giovedì 31 gennaio 2008

Qualunquismo catastrofista: il mondo va male? Non è colpa nostra ma del «sistema»


Adesso è colpa del sistema. Ma come? Se fino a ieri tutti ci dicevano, Montezemolo in testa, che per andare avanti l’Italia doveva «fare sistema», che bisognava essere uniti, solidali, avvinti come l’edera, allacciati nel tango, «stretti stretti nell’estasi d’amor» come la spagnola che «sa amar così»? Eppure pare che «fare sistema» non sia più una mossa vincente, visto che oggi tutti ce l’hanno col sistema.
Basta mettersi davanti alla tv per capire quanto il sistema sia avversato, detestato, caricato di ogni negatività, imputato di ogni nefandezza. Qualsiasi persona, sia essa un’attricetta da quattro soldi o un reietto del «Grande Fratello» o un professorone sputasentenze, venga richiesta di dire la propria su qualcosa o su qualcuno, chiama in causa il sistema.
È il sistema che non va. Si discute di uno scandalo, di un’emergenza, di un’ingiustizia, di un omicidio, di uno stupro, di uno sfratto, della malasanità, della malapolitica, della mafia, della munnezza napoletana, della droga? La colpa, alla fine, è sempre del sistema. «Piove sistema ladro».
Non ci passa mai per il cervello che la colpa possa essere nostra, che il sistema possiamo essere noi. Si addossano a un’entità astratta, com’è il sistema, le nostre più orrende malefatte, le nostre più insane corbellerie, le nostre più stupide stravaganze, se non addirittura la nostra taratura cromosomica mal riuscita da cui abbiamo derivato la nostra natura caciarona, la nostra indole di popolo che vive tra la crapula e la rissa, tra l’ipocrisia e la vanità, tra la birbonata e la continua ricerca di alibi. L’arbitro non è più cornuto, è il sistema a esserlo.
Il sistema è il mondo, ergo il mondo è cornuto.
L’Italia ha gli studenti più somari d’Europa? Colpa del sistema (scolastico).
Il Papa viene impedito di parlare all’università «La Sapienza»? Colpa del sistema secondo cui pochi facinorosi riescono a tenere in scacco la maggioranza pacata e ragionevole degli studenti e dei docenti.
Napoli è un Vesuvio di munnezza? Colpa del sistema che non riesce a smaltire il pattume (lo dicono anche Bassolino e Pecoraro Scanio che pure fanno parte del sistema).
Metà delle famiglie italiane guadagna meno di 1800 euro al mese? Colpa del sistema (fiscale). Padoa Schioppa dice che le tasse sono bellissime? Colpa del sistema (psichiatrico). Mastella ha fatto saltare il governo perché sua moglie è stata arrestata per tentata concussione? Colpa del sistema (famigliare).
All’estero non va meglio e a essere sotto accusa è sempre il sistema. Un missile israeliano su Gaza rade al suolo il ministero degli Interni di Hamas. Colpa del sistema (di puntamento). In Cina Zui Wu, il miliardario che ha stuprato 37 vergini, viene condannato a morte. Colpa del sistema (che in Cina permette che ci siano ancora vergini in giro!?).
ll leader Hezbollah libanese Hassan Nasrallah annuncia di essere in possesso di teste, mani e piedi, ma anche di un cadavere quasi completo (il tutto conservato rigorosamente, e golosamente, in freezer), di soldati israeliani caduti in guerra nel 2006. Colpa del sistema che non è riuscito a debellare il cannibalismo.
Il figlio di Osama bin Laden, Omar, sposato con una cittadina britannica, assicura che suo padre non è un mostro. Asserzioni del genere sono colpa del sistema che impedisce ai figli di capire a fondo i padri.
Il dittatorello di Caracas Hugo Chavez che sta vivendo una storia d’amore con Naomi Campbell, venere nera dallo stomaco evidentemente refrattario al vomito, rivela di masticare coca ogni giorno.
Tutto il mondo se n’era accorto, tranne quella parte di venezuelani che, come il suo leader, fa uso della stessa sostanza. Colpa del sistema che ti si presenta come marcio ma alle volte è letteralmente stupefacente. Il sistema siamo noi. Perché non cominciamo a odiarci? (riflessione tratta da Il Giornale di Vicenza.it, 29 gennaio 2007)

La mia Chiesa, ridotta a “spelonca di ladri!”


