fatto che egli pretende di parlare di una questione non solo seria, ma drammatica, riguardante la vita della Chiesa, senza avere la pur minima competenza per farlo. Cionci infatti non ha alcuna conoscenza teologica o canonica, ma soprattutto sembra  privo di quel buon senso, prima ancora che di quello spirito cattolico, che è condizione necessaria per affrontare problemi delicati e complessi che toccano la vita delle anime. Gli “esperti” a cui si richiama per giustificare le sue tesi sono citati a sproposito, perché nessuno di essi le condivide. E l’unica arte di cui egli si dimostra padrone è purtroppo quella del sofisma.

L’abdicazione di Benedetto XVI e il modo con cui essa è avvenuta sono considerati da molti studiosi e anche da eminenti membri del Sacro Collegio come un grave errore, mentre per Cionci è un’astutissima manovra del “Papa emerito” per mettere con le spalle al muro il suo rivale Francesco. Cionci ha coniato l’espressione di “auto-impedimento” per descrivere un’inedita situazione in cui Benedetto XVI, unico vero Papa, combatte in maniera occulta contro l’usurpatore Bergoglio. Papa Benedetto, a suo parere, si esprime in maniera criptica, attraverso una comunicazione in codice che solo Cionci è in grado di decifrare. Ma se il linguaggio di Benedetto è volutamente segreto, non si capisce perché Cionci, che è un suo ammiratore, lo riveli al mondo intero. Benedetto, direttamente o attraverso il suo segretario mons. Georg Gänswein, ha più volte smentito la tesi che lo vuole ancora Papa regnante, ma ogni smentita è per Cionci una conferma, perché, a suo avviso, se Benedetto confermasse pubblicamente il suo piano, svelerebbe il gioco che conduce. E se Benedetto dicesse che Cionci è matto, il nostro sarebbe pronto a dichiarare che, in senso spirituale, la follia può rappresentare il passaggio ad un alto livello di conoscenza. Non a caso nelle carte dei Tarocchi il “matto” cambia il suo significato a seconda di come esce nel giuoco, positivo se è diritto, negativo se è a rovescio. 

Cionci afferma che il prof. Roberto de Mattei, direttore di Corrispondenza Romana, «non ha colto che la questione della legittimità di Bergoglio è canonica, anni luce prima di essere teologica».  In realtà è proprio il Diritto canonico, prima ancora della dottrina teologica, a rendere inconsistente la tesi di Cionci, per cui la Chiesa cattolica sarebbe prossima alla sua fine, a causa di un’illegittima successione al pontificato. Cionci sembra ignorare che la Chiesa è necessariamente, e per sua natura, una società visibile. Pio XII lo esprime in questi termini: «La Chiesa cattolica è il gran mistero visibile, perché visibile è il suo capo sulla terra, il Vicario di Cristo, visibili sono i suoi ministri, visibile la sua vita, visibile il suo culto, visibile l’opera e l’azione sua per la salvezza e la perfezione degli uomini” (Discorso del 4 dicembre 1943).

Se la Chiesa cattolica non fosse visibile, non potrebbe essere riconosciuta ed essa può e deve essere riconosciuta da ogni uomo sulla terra proprio per le proprietà visibili che la caratterizzano. Questa visibilità è data innanzitutto dalla successione apostolica, un carattere che si trova solo nella Chiesa cattolica romana. Chi proclama l’interruzione della successione apostolica si situa nel solco delle innumerevoli conventicole eretiche di cui sant’Alfonso Maria de’ Liguori ha fatto un esauriente e sempre attuale compendio (Storia delle eresie colle loro confutazioni, Phronesis, Palermo 2022). Nell’orgoglio, nota sant’Agostino, hanno la loro radice tutte le eresie e le apostasie della fede (Sermo 46, n. 18). Solo un uomo pieno di presunzione può anteporre l’opinione propria al giudizio della Chiesa universale fondata da Dio. Per mortificare quella forma di orgoglio della mente che è la vana curiositas, potrebbe essere utile sostituire alle letture mattutine o serali di tanti blog pseudo-cattolici, le meditazioni illuminanti sull’Avvento del grande abate di Solesmes, dom Prosper Guéranger (1805-1875). Le parole della Liturgia spiegate da don Guéranger parlano di tenebre che Dio solo può dissipare e di piaghe che solo la sua bontà può risanare: sono le piaghe della Chiesa e sono le tenebre in cui è immerso chiunque rifiuta di accettarne il Mistero.

 

(Fonte: Roberto de Mattei, Corrispondenza Romana, 30 Novembre 2022) 
https://www.corrispondenzaromana.it/a-proposito-di-andrea-cionci/

  

mercoledì 7 dicembre 2022

Il "caso Rupnik" ferisce anche la credibilità della Chiesa


Il celebre artista gesuita nell'occhio del ciclone: violenze psicologiche e forse sessuali risalenti a 30 anni fa. In più, la clamorosa indiscrezione su una presunta scomunica per «assoluzione del complice in confessione», poi bloccata dal Papa in persona. Ne esce ammaccata anche la Chiesa.

 

Che succede quando ad essere adombrato dall'accusa di abusi è uno dei religiosi più famosi al mondo? Nel caso che sta tenendo banco nel mondo ecclesiastico in questi giorni non c'entrano minorenni, ma le denunce di presunte violenze psicologiche e forse sessuali ai danni di alcune suore.

