mercoledì 28 ottobre 2015

Trascrizioni nozze gay. Se il giudice è cattolico allora “è di parte”

Se il giudice è cattolico, allora non è “imparziale”. È questa l’assurda motivazione con cui gli avvocati di “Avvocatura per i diritti Lgbti Rete Lenford” vorrebbe squalificare Carlo Deodato, il relatore della sentenza del Consiglio di Stato che boccia le trascrizioni fatte dai sindaci italiani di nozze gay contratte all’estero.
Non solo: andando a sbirciare sul suo profilo twitter, gli avvocati dell’associazione hanno scoperto che Deodato rilancia (udite udite) articoli di tempi.it, la Nuova Bussola quotidiana, Sentinelle in piedi. Tanto basta per bollarlo come «di parte».
Leggete cosa scrive il sito di Repubblica: «Per gli avvocati di Rete Lenford si tratta di una sentenza parziale e basta dare una rapida scorsa al profilo del giudice Deodato, uno dei cinque magistrati che compongono il Consiglio di Stato, per leggere tweet antigender, con diversi post provenienti da associazioni prolife e testate cattoliche chiaramente schierate contro le unioni gay e in difesa della famiglia di impianto tradizionale».
Che cosa ha fatto? Ma di quel gravissima colpa si è macchiato Deodato? Quella di avere delle opinioni? Quella di definirsi «giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, società»? Tutto nasce dall’aver messo nero su bianco in una sentenza (qui il pdf) – assieme ad altri suoi colleghi – quel che tutti sanno a proposito delle trascrizioni, e cioè che non si possono fare. Punto. Con buona pace di Ignazio Marino e degli altri sindaci che si sono lanciati in questa battaglia.
La sentenza. Facciamo un passo indietro per comprendere cosa ha suscitato le proteste. Questa mattina è apparso sul Corriere della Sera un articolo in cui – senza nominare il nome del giudice Deodato – si racconta che «il Consiglio di Stato richiama alla realtà sindaci e politici ma soprattutto invita il legislatore a decidere chiudendo la porta a improvvisazioni festose o iniziative illuminate. Ciò che manca alla coppia lesbo/omo, dicono i giudici del Consiglio di Stato, è un requisito essenziale che definiscono “ontologico”: la diversità fra i sessi. Se l’Italia vuole davvero riconoscere l’unione fra coppie dello stesso sesso allora deve introdurne il principio».
Marino e il Prefetto. Secondo quanto riportato dal quotidiano milanese, nella sentenza c’è scritto che «il corretto esercizio della potestà impedisce all’ufficiale dello Stato civile la trascrizione di matrimoni omosessuali celebrati all’estero». Ciò significa che le iniziative dei vari primi cittadini italiani sono state delle fughe in avanti: «Il dibattito politico in corso in Italia sulle forme e sulle modalità del riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali sconsiglia all’interprete qualunque forzatura, sempre indebita ma in questo contesto ancora meno opportuna». In altre parole, per quanto riguarda il caso di Roma e lo scontro tra Marino e il prefetto Giuseppe Pecoraro la sentenza dà ragione al secondo, riconoscendogli la legittimità di intervenire.
 

(Fonte: Tempi.it, 27 ottobre 2015)
http://www.tempi.it/trascrizioni-nozze-gay-se-il-giudice-e-cattolico-e-legge-tempi-allora-e-di-parte#.VjCkK8vbK70

 

giovedì 22 ottobre 2015

Che cos’è l’ideologia gender?