Mentre c’è chi schiamazza per la visita del Papa alla Sapienza, farneticando contro le presunte intromissioni della Chiesa nella vita civile, non si va troppo per il sottile quando si tratta di personcine a modo come il Vescovo stregone Milingo e il prete camionista don Sante Sguotti, le cui comparsate televisive e mediatiche vengono salutate con entusiasmo anche - e soprattutto - dai mangiapreti. I due, uno scomunicato e l’altro sospeso a divinis, non hanno mancato di farsi notare nemmeno a Tuttosposi, alla Fiera d’Oltremare, il primo comparendo in abito piano con la concubina in kimono, il secondo con un golfino blu e la camiciola da clergyman: quello che sembrava di più un sacerdote era certamente don Sguotti, la cui recente cacciata dal santuario non ha tolto il pessimo gusto nel vestiario, tipico del basso clero allergico alla talare. Un’altra grottesca comparsata di don Sante si è avuta su Markette, la cui puntata 102 è stata replicata su Comedy Central qualche sera fa. La vena provocatoria di Chiambretti non solo ha fornito un vergognoso pulpito a Sguotti, ma ha invitato a dargli man forte il non meno contestatore don Andrea Gallo e la squallida e patetica suor Paola D’Auria, altra presenzialista di tutti i programmi che nulla hanno a che vedere con la Religione. Per l’importante occasione di poter sputar veleno contro la Chiesa Romana, don Gallo aveva pure rispolverato un impeccabile clergyman nero, di quelli che in Vaticano, per l’assenza di Prelati in veste, sono oggi considerati al pari di una talare filettata. Viceversa la povera suor Paola sfoggiava un golfino a maglia da tricoteuse, un vistoso ciuffo permanentato fuori dal velo e dei braccialetti da bigiotteria cinese: quando si dice che l’abito non fa il monaco. Orbene, se già in varie occasioni don Sante si era mostrato poco incline a concionare efficacemente il suo uditorio, a Markette egli ha superato se stesso, proponendo le proprie inani argomentazioni contro il Sacro Celibato con il tono soporifero di Romano Prodi, nonostante Piero Chiambretti facesse di tutto per rianimarlo. È poi comparsa in collegamento video suor Paola, nel ruolo di difensora d’ufficio della Chiesa: non ha saputo altro che perdersi in sconcertanti banalità del tipo «l’amore è una cosa meravigliosa», «io mi sono innamorata molte volte» e addirittura «mi sposerei con un calciatore, non con un prete». Avendo davanti il ben poco avvenente don Sante, non stupisce che nell’eventualità di una fuitina sacrilega la suora preferisca i prestanti sportivi, ma resta da vedere se questi, abituati alle modelle e alle veline, accetterebbero di accompagnarsi ad una zitella grassoccia con la faccia da pacioccona. Il terzo membro della meschina Trimurti era quel don Gallo che, per l’assiduo ministero presso il porto di Genova, ha mutuato anche il colorito linguaggio dei camalli. Inutile dire che le argomentazioni a sostegno di don Sante sono state accompagnate ad una generica denigrazione della disciplina e della dottrina ecclesiastica, condita di battutacce generosamente applaudite dal selezionato pubblico di Markette. A suggellare l’attacco alla Chiesa sono stati poi letti i versi 55-72 del secondo canto dell’Inferno, mentre una spogliarellista finiva di scoprire le proprie nudità davanti ai due ecclesiastici e a suor Paola, tutti e tre assolutamente consenzienti circa l’opportunità della performance coreutica. A parte il pietoso qualunquismo buonista della suora, che la Superiora dell’Ordine non ha ancora ridotto al silenzio perpetuo in una remota clausura, vien da chiedersi con quale disinvoltura siano stati ordinati due soggetti come don Gallo e don Sguotti, e con quale incomprensibile disinteresse li si sia lasciati impunemente al loro posto per tutto questo tempo, nonostante l’indole ribelle. Don Sante è stato sospeso a divinis, a scandalo scoppiato, ma di certo aveva dato segni di insubordinazione ben prima, senza che alcun provvedimento disciplinare fosse adottato; e don Andrea, le cui posizioni contestatarie ed eterodosse sono note a tutti, è ancora a capo di una comunità in quel di Genova, e continua a farsi invitare a manifestazioni e programmi in cui attacca con irridente empietà la Chiesa, il Papa e la Gerarchia. A cosa dovrà arrivare costui, perché sia finalmente cacciato con infamia e si impedisca che continui ad irretire le menti dei semplici? «...vos autem fecistis eam speluncam latronum» (Matth. XXI, 13): «...avete ridotto la Mia casa come una spelonca di ladri». (Baronio, Petrus, 15 gennaio 2008)