I fatti risalirebbero ai primi anni Novanta e sarebbero avvenuti nella Comunità Loyola di Lubiana in cui era confessore il teologo ed artista sloveno padre Marko Ivan Rupnik. Quest'ultimo, nel frattempo divenuto una celebrità dell'arte sacra per i suoi mosaici neobizantini nonché membro e consultore di vari Pontifici Consigli, è l'uomo accusato da tre religiose di «abusi di coscienza ma anche affettivi e presumibilmente sessuali». Accuse messe nero su bianco in una lettera pubblicata dalla rivista Left e che, secondo l'autrice, sarebbe stata inviata nell'estate del 2021 al Papa senza però ottenere risposta. 

È alle motivazioni addotte nella lettera che si dovrebbe l'allontanamento – avvenuto nel 1993 – di Rupnik, appartenente alla Compagnia di Gesù, dalla Comunità fondata dalla sua amica, suor Ivanka Hosta. All'epoca, quindi le ombre sull'artista sloveno sarebbero state "coperte" con il benestare – sempre secondo il racconto di una delle presunte vittime – dell'allora arcivescovo di Lubiana, monsignor Alojzij Šuštar. Proprio al dicembre del 1993 risale l'inaugurazione della "creatura" più famosa di Rupnik, quel Centro Aletti nato a Roma per far parte del Pontificio Istituto Orientale e benedetto da San Giovanni Paolo II in persona.

Il dossier sloveno su Rupnik sarebbe rimasto sconosciuto se non fosse stato per il commissariamento della Comunità Loyola avvenuto – ha fatto sapere Left  nel 2020 ed affidato ad un altro gesuita, il vescovo ausiliare della diocesi di Roma, monsignor Daniele Libanori. Questo commissariamento, di cui non è stata data alcuna notizia ufficiale, sarebbe partito a seguito del numero sorprendente di suore uscite dalla comunità e apparso a Roma come una spia del malessere per una gestione evidentemente problematica. Riaprendo quel vaso di Pandora a Lubiana, presumibilmente deve essere affiorata anche la vicenda relativa al gesuita sloveno e risalente a quasi venti anni prima.

Dopo le voci dei giorni scorsi, ieri si è avuta la prima conferma tramite una dichiarazione – datata 2 dicembre – firmata Domus Interprovinciales Romanae dei gesuiti. Dalla nota si apprende che nel 2021 il Dicastero per la dottrina della fede ha ricevuto una denuncia relativa al «modo di esercitare il ministero» di padre Rupnik. L'ex Sant'Uffizio ha affidato l'indagine direttamente alla Compagnia di Gesù che ha nominato un istruttore esterno e poi ha redatto una relazione sul caso. Sulla base di questa relazione, il Dicastero per la dottrina della fede «ha costatato che i fatti in questione erano da considerarsi prescritti e ha quindi chiuso il caso». 

Roma locuta est a fine ottobre 2022, mentre la Compagnia ha fatto sapere di mantenere in vigore le misure amministrative imposte al teologo sloveno durante la fase d'indagine: divieto di confessare, di accompagnamento negli Esercizi Spirituali e di direzione spirituale, oltre all'obbligo di chiedere il permesso al superiore locale per svolgere attività pubbliche. 

Una certa elasticità in quest'ultima limitazione è all'origine della lettera a Left di una delle tre suore che hanno denunciato abusi per mano dell'artista: la donna, infatti, ha confessato di aver deciso di scrivere alla rivista dopo aver visto un recentissimo video su youtube con un'omelia di Rupnik e dopo essersene lamentata con il vescovo Libanori. I commenti del religioso sloveno al Vangelo sono stati pubblicati anche questa domenica sulla pagina del Centro Aletti, quindi nonostante le polemiche provocate dall'inchiesta di Left e nonostante il comunicato dei gesuiti che ha confermato la notizia delle misure. 

Peraltro Rupnik solamente pochi giorni fa ha ricevuto il titolo di Doctor Honoris Causa,  in un'università pontificia in Brasile ed ha tenuto per l'occasione una lezione sul tema Educare alla Bellezza nell'Aula Magna. 

Ma la corretta applicazione o meno delle misure amministrative comminate dalla Compagnia di Gesù non è l'unico argomento che sta facendo discutere in questi giorni sul caso Rupnik: l'altra "bomba", infatti, l'ha sganciata due giorni fa il blog Messa in Latino sostenendo di averla appresa da «fonti in altissimo loco». Secondo Messainlatino.it, ai danni del gesuita sloveno sarebbe stata emessa addirittura una sentenza canonica di condanna relativa ad un «processo per l'assoluzione del complice in confessione» di cui, per competenza, si sarebbe occupato il Tribunale del Dicastero per la dottrina della fede. La sentenza, in base a quanto riportato dalla fonte di Mil, avrebbe comportato la scomunica latae sententiae per Rupnik che però sarebbe stata successivamente bloccata dal Papa in persona.

Un'indiscrezione clamorosa ma priva di conferme dal Vaticano e che non trova traccia nell'unico comunicato ufficiale fino ad ora uscito sulla vicenda, quello della Provincia Romana della Compagnia di Gesù che invece ha confermato il contenuto delle rivelazioni su Left. Bisogna ammettere che queste accuse – seppur prescritte – segnano una nuova battuta d'arresto per la credibilità della Chiesa sul fronte del contrasto agli abusi commessi da religiosi e che ad uscirne ammaccata non può essere solo l'immagine dell'attuale pontificato dal momento che i fatti contestati al teologo ed artista sloveno risalgono agli inizi degli anni '90 ed erano emersi già allora. 

 

(Fonte: Nico Spuntoni, LNBQ, 6 dicembre 2022) 
https://lanuovabq.it/it/il-caso-rupnik-ferisce-anche-la-credibilita-della-chiesa