Secondo i leader della comunità Lgbt “l’ideologia gender non esiste”, per dirla con Aurelio Mancuso è “una invenzione del Vaticano”. Secondo Papa Francesco è “uno sbaglio della mente umana” che si è radicato in una “colonizzazione ideologica” che ha assunto le forme del lavaggio del cervello riservato “alla gioventù hitleriana”. Tra Mancuso e Papa Francesco noi tendiamo a credere a Papa Francesco. Ma sarà forse il caso di rispondere con chiarezza alla domanda di fondo: che cos’è l’ideologia gender?
Coloro che raccontano l’ideologia gender come una invenzione dei cattolici solitamente subito dopo ammettono l’esistenza (non potrebbero fare altrimenti) dei “gender studies” o “studi di genere”: elaborazioni e testi che in ambito accademico hanno cominciato dagli Anni Sessanta ad affermare, con l’obiettivo principale della “emancipazione e liberazione della donna”, l’indifferenzialismo sessuale tra maschile e femminile. A partire dagli Anni Ottanta i “gender studies” si sono evoluti in “gay, lesbian, transgender, queer and intersexual studies”, con l’obiettivo sempre di accompagnare fenomeni di “emancipazione e liberazione” sessuale e sociale delle categorie indicate. Potremmo dilungarci molto su questi studi accademici puramente ideologici e assolutamente a-scientifici, basterebbe riproporre il documentario “Il paradosso norvegese” per spiegare quanto questa ideologia sia fondata su basi medicalmente e scientificamente nulle, ma la questione ci porterebbe fuori strada. Oggi qui vogliamo rispondere a una semplice domanda: cosa afferma l’ideologia gender? I “comandamenti” di questa ideologia sono cinque e concatenati tra loro.
1. MASCHIO E FEMMINA SONO UGUALI
La finalità originaria dei “gender studies” degli Anni Sessanta è affermare l’uguaglianza assoluta tra l’uomo e la donna al fine di liberare ed emancipare quest’ultima dalla “discriminazione”. Negare la distinzione maschile-femminile, considerare “uno stereotipo” che esistano ad esempio mestieri tipicamente maschili e mestieri tipicamente femminili, negare la specificità del ruolo materno rispetto al ruolo paterno, sono gli elementi cardine dell’ideologia che afferma che l’uomo e la donna sono intercambiabili in ogni funzione, che solo una convenzione sociale e una oppressione di tipo storico-culturale ha cementato la donna in alcuni ruoli specifici, in particolare in ambito familiare, e da questo la donna va liberata.

2. IL SESSO BIOLOGICO E’ MODIFICABILE
L’ideologia del gender vede il sesso biologico come un dato originario modificabile, di fatto transitorio e “liquido”, piegandolo alla scelta del “genere” a cui appartenere, che può essere compiuta a qualsiasi età a partire da dati comportamentali. Gli ideologi del gender incoraggiano dunque il transessualismo come prova di libertà ed emancipazione dell’individuo e sostengono che la definizione dell’essere umano anche a livello burocratico non deve limitarsi alle due sessualità biologiche universalmente riconosciute (maschile e femminile) ma adeguarsi ad infinite e fantasiose sfumature del genere, arrivando a contarne fino a 56. I social network come Facebook si sono piegati a questo diktat ideologico, mentre alcune legislazioni nazionali hanno riconosciuto accanto al genere maschile e femminile anche un fantomatico genere “neutro”.

3. LA FAMIGLIA NATURALE E’ UNO STEREOTIPO
Secondo l’ideologia gender la famiglia naturale composta da padre, madre e figli non è altro che uno stereotipo culturale basato sull’oppressiva azione del maschio sulla femmina ormai rotto dalla liberazione sessuale femminile, accompagnata alla fine della “dittatura del maschio” ormai liberato anch’esso in una sessualità liquida che genera i 56 diversi generi. Dunque, rotto lo schema maschile-femminile, è rotta anche l’idea stereotipata di famiglia. Gli ideologi del gender dunque obbligano a usare il plurale: non esiste più la famiglia, ma “le famiglie”, intendendo ogni aggregato sociale fondato su un generico “amore” che ovviamente arriva a comprendere anche le condizioni dei rapporti a più partner indicati come “poliamori”. Di qui discendono una serie di rivendicazioni politiche e sociali che vanno dal cosiddetto “matrimonio egualitario”, comunemente noto come matrimonio gay, fino al riconoscimento appunto dei rapporti a più partner chiamati “poliamori”, visti anzi da alcuni intellettuali come Jacques Attali come l’inevitabile approdo della società della disintermediazione.