Il Cardinale “stupendo” di Dario Fo


Quando ci permettemmo di criticare la condotta da Antipapa del Cardinal Carlo Maria Martini, autonominatosi censore del Santo Padre, trovammo sostanzialmente concordi gli esponenti del mondo genuinamente cattolico, per i quali l’enfasi della stampa laica e progressista - voce dell’anticattolicesimo massonico - era un’inquietante conferma di quell’idem sentire tra un Principe della Chiesa e gli avversari giurati della Grande Nemica. Le promesse di Martini circa il suo ritiro in Terra Santa ci avevano lasciato sperare che finalmente avrebbe dedicato la propria vecchiaia a meditare le Sacre Scritture a Gerusalemme, astenendosi dall’esprimere giudizi sul Pontificato di Benedetto XVI: speranza presto infranta contro il protagonismo del verboso vegliardo, irresistibilmente attratto dalla facile notorietà garantita dai media a chi dissente dal Papa. Ma si sa: senectus est natura loquacior. Poi venne il Cardinal Dionigi Tettamanzi, successore di Martini sulla cattedra che fu di Sant’Ambrogio e del Cardinal Schuster: grazie a lui siamo arrivati quasi a rimpiangere l’Antipapa, sia per essersi dimostrato palesemente incapace di governare l’Arcidiocesi iniziando dal pietoso stato del Clero, sia per i molteplici ammiccamenti alla sinistra più estrema. Ecco allora che nelle Lettere pastorali Tettamanzi ripete da anni la trita litania del solidarismo, della dignità dell’uomo, dell’egualitarismo, facendo proprie le istanze dei più agguerriti sindacalisti e concionatori delle masse operaie. Lettere in cui il nome di Nostro Signore è citato en passant, anzi per accidens, guardandosi bene dal ricordare la Verità salvifica che Egli ha affidato alla Chiesa e che le ha ordinato di insegnare a tutte le nazioni attraverso i secoli. Era inevitabile che questo ruolo dell’Arcivescovo, accompagnato dall’eco dell’Emerito, riscuotesse il plauso dei vati della cosiddetta cultura di sinistra, per ottenere il favore dei quali tante omelie si eran trasformate in comizi. L’aperta disobbedienza al Romano Pontefice, manifestata con il farisaico cavillare sull’applicabilità del Motu proprio in terra ambrosiana, ha completato il quadro, persuadendo anche i più prudenti a riconoscere l’indole autocefala - scilicet scismatica - della Chiesa di Milano. Le recenti polemiche sulla visita del Santo Padre alla Sapienza hanno confermato - se ancora ve ne fosse stato bisogno - la perfetta sintonia tra l’Antipapa, il suo discepolo in sedicesimo e i profeti dell’anticlericalismo: Repubblica del 15 Gennaio riporta una interessante intervista in cui Dario Fo, dopo aver pagato il tributo ai suoi referenti biasimando il Papa, si avventura in elogi a dir poco sperticati nei confronti di Martini e Tettamanzi (nella foto): «Io per fortuna vivo a Milano e conosco molto bene la situazione della mia città, dove c’è un Cardinale stupendo, Dionigi Tettamanzi, che ammiro e rispetto, degno successore di un altro grande Cardinale, Carlo Maria Martini». Se Dario Fo vivesse a Genova, elogerebbe il Cardinale Angelo Bagnasco definendolo «stupendo» e «degno successore» del Cardinale Giuseppe Siri? Lo dubitiamo, come dubitiamo che il Presidente della CEI considererebbe motivo di vanto esser nelle grazie di un tal personaggio. Che Tettamanzi sia «degno successore» di Martini è cosa certa; che l’uno e l’altro non possano dirsi degni successori di San Carlo Borromeo o del venerato Ildefonso Schuster è altrettanto certo: non foss’altro che per quelle servili attestazioni di stima da parte di Fo, in ossequio al dovere di mutua assistenza che vige nelle sette. Similis cum similibus facillime congregantur. Ora attendiamo che la Curia arcivescovile dirami un comunicato in cui conferma la massima fedeltà al Papa e prende le distanze dalle esternazioni del Premio Nobel. Ma forse in Curia sono troppo impegnati a dar la caccia ai sacerdoti che dicono la Messa tridentina negli scantinati propter metum modernistarum. (Baronio, Petrus, 15 gennaio 2008)

giovedì 24 gennaio 2008

Una benefica ventata d'aria fresca


Mitezza e fermezza sono probabilmente i dati caratteriali più qualificanti dell’“uomo Bagnasco”; tuttavia sono nello stesso tempo due paradigmi essenziali per la comprensione del cristianesimo, di una religione che fa della mitezza lo stile di vita ordinario da privilegiare per il cristiano, ma che nel contempo non cessa mai di rammentare ai propri membri il fermissimo ammonimento di Gesù: le vostre parole siano sì, sì, no, no (cfr Matteo, 5. 37).
Attraverso le parole del cardinale, la Chiesa italiana è invitata “a guardare avanti, ad avere fiducia” (§ 2), a non accettare di ripiegarsi “nel solo ambito educativo e caritativo” (§ 3), a scuotersi dall’inerzia profonda che sembra da tempo pervaderla (§ 4), a far coincidere il sì a Dio con il sì all’uomo concreto (§ 5). E soprattutto - ribadisce il cardinale - essa non ha alcun disegno egemonico (§ 8) e “non vuole e non cerca il potere”: la sua presenza nella società italiana è orientata solo ad alimentare una speranza più grande di qualsiasi altra, in grado più di ogni altra di “dare la direzione al cammino futuro” di tutti (§ 5).
A queste indicazioni pastorali di ampio respiro si unisce tutta una serie di riflessioni lucide e puntuali sulla società italiana di oggi. Mi limito a citarne solo alcune, partendo dalla famiglia, “fondata sul matrimonio tra uomo e donna”. Se è fuori questione il no della Chiesa a qualsiasi discriminazione basata sull’orientamento sessuale, è ancor più fuori questione – afferma il cardinale – il doveroso riconoscimento della famiglia come struttura antropologica fondamentale, orientata al bene umano e non dipendente nella sua essenza dal variare della storia o dal diverso conformarsi delle culture. Nella famiglia – insiste il cardinale, ricordando parole del Papa – ne va “del destino e della felicità” stessa degli uomini; ogni attacco alla sua struttura, ogni pretesa di attenuare il rilievo pubblico del matrimonio, ogni iniziativa volta a indebolirlo (e qui il cardinale cita espressamente il “divorzio breve”) sono forme di oggettivo autolesionismo (§ 5. 2). Allargando il discorso ai dibattiti in tema di aborto, vivacissimi in queste ultime settimane, Bagnasco ribadisce che per la Chiesa nessuna legge che regoli l’aborto può essere ritenuta 'giusta': la vita umana infatti è un dono, di cui nessuno può disporre. Ma questo non implica da parte dei cattolici alcuna “intenzionalità bellica”, bensì rende doveroso il loro impegno per ridurre almeno in parte l’ingiustizia della legge italiana in materia, chiedendo la puntuale applicazione di quelle sue norme, vistosamente disattese, che parlano di prevenzione dell’aborto e di aiuto alle donne in difficoltà. Bisogna trovare nuovo spazio a concrete forme di solidarietà, per sconfiggere solitudine, estraneità sociale, disinteresse (§ 6).
La massima fermezza che può riscontrarsi in questa prolusione la si percepisce però nel § 8, nella parte in cui il cardinale si rivolge ai “politici di ispirazione cristiana”. Su questioni di 'giustizia', sui temi “moralmente più impegnativi”, sostiene il cardinale, non è lecito orientarsi secondo una logica “meramente politica”, attenta cioè a estrinseche strategie parlamentari o a mere convenienze partitiche. Il “voto di coscienza” del parlamentare non può soggiacere a “vincoli esterni di mandato”: deve essere libero di orientarsi e non può essere sindacato in alcun modo. In tal modo il presidente della Cei non intende affatto, ovviamente, sostenere una sorta di ingiustificabile autoreferenzialità del politico (quasi che costui non debba rendere conto a nessuno delle sue scelte); egli piuttosto insiste nell’indicare come il riferirsi alla coscienza sia “una risorsa a esclusivo servizio della politica buona”. E che di buona politica si tratti può divenire evidente, quando si avverte come sulle questioni eticamente sensibili sia ben possibile il formarsi di maggioranze trasversali rispetto agli schieramenti politici parlamentari. Non minimizziamo queste riflessioni del cardinale: è come se una ventata d’aria fresca entri, attraverso queste parole, nei soffocanti dibattiti politici di questi ultimi mesi. La “politica buona” è quella che bada non ai successi elettorali, ma al bene degli uomini e di tutta la comunità. La fermezza del richiamo del cardinal Bagnasco è un dono offerto allo stesso tempo alla comunità cristiana e all’intera classe politica italiana: è da auspicare che soprattutto quest’ultima ne comprenda il senso, prima di reagire, come a volte è accaduto, senza averlo prima adeguatamente meditato. (Francesco D’agostino, Avvenire, 22 gennaio 2008)

Peppone e Don Camillo redivivi: il parroco benedice l'asilo, la "compagna" s'infuria


All'inaugurazione dell'asilo nido di via Portuense in Roma, si è consumata l'ennesima divisione della maggioranza di centro sinistra, segnando la definitiva frattura fra il Pd e la sinistra massimalista del Prc, non solo in Campidoglio ma anche nei municipi. Un sacerdote cattolico, dopo gli interventi istituzionali degli assessori comunali alla Scuola e ai Lavori pubblici, rispettivamente Maria Coscia e Giancarlo d'Alessandro e del presidente del XV municipio, Gianni Paris, stava provvedendo a dare la consueta benedizione del locale. Ma non sapeva che quel suo gesto avrebbe creato un caso politico. Infatti, ad un certo punto della cerimonia di inaugurazione, l'assessore alle politiche educative del XV municipio, Rina Spagnoli (Prc), ha lasciato la struttura, dichiarando che avrebbe portato in Consiglio municipale l'accaduto, riferendosi alla presenza di un sacerdote che benediceva un luogo "laico" come un asilo comunale. "Chiederò un chiarimento al presidente Gianni Paris", ha dichiarato l'assessore uscendo, "c'è un'ingerenza cattolica un po' troppo forte in questa città, l'asilo nido non doveva avere la benedizione di un sacerdote cattolico", ha contiunuato, "altrimenti sarebbero dovuti venire anche gli altri rappresentanti delle altre confessioni religiose. Abbiamo inaugurato un asilo pubblico e non uno privato". Parziale appoggio al comportamento dell'assessore l'ha dato anche Serena Colonna (Pd), presidente della Commissione municipale scuola, che ha dichiarato: "porrò la questione nel nostro gruppo del Pd". Così è stato nel pomeriggio, quando all'inizio della seduta del Consiglio, le rappresentanze politiche si sono trovate davanti una mozione, con prima firmataria l'assessore Spagnoli, nella quale, dopo il preambolo di condanna a Benedetto XVI per le sue passate dichiarazioni in favore del Processo a Galileo e per la mancata sottoscrizione della moratoria sulla pena di morte da parte del Vaticano, si dichiarava la solidarietà ai professori de La Sapienza, sottoscrittori della lettera inviata al Rettore Guarini che sottolineava la inadeguatezza della visita del Santo Padre in un complesso universitario. La mozione è stata bocciata con il voto contrario dell'opposizione, con particolare accoramento della componente dell'Udc, e dallo stesso Pd. A favore hanno votato solo un consigliere del Prc e uno di Sinistra democratica, due gli astenuti. "E' gravissimo ciò che è accaduto oggi. Esprime la volontà di strumentalizzare politicamente un rito religioso che appartiene alla cultura della nostra città e alle tradizioni delle famiglie romane, ed è lontano anni luce da quel civile confronto che il centrosinistra da tempo va proponendo, allontanando la scuola pubblica dal rispetto e dalla considerazione anche delle famiglie cattoliche". Così hanno dichiarato in un nota Augusto Santori e Marco Palma, consiglieri municipali di An, proseguendo la loro analisi, chiedendosi "come mai i rappresentanti di Rifondazione, che hanno come punti di riferimento la Cina e Cuba abbiano ancora da parlare sulla pena di morte nel mondo. Credevamo", hanno proseguito, "che anzitutto un assessore alla Scuola dovesse occuparsi dei gravi problemi igienico-sanitari che riguardano le nostre strutture, della carenza di sicurezza e di servizi in buona parte dei plessi scolastici, della carenza di posti nei nidi e nelle scuole del nostro territorio e non pronunciarsi sulla benedizione di un sacerdote". I consiglieri hahho infine chiesto le dimissioni dell'assessore Rina Spagnoli, giudicando che il suo gesto è stato "di disprezzo gratuito di buona parte della comunità cattolica del municipio e il centrosinistra dovrà dare spiegazioni sull'accaduto, proprio questa maggioranza che puntualmente è in prima fila nelle parrocchie della città a chiedere voti durante i periodi elettorali". Il dato della giornata, al di là delle fratture e delle contrapposizioni politiche è quello di un sentimento anticlericale, a volte ingiustificato, che prende talvolta il sopravvento sulla normale dialettica democratica. Ora aspettiamo cosa dirà il Pd locale sull'accaduto, anche se, dalla mozione bocciata ieri nell'Aula di Corviale, sembra evidente come la frattura fra il partito di Veltroni e la sinistra sia insanabile, tanto nei municipi quanto in Campidoglio. (Francesco Di Majo, LIBERO 16 gennaio 2008)