4. DESESSUALIZZARE LA GENITORIALITA’
Se è uno stereotipo la famiglia naturale, il culmine dell’ideologia gender è inevitabilmente la desessualizzazione della genitorialità. I figli dunque non nascono più dal rapporto sessuale tra un maschio e una femmina, ma possono essere generati artificialmente da qualsiasi aggregato sociale. Viene dunque incoraggiata la fecondazione assistita omologa e soprattutto eterologa, le cui leggi regolatrici più sono prive di vincoli più sono emblema di liberazione. Si sostengono pratiche oggettivamente violente e brutali, come l’utero in affitto, pretendendo però formule linguistiche edulcorate possibilmente in forma di incomprensibile acronimo come gpa (gestazione per altri) o gds (gestazione di sostegno), necessarie in particolare per gli omosessuali maschi notoriamente non provvisti di uteri. La finalità della desessualizzazione della genitorialità, culmine dell’ideologia gender, porta come conseguenza una idealizzazione della omosessualità proposta modello di liberazione da condizioni sociali oppressive e, in passato, platealmente vessatorie.

5. CONQUISTARE SCUOLA E MEZZI DI COMUNICAZIONE
Lo strumento con cui realizzare la “colonizzazione ideologica” denunciata da Papa Francesco è la conquista dei luoghi di educazione e di comunicazione. Dunque, scuola e mass media. Decisivo per gli ideologi del gender è drenare denaro pubblico per entrare negli istituti scolastici e formare le menti di bambini e giovani generazioni in particolare all’idea che la famiglia naturale sia uno stereotipo. Dunque falsi corsi contro la “discriminazione di genere” o il “bullismo omofobico” sono i cavalli di Troia con cui agevolmente penetrare nelle scuole di ogni ordine e grado, producendo testi soprattutto per bambini capaci di colpire l’immaginario più fragile e de-formarlo. Allo stesso tempo occupando ruoli chiave nei mezzi di comunicazione di massa, l’ideologia gender punta a formare più complessivamente l’opinione pubblica all’identificazione dei principi enunciati con un’idea avanzata di libertà, descrivendo gli oppositori come pericolosi retrogradi limitatori della libertà altrui motivati da pura malvagità. Le descrizioni manichee delle dinamiche in atto su questo terreno in tutte le società occidentali sono una caratteristica degli ideologi del gender che puntano a creare icone facilmente riconoscibili identificate nel mondo omosessuale e transgender, da contrapporre all’opinione pubblica che a queste forme di fascinazione ancora resiste intimidendola attaccando pesantemente persino la libertà d’espressione su questi temi. Di qui legislazioni punitive, arresti di oppositori e obiettori di coscienza, linciaggio mediatico di chi non si adegua la nuovo diktat ideologico.

Resistere significa conoscere i principi guida di questa “colonizzazione ideologica” in atto, questi cinque comandamenti violenti basati sul falso e non sul vero, come accade in ogni ideologia. Se questa è una ideologia che “non esiste” ora lo potrete con nettezza giudicare da voi. La realtà si può osservare o si può negare. La realtà sotto i nostri occhi, evidente a chiunque voglia vedere, è che questa ideologia marcia prepotente verso la realizzazione dei suoi obiettivi. Noi possiamo metterci in piedi, dritti, silenziosi davanti a questa colonna di carri armati. Oppure possiamo lasciarli passare, un po’ pavidi, un po’ complici. Scegliete voi. Io, per me, ho scelto. Ho due figlie e ho interesse che il mondo che costruiremo per loro sia fondato sulla verità, non sull’ideologia.

 
(Fonte: Mario Adinolfi, La Croce, 12/09/2015)
http://www.lacrocequotidiano.it/articolo/2015/09/12/societa/che-cose-lideologia-gender

 