mercoledì 16 gennaio 2008

Laicisti intolleranti perché ignoranti e manipolatori


L'elemento più rivelatore nella posizione dei professori di fisica che si sono schierati contro la presenza di Benedetto XVI alla Sapienza è la loro ignoranza crassa, la loro manipolazione dei testi e delle idee, la loro aperta conclamata, intollerabile malafede. La motivazione del rifiuto di accettare la presenza del Pontefice alla Sapienza, l'appello firmato da 67 docenti si appella infatti a parole che attribuisce all'allora cardinale Ratzinger, che esalterebbero il processo a Galileo della Santa Inquisizione. Ma quelle parole, quella frase, quel giudizio non sono affatto di Ratzinger! Sono una citazione del filosofo ateo Paul Karl Feyerabend che anzi Ratzinger introduce nel suo testo per dimostrare quanta ampiezza abbia il relativismo, da lui sempre, apertamente criticato. Ma cresciuti alla scuola ideologica della “disinformatjia” staliniana, questi nipotini della Ghepeù, estrapolano quelle parole su Galileo, le mettono in bocca al papa e il gioco è fatto. Gioco reso possibile dalla complicità della grande stampa. Leggete il Corriere, la Repubblica, i grandi giornali, ascoltate la televisione: nessuno vi dice di questo gioco volgare. Solo Il Giornale e il Foglio oggi smascherano questa porcata, questa manipolazione ideologica. Fascisti rossi, intolleranti e manipolatori. Altro che laicismo! (Fausto Carioti, A Conservative Mind, 15 gennaio 2008)

Cattivi maestri e laici che non sanno argomentare. Siamo ancora un Paese civile?