Chi vuole morto il Papa

A volere il Papa morto o come minimo incatenato era previsto fosse l'Isis. Ma il Califfo le profferte omicide le tira in faccia, proiettili e bombe. Valgono tuttora, anzi adesso di più.
Perché diventa più facile colpire un uomo che si vuole declassare a malato nel cervello. Di questo si tratta. È in corso un attentato alla vita di Francesco molto occidentale, ma niente affatto accidentale, più subdolo, e perciò più pericoloso di quello orientale.
La notizia è stata data nella notte tra martedì e mercoledì dal Quotidiano nazionale . Papa Francesco ha una macchiolina nera, un tumore al cervello, però è benigno, non è niente. Ah sì? Tumore al cervello? Il Papa? Non al polmone, alla prostata: al cervello! Nella notte il direttore della sala stampa vaticana, padre Lombardi, s'alza dal letto a smentire. Andrea Cangini, il direttore di Qn , non un mitomane ma professionista serio, conferma. Lombardi rincara la smentita. Cangini riconferma. Il neurochirurgo nippo-americano che avrebbe enunciato la diagnosi non conferma e non smentisce, dicono sia un luminare, ma forse è un cialtrone. L'Osservatore romano si toglie il guanto di velluto e tira un pugno di ferro: «Polverone con intento manipolatorio». Si vuole rovinare il Sinodo. Solo il Sinodo?
Diremmo qualcosa di più. È in corso quella che gli americani chiamano «character assassination», distruzione della credibilità, stavolta non colpendo la reputazione come fecero con Ratzinger, ma insinuando un sospetto sulla salute. Somiglia a una pratica voodoo. Faccio sapere che hai in te un Alieno - come chiamava Oriana Fallaci il suo cancro -, piccolo piccolo, ma proprio tra le cellule grigie. Quando guardi in faccia d'ora in poi Bergoglio vedi quella macchiolina, inevitabilmente. (Per me, segno di gloria).
Chi è il Grande vecchio? Le varie fazioni ecclesiastiche si girano l'una verso l'altra con l'aria di chi è pronto a battere il pugno sul petto dell'altro, come diceva Giovanni XXIII degli ipocriti. Qualcuno vede nell'origine tosco-massonica della notizia la zampa maligna. Io sono dell'idea di Robert Bresson: «Il Diavolo, probabilmente».
Intanto il risultato di centrare il Papa al bersaglio grosso è raggiunto. Be', qui no, da noi no.
Lo diciamo con chiarezza: isolare il Papa, trattarlo da infermo, o sospettare che sia tale, lesiona l'unico pilastro su cui ancora si regge questa nostra civiltà che ha abdicato a se stessa e che si sostiene a fatica, abbrancandosi alla veste, caricandosi sulle spalle del successore di Pietro.
Anche per questo guardiamo con sgomento a quanto sta accadendo. Se ferisce il Papa, ferisce noi. Si può simpatizzare o no con certi accenti di Bergoglio, ma non c'è dubbio che si incarni in lui la sola autorità morale e spirituale radicalmente alternativa all'islam terrorista e al nichilismo estenuato. Francesco lo fa invocando la misericordia, mettendosi in fondo alla fila dei martiri cristiani. Un po' è stato profeta. Ha detto: «La vera storia della Chiesa è la storia dei santi e dei martiri: i martiri perseguitati». Se ha ragione, la storia della Chiesa si sta ripetendo ora.

 
(Fonte: Renato Farina, Il Giornale, 22 ottobre 2015)
http://www.ilgiornale.it/news/politica/chi-vuole-morto-papa-1185535.html

 

martedì 13 ottobre 2015

“Stesso amore, stesso diritto”: una bestemmia giuridica

“Stesso amore, stesso diritto”. Questo lo slogan scelto dalle associazioni LGBT per sollecitare l’adozione di una riforma che introduca nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale. Uno slogan che si staglia sui manifesti delle nostre città proprio in coincidenza (sospetta) con il Sinodo sulla Famiglia a Roma. Coincidenza peraltro sfruttata anche da parte di Monsignor Charamsa, il quale, accompagnato per l’occasione dal fidanzato, ha accusato la Chiesa di varie malefatte fra le quali la più grave sembra quella di imporre il celibato ai sacerdoti: ossia di essere, oltre che omofoba, anche cattolica.
Dicevamo però dello slogan. Di memorizzazione sicura e svelta, esso è un vero e proprio grido di battaglia, che dall’alto della sua caramellosa inattaccabilità si è fatto onnipresente nel dibattito pubblico. Non c’è editorialista che non provi a cavalcarlo, non c’è concittadino che, adorante, non si prostri al suo cospetto. Ma è davvero uno slogan così inattaccabile?

Se si affronta la questione con più serietà e meno sentimentalismi, si noterà che chi avversa il matrimonio egualitario non nega affatto che una coppia omosessuale possa amarsi al pari di una eterosessuale. Quello che contesta è che dal loro amore possano nascere dei diritti. E ciò perché, a ben vedere, neppure l’amore eterosessuale è capace d’un simile prodigio.
Amore e diritto sono due rette parallele destinate a non incontrarsi mai. Il diritto non si fonda, e non si è mai fondato, sulle belle emozioni: il diritto si fonda sulle certezze. Tali certezze vanno individuate con accuratezza e raziocinio, se non si vuole creare un tessuto normativo totalmente incoerente e frammentario. Pertanto, quando lo Stato riconosce a un soggetto un diritto, e cioè una pretesa orientata alla conversazione o all’acquisizione di un determinato bene della vita, è necessario che questi sia titolare di un qualche interesse meritevole di tutela, così da giustificare la protezione accordata. È tale, per esempio, l’interesse alla consegna di un libro una volta che se ne è pagato il prezzo. Non è tale, invece, l’interesse di chi voglia leggere il libro senza pagarlo. Non contano i motivi per cui si acquista. Conta che si sia acquistato.

Tutte le regole giuridiche poste a disciplina del vivere sociale hanno questa costante caratteristica di trascurare del tutto i nostri sentimenti. Se i processi dei presunti assassini o dei presunti evasori fiscali fossero ora scanditi dalle regole cristallizzate dai nostri sentimenti, probabilmente avremmo più condannati a morte che buche per le strade e più evasori a piede libero che tasse da pagare. Se si punissero gli ubriachi alla guida sulla base della loro interna bontà d’animo, si fingerebbero tutti molto magnanimi, e a nessuno di loro potremmo togliere la patente. E se infine bastasse un amore intenso e sincero per unirsi in matrimonio con qualcuno, potremmo sposare potenzialmente chiunque, da nostra madre a nostro fratello, dal nostro cane al nostro peluche, perché l’amore è una bussola impazzita che muta in direzione come il volo di una mosca.
Gli uomini sono creature volubili e malvagie: non è un caso che abbiamo estromesso le emozioni dai loro codici, attingendo a fondamenta più solide.
Questa conclusione è ancora più chiara in relazione al matrimonio.

Socialmente, un matrimonio senza amore non è un matrimonio, e un amore senza matrimonio è un fidanzamento. Legalmente, un matrimonio senza amore resta un matrimonio, mentre un amore senza matrimonio non esiste. Detto in altri termini: dal punto di vista sociale, l’amore ha una sua importanza, perché è il collante delle relazioni fra gli uomini e l’energia che li rende così euforici e vitali. Ma per la legge, che ha una struttura formale, pratica, insensibile e astratta, e che si prefigge finalità diverse da quelle proprie del singolo individuo, l’amore è una realtà irrilevante, che potrebbe anche non esistere. Di due sposi che si detestano e che non condividono un progetto di vita insieme possiamo dire che non sono più innamorati, ma non possiamo dire che non sono più marito e moglie. Per rompere un matrimonio è necessario un divorzio. E se è vero che quasi tutti i divorzi pongono rimedio al prosciugarsi dell’amore, è anche vero che nulla vieta a qualcuno di divorziare nonostante sia ancora innamorato. Anche l’altruismo è irrilevante per il diritto. Anche l’altruismo è discriminato, perché è un sentimento.
Quando si dice che allo stesso amore si debbono accompagnare gli stessi diritti si sta dicendo una verità soltanto nella misura in cui si ammette che i diritti dell’amore non esistono.