Con la cancellazione della visita del papa alla Sapienza, l'Italia mostra il suo volto peggiore. In passato, era stata cancellata solo la visita di Giovanni Paolo II a Sarajevo. Per credenti e non, una ferita da rimarginare.
Una situazione grave e assurda, figlia dell'intolleranza. E tanto per essere chiari: una figuraccia per un Paese che si riempie la bocca di ideali di democrazia, di dialogo e buoni sentimenti. Con la cancellazione della visita di Benedetto XVI all'università "La Sapienza" di Roma, il nostro Paese mostra il suo volto peggiore: quello degli scontri costruiti ad arte, dell'ottusità che annebbia i ragionamenti, dell'incapacità a rispettarsi. Si tappa la bocca a chi la pensa diversamente, non riconoscendo nemmeno il diritto di parola. E quanto è avvenuto è ancora più grave se si pensa che l'unico viaggio di un papa, cancellato all'ultimo, fu quello di Giovanni Paolo II a Sarajevo nel 1994, perché era impossibile garantire la sicurezza dei fedeli. L'Italia può così vantarsi di essere messa sullo stesso piano di un Paese allora sconvolto dagli scontri etnici. Con un dato di fondo, da non sottovalutare: questo clima di intolleranza, delle calunnie, del rifiuto del dialogo porta diritto all'incivilta e alla non convivenza.
Ma è bene dare nome e cognome a quanto è avvenuto in questi giorni, intorno alla prospettiva di una visita, purtroppo ridotta a bega da Italietta, che le università di mezzo mondo avrebbero invidiato. Soliti slogan laicisti, argomenti sotto naftalina tirati fuori per l'occasione e uso consapevole e truffaldino di falsi presupposti. I collettivi studenteschi di estrema sinistra avevano rispolverato lo spirito anticlericale d'antan (e questa non è una sorpresa), ma cosa dire di 67 docenti intenti a fomentare una polemica inesistente su Galileo Galilei? Per giorni, i nostri hanno attribuito a Benedetto XVI un giudizio di Feyerabend sulla ragionevolezza del processo allo scienziato italiano. Frase che il papa aveva pronunciato in un discorso del 1990 all'università di Parma, come semplice citazione da cui prendere le distanze.
Il testo originale dell'intervento dell'allora cardinale Ratzinger, infatti, non lascia spazio a dubbi ed è una prova schiacchiante di come professori universitari abbiano mistificato la realtà, cedendo al più becero massimalismo. Con un aggravante per uomini di scienza e di cultura: non aver nemmeno verificato le proprie fonti, trovate nientepopodimenoché su Wikipedia. Ed è ancora più incredibile la loro posizione, se si legge la risposta di Benedetto XVI alla domanda sul rapporto tra scienza e fede, fatta da un giovane, durante la Giornata mondiale della gioventù del 2006. Ampia dissertazione con un attacco in cui il papa definiva lo scienziato italiano "il grande Galileo". Sic et simpliciter. Ai prof della Sapienza, tuttavia, le contro argomentazioni non sono bastate, salvo poi cercare di correre ai ripari, quando ormai la rinuncia di Benedetto XVI era nell'aria. Ridicola quindi, la posizione del prof. Andrea Frova, uno dei firmatari: "La lettera firmata da 67 docenti universitari, era solo una comunicazione interna e tale doveva rimanere. Non aveva alcuna veste di ufficialità, tanto che è stata recapitata al rettore da un usciere".
Al di là di tutto, l'episodio in questione rappresenta un'ulteriore conferma dello scadimento del dibattito culturale, sia per quanto riguarda il metodo che il merito. Primo punto. Fa un certo effetto aver assistito ai diktat e alle contestazioni da parte di docenti dell'università, un luogo che per sua natura e statuto dovrebbe essere aperto al confronto, allo scambio dialettico e, in generale, all'ascolto di tutte le posizioni. Un metodo che dovrebbe costituire l'esempio stesso da trasmettere alle nuove generazioni, che in un'epoca post ideologica hanno bisogno di tutto, fuorché di steccati e di pregiudizi del peggiore '68. Docenti che prescindono da questa missione tradiscono il loro ruolo, mostrandosi per quello che sono: ignoranti e cattivi maestri.
Ma è sul piano dei contenuti che la strada è in salita e si mostra in tutta la sua drammaticità. Ormai è diventato impossibile alimentare un confronto puntando su argomenti. Non si è d'accordo con le posizioni della Chiesa? Non si condividono certe posizioni del pontefice? Si contesta l'idea stessa della religione? Legittimo discuterne, mettendo a confronto esperienze e punti di vista. Eppure, nessuno dei laici-laici (studenti e cattivi maestri) della Sapienza ha voluto questo. E' stato molto più facile nascondersi dietro azioni e parole denigratorie, alimentare leggende metropolitane, mettere da parte le fonti originali e fidarsi del "si dice".
Un minestrone di falsità condito con concetti e frasi fatte. Il papa dice messa di spalle? E' uno che torna al passato. Spiega che la scienza non salva (in un'ottica trascendente)? E' un antimoderno. Elimina ogni forma di predicazione morale, a favore di una catechesi sulle realtà di fede? E' ugualmente un reazionario che pretende di dettare legge sotto le lenzuola.
Si ha a che fare con una contrapposizione senza partita in cui vengono svilite le potenzialità di un ragionamento e di un dialogo tra credenti e non che sul piano teorico potrebbe arricchire entrambi. Invece, si continua ad attribuire posizioni inesistenti, a trasformare dietrologie in Vangelo, a fare delle proprie opinioni una tautologia, al punto che un giornalista come Eugenio Scalfari può spingersi addirittura a dire che Joseph Ratzinger è un pontefice "dalla palese inconsistenza politica e culturale". Complimenti. A queste condizioni, ha ancora senso replicare? Sì. Con una parola: vergognatevi. (Redazione, korazym.org, 16 gennaio 2008)

VERGOGNA!