Il matrimonio civile non è un istituto modellato sull’amore dei coniugi, ma su alcune funzioni che coinvolgono valutazioni assiologiche profonde: assicurare stabilità e coesione al vincolo familiare, garantire una genealogia sicura alle generazioni che verranno, salvaguardare i diritti del bambino contro ogni forma di sperimentalismo sociale, promuovere la responsabilità genitoriale e l’educazione dei figli. In altre parole, il matrimonio civile è la corazza giuridica che consente alla famiglia di erigere un muro fra lei e lo Stato, e allo Stato di tutelare l’individuo nella sua duplice identità naturale di genitore e figlio; tutelandolo, quindi, nella famiglia e non dalla famiglia, nella convinzione che tale cornice sia indispensabile per il corretto sviluppo della persona umana, e non solo per una questione di affetti, ma anche per il patrimonio sterminato di conoscenze che in essa inevitabilmente si tramanda.
Se, quindi, l’equazione “stesso amore, stesso diritto” è una bestemmia giuridica, anche l’equazione “stessa convivenza, stesso matrimonio” è una falsità. La convivenza eterosessuale non è uguale a quella omosessuale per un fatto fondamentale: l’una genera, l’altra no. L’una è famiglia, l’altra no. L’una è un coniglio, l’altra un pollo. Come scrive bene Juan Manuel de Prada, giornalista e scrittore spagnolo, “quando diciamo famiglia tradizionale stiamo in realtà formulando un pleonasmo, tanto grottesco e ilare come se dicessimo che dopo mangiato ci piace fare una passeggiata pedestre. Poiché tradizionale viene dal latino traditio, che significa consegna, trasmissione.
Non esiste famiglia senza trasmissione di vita, senza consegna da una generazione a un’altra; e questa traditio si realizza mediante l’unione feconda di un uomo e una donna che proiettano la loro fede nel futuro di una vita che li prolunga. Possiamo giocare a torcere il linguaggio quanto vogliamo, possiamo frastornare le parole e sottoporle a centrifughe e travestimenti pittoreschi; però, anche a impegnarci un sacco di tempo, un pollo continuerà a essere un pollo, pure se avvolto in una pelle di coniglio”.
Solo a questa famiglia, l’unica esistente, si è rivolta l’attenzione del diritto nei secoli passati. E solo questa meriterebbe, in ragione della sua funzione, un trattamento distinto e privilegiato.

 

(Fonte: Michele Spina, L’intellettuale dissidente, 12 ottobre 2015
http://www.lintellettualedissidente.it/societa/stesso-amore-stesso-diritto-una-bestemmia-giuridica/

 