Anticlericali vecchi, oscurantisti, anacronistici, ottusi, violenti, ignoranti, deformati dall'ideologia.
Quando hanno saputo del secco e laconico comunicato stampa della Santa Sede, quei quattro intolleranti asserragliati nella Facoltà di Fisica della Sapienza hanno applaudito, come se avessero vinto una battaglia.
Quando abbiamo saputo del comunicato, abbiamo applaudito anche noi.
Rinunciando clamorosamente all'invito del Rettore, il Papa ha lasciato soli nel loro fortino, divenuto di colpo piccolo piccolo e meschino meschino, i figli di una pessima ideologia che ha creato e crea ancora danni e guasti in tutto il mondo.
Per un attimo sono diventate attualissime le parole che Gesù rivolge ai suoi Apostoli nel Vangelo, al momento di mandarli in missione tra le genti: "Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città" (Mt 10, 14-15).
La Sapienza, come ricordava ieri il solito Antonio Socci, è nata il 20 aprile del 1303, quando Papa Bonifacio VIII promulgò la Bolla In supremae praeminentia dignitatis, con la quale veniva proclamata la fondazione in Roma dello "Studium urbis". L'Università di Bologna già prosperava dal 1088 (!). Le Universitates, associazioni di intellettuali e studenti, ebbero la possibilità di nascere, vivere, prosperare e diffondersi in tutta Europa grazie alla protezione potente del Papato, che difese i loro diritti nei confronti tanto del potere secolare che di quello vescovile. Questo dicono gli storici.
La polemica contro Benedetto XVI è stata del tutto pretestuosa. Ci si è attaccati ad una sua vecchia conferenza (era il 15 marzo del 1990) attribuendogli frasi che tra l'altro non erano sue. L'allora cardinal Ratzinger citò infatti l'epistemologo Paul Feyerabend, di certo non un fedele di Santa Romana Chiesa, il quale ebbe a scrivere: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina di Galilei. Il su processo storico contro Galilei era razionale e giusto, mentre la sua attuale revisione si può giustificare solo con motivi di opportunità politica".
Ratzinger, ha commentato Socci, viene oggi "scomunicato" sulla base del pensiero di un altro.
Non solo. Il cardinale citò anche il filosofo marxista Ernst Bloch, il quale sosteneva che una concezione "moderna" delle scienze naturali dovrebbe considerare tanto il geocentrismo che l'eliocentrismo indimostrabili, perché la relatività di Einstein ha spazzato via l'idea di uno spazio vuoto e tranquillo, sulla quale quelle teorie si basano. Bloch arrivava addirittura a sostenere che, non essendovi altro che un movimento relativo dei corpi l'uno in relazione agli altri, "non appare del tutto improbabile accettare, come si faceva nel passato, che la Terra sia stabile e che sia il Sole a muoversi".
Figurarsi se nel fortino della facoltà di Fisica della Sapienza i nostalgici del 18 politico (quello di 40 anni fa, che ha rovinato la scuola italiana per generazioni intere), sono in grado di raccogliere sfide tanto profonde ed elevate.
Quante volte è stata criticata e anche un po' derisa la nostra sensazione di essere in un nuovo regime, culturalmente totalitario e intollerante! Ieri ne abbiamo avuto la prova evidente.
La Sapienza diventa lo zimbello mondiale. E' un'altra brutta pagina di storia dell'Italia di questi ultimi anni. E' la notte della Repubblica Italiana. Siamo vittime di un regime vergognoso.
Il piccolo-grande Papa tedesco si scuote la polvere dai sandali. Ringrazia e pacificamente accetta di subire la violenza dell'intolleranza.
E' la notte della libertà di pensiero. E' la notte della possibilità di un confronto, di un dialogo sulle questioni grandi e importanti dell'uomo. E' la notte dell'intelligenza.
Con Antonio Socci ripetiamo: "buonanotte illuminismo"! (Gianluca Zappa)

martedì 15 gennaio 2008

Ancora una volta l’insipienza ha avuto la meglio


Il Papa rinuncia alla visita alla Sapienza a causa delle proteste
Dopo le proteste che hanno fatto seguito all'annuncio della visita di Papa Benedetto XVI giovedì prossimo all'Università di Roma La Sapienza, oggi il Vaticano ha annullato l'evento. Lo riferisce un breve comunicato della Santa Sede:
“A seguito delle ben note vicende di questi giorni in rapporto alla visita del Santo Padre all'Università degli Studi 'La Sapienza', che su invito del Rettore Magnifico avrebbe dovuto verificarsi giovedì 17 gennaio, si è ritenuto opportuno soprassedere all'evento", dice la nota.
In un primo momento la Santa Sede aveva fatto sapere che la presenza del Papa all'inaugurazione dell'anno accademico non avrebbe subito modifiche.
Un gruppo di docenti e studenti da giorni ha contestato l'opportunità della visita di Benedetto XIV al più importante ateneo della capitale, affermando che un discorso che il Pontefice ha pronunciato quasi 20 anni fa mostra il suo punto di vista reazionario sulla scienza.
Questa mattina un gruppo di studenti ha occupato per qualche ora il Rettorato dell'Università ottenendo poi un incontro con il rettore Renato Guarini, che ha garantito loro uno spazio per una manifestazione prevista domani mattina davanti alla Facoltà di Lettere e Filosofia. (La foto è emblematica di quale “scienza” l’ateneo romano sia la tanto decantata “cattedrale” – postilla aggiunta al testo)
"So che c'è amarezza nella cerchia del Papa perché è stata montata un'indegna campagna sul pensiero del pontefice", ha detto ai Tg il rettore Guarini, prima della nota del Vaticano.
La protesta è cresciuta nei giorni dopo che oltre 60 professori hanno scritto una lettera per chiedere di ritirare l'invito, spiegando che le opinioni del Papa "ci offendono e ci umiliano". Ma non tutto il mondo accademico ha condiviso la protesta.
I contestatori citano un discorso che Ratzinger pronunciò nel 1990, affermando che in esso il Papa sostenne le ragioni della Chiesa nel processo del 1633 contro Galileo, per aver insegnato che è la Terra a ruotare intorno al Sole.
I sostenitori del Pontefice dicono che il discorso citava soltanto un filosofo austriaco secondo cui il processo a Galilei fu "razionale e giusto", ma che non rispecchiava il pensiero dell'allora cardinale Joseph Ratzinger.
Alcuni studenti hanno approfittato della diatriba per lanciare una protesta contro la Chiesa, e il gruppo "Rete per l'autoformazione" ha organizzato una settimana "anticlericale". (Reuters, 15 gennaio 2008, ore 17.00)
Ogni commento è superfluo… Complimenti Italia: sono due i fenomeni che ci qualificano agli occhi del mondo: la spazzatura napoletana e la demenzialità universitaria romana!