venerdì 2 ottobre 2015

«Gay si nasce». Eminenza reverendissima cardinal Kasper, permetta una domanda

“Il teologo riformista Kasper: ‘Gay si nasce, no ai fondamentalisti in nome del Vangelo’”. È proprio un titolo suggestivo, gentile cardinale Walter Kasper, quello che il Corriere della Sera ha usato per presentare la sua intervista rilasciata al vaticanista del quotidiano milanese Gian Guido Vecchi.
Adesso però lei ci deve dire dove sbagliamo nel considerare anche solo le prime dieci righe della sua conversazione, uno spettacolare esempio di confusione e, insieme, di politicità poco misericordiosa e per niente pastorale. Non dimenticando che lei è, peraltro, l’autore della relazione presentata al concistoro straordinario sul tema della famiglia che farà da base alla discussione sul tema nel Sinodo che si aprirà domenica 4 ottobre, le esplicitiamo in quanto segue la nostra richiesta di venire contraddetti, censurati e spiegati da Sua Eminenza reverendissima.
Quanto alla politicità. Le ricordo l’esordio della sua intervista. Dove alla sinuosa domanda: «Perché ci sono così tante resistenze, eminenza? Come alla vigilia del Sinodo dell’anno scorso, anche stavolta ci sono dei cardinali che firmano un libro su matrimonio e famiglia a difesa della “dottrina”… » lei risponde altrettanto sinuosamente con un «ma, guardi, non voglio entrare adesso nelle controversie. Il Sinodo è fatto proprio per discutere». E subito dopo attacca: «sì, alcuni vogliono chiudere: non c’è niente da discutere, basta!». «Tira un sospiro – le fa da spalla il Corriere – sorride: “Vede – incalza lei, Eminenza reverendissima – c’è un certo fondamentalismo… si fa una ideologia per sostenere la propria tesi…». In questo breve giro di parole lei si permette di fare terra bruciata intorno agli autori del libro citato dal suo intervistatore e così, da Carlo Caffarra a Angelo Scola, catalogare come “fondamentalisti” e “ideologici” confratelli cardinali che hanno la sola colpa di non pensarla come lei. E questo sarebbe “non entrare nelle controversie” e una bella preparazione al terreno della “discussione” sinodale?
Seconda osservazione: confusione. Dopo l’affondo sui cardinali suoi confratelli, troviamo questa bella perla pronunciata da lei, Eminenza reverendissima (che il Corriere definisce, manco fossimo a Botteghe Oscure, «il punto di riferimento dei riformisti»): «Per me questa inclinazione (l’omosessualità, ndr) è un punto di domanda: non riflette il disegno originario di Dio e tutta via è una realtà, perché gay si nasce». Le dico la verità, Eminenza, ci siamo stropicciati gli occhi, abbiamo creduto di aver letto male. Dunque abbiamo letto e riletto ma non vi sono dubbi. Lei chiede proprio, come scrive il Corriere virgolettandola, di aprire al Sinodo un «dialogo» sulla contraccezione diffusa tra i fedeli («lo spero, questo scisma non può durare») e parla di accoglienza e rispetto degli omosessuali: «Per me questa inclinazione è un punto di domanda: non riflette il disegno originale di Dio e tuttavia è una realtà, perché gay si nasce».
Lei, Eminenza reverendissima, ha proprio detto così: una cosa è «il disegno originale di Dio», un’altra – «tuttavia» – è la realtà che «gay si nasce». Ora la perplessità suggerita da queste sue parole è evidente e preghiamo i lettori di fare anch’essi ricorso a tutte le loro risorse logiche: cosa vuol dire che Sua Eminenza reverendissima ha una “domanda”? Lasciamo da parte il dibattito su Chiesa e omosessualità, è un altro affare. C’è qualcosa di ben più radicale nelle sue parole. Infatti, le sue parole, Eminenza reverendissima, sono chiarissime: lei dice che «l’inclinazione omosessuale non riflette il disegno originale di Dio» e insieme dice che, «tuttavia è realtà» anche l’omosessualità, non perché sono “realtà” pure una quantità di cose non riflettenti il disegno originale di Dio (tipo il mettersi le dita nel naso, il rubare la marmellata e anche cose più serie) ma «perché gay si nasce». Oibò. Quale domanda può scaturire se affermi al tempo stesso il “disegno originale di Dio” e l’originale disegno del “si nasce gay”?
Mi pare logico dedurre che lei, Eminenza reverendissima, sia convinto di una delle due seguenti cose e la sua domanda si ponga all’interno della seguente alternativa: o Dio se c’è, non c’entra con la nascita (ergo non c’entra con la creazione presente, ha creato il mondo un po’ di tempo fa e poi lo ha lasciato andare per conto suo come un giochino caricato a molla, e questa sarebbe eresia patente); oppure Dio c’è ma gli piace creare in contrasto con il suo disegno originale (doppia patente eresia). E qui davvero ci si può fermare, perché tutto il resto, direbbe l’ottimo cardinale Elio Sgreccia intervistato da Avvenire, nasce da una questione radicale di fondo: «La misericordia è verità vissuta, non c’è separazione. Non si può dividere in Cristo la presenza della verità e quella dell’amore».
Per lei, invece, Eminenza reverendissima cardinale Walter Kasper, tutto sembra nascere da una divisione originale che cova come una vipera in seno allo stesso Essere. C’è la verità, ma anche non c’è, perché poi la realtà va da un’altra parte e invece di chiamare quest’altra parte “peccato”, cioè realmente l’esperienza storica che l’uomo non ce la fa a tenere desta la verità che pure vede («desidero il bene ma faccio il male che detesto» dice san Paolo), lei chiama “misericordia” l’anestesia sul “non ce la fa”. C’è l’Ideale, dite ai giovani di sposarsi, affermate che il sacramento è il fare di Dio che rende infinita e indissolubile e per sempre la libertà finita di un uomo e una donna (a parte i casi di “nullità” dove non c’è libertà quindi non c’è sacramento), li inciti a sfidare fatiche, tradimenti, mode birichine e capricciose. Ma poi tu stesso sembra che lasci intendere di non credere a questo Ideale, e ammanti il tuo scetticismo con la pastorale. Certo che c’è una domanda che dobbiamo porci e deve porsi anche sua Eminenza reverendissima, e la domanda è: chi sono, veramente, i fondamentalisti e gli ideologi?
 

(Fonte: LuigiAmicone, Tempi, 2 ottobre 2015)
http://www.tempi.it/gay-si-nasce-eminenza-reverendissima-cardinal-kasper-permetta-una-domanda#ixzz3nONVbrK6