lunedì 14 gennaio 2008

Indecente gazzarra intellettualoide contro il Papa


Riporto testualmente la notizia battuta dall'ANSA solo due ore fa:
Il Papa alla Sapienza, "evento incongruo"
Un evento ''incongruo'' e non in linea con la laicita' della scienza, l'intervento del Papa previsto giovedi' 17 al termine della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'universita' di Roma La Sapienza. Lo giudicano cosi' gli oltre 60 firmatari della lettera presentata nei giorni scorsi al rettore Renato Guarini, un'iniziativa che negli ultimi giorni sta raccogliendo centinaia di consensi nel mondo scientifico, anche da tanti scienziati italiani all'estero. Tra i firmatari, i fisici Andrea Frova, autore con Mariapiera Marenzana di un libro su Galileo e la Chiesa, Carlo Maiani, da poco nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Carlo Bernardini, Giorgio Parisi, Carlo Cosmelli. Ecco il testo della lettera: ''Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: ''All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto piu' fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto''. Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicita' della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato''.
Caldarola, il no è immensa sciocchezza
''Non so se vi siete accorti che una parte della sinistra sta facendo una cazzata immensa che sara' addebitata negli anni a venire all'intera sinistra. Mi riferisco alle proteste per l'invito al Papa a recarsi nell'Universita' di Roma''. Lo scrive Peppino Caldarola, deputato del PD, sul suo blog www.vaicolmambo.ilcannocchiale.it. ''Asor Rosa e' arrivato addirittura a sostenere che il Papa dovrebbe rinunciare - aggiunge - Ma che cosa avra' fatto mai Ratzinger per meritarsi questo ostracismo? E' il nemico della scienza e della laicita', sentenziano questi ayatollah all'amatriciana che non spendono una parola, una, una sola, contro l'Iran negatrice della Shoah o contro il terrorismo assassino. Il Papa no, il Papa non puo' profanare il tempio universitario dove i docenti vanno, quando vanno, a celebrare i riti della laicita' e della scienza trasmessa il piu' delle volte di padre in figlio''. ''La minaccia contro il Papa - scrive Caldarola - e' un evento drammatico, culturalmente e civilmente. Culturalmente perche' rivela che c'e' una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica ma crea mostri. Civilmente perche' non si sa come spiegare alla gente comune, non a baroni rossi che hanno scritti libri fondati sui tesi infondate, perche' il papa dei cattolici e' ospite sgradito nell'Universita' della capitale della Repubblica''. ''C'e' nei contestatori una visione proprietaria dell'istituzione che non ha ragione di essere. Loro non sono l'Universita', lavorano, quando lavorano, nell'Universita' che e' patrimonio pubblico e - conclude il deputato del Pd - non e' la casina di caccia di qualche barone rossiccio, magari ecologista per ragioni di proprieta' fondiaria, magari anche un po' antisemita''.
Fisici, posizione su Galilei offensiva
Non c'e' chiusura al dialogo con la chiesa, ma ''non si capisce perche' il rappresentante di uno Stato estero debba inaugurare un'universita' statale'', non e' nemmeno chiaro perche' chiamare il rappresentante di una sola confessione religiosa ad un evento di primo piano di un ateneo in cui sono rappresentate piu' confessioni. E poi ''la posizione del papa su Galileo ci umilia e ci offende'': sono le ragioni della lettera che una sessantina di ricercatori hanno scritto al rettore dell'universita' di Roma La Sapienza, Renato Guarini. ''Non abbiamo voluto le firme dei colleghi che hanno incarichi direttivi, ma le adesioni sono arrivate numerose e superano di dieci volte il numero dei firmatari'', spiega il fisico Andrea Frova, autore di un libro su Galileo e la chiesa. ''La lettera - aggiunge - era un documento interno, poi finito nelle mani della stampa''. Non c'e' alcune legame con la protesta studentesca che si sta organizzando in queste ore in vista della cerimonia di giovedi' 17. I firmatari della lettera non hanno al momento ricevuto risposte ufficiali dal rettore. Tuttavia in seguito ad alcuni incontri informali il programma della cerimonia sarebbe cambiato. Inizialmente, aveva scritto nei giorni scorsi il fisico Marcello Cini, il programma prevedeva che a tenere la lectio magistralis fosse papa Benedetto XVI. Il programma definitivo indica adesso che la lectio magistralis sara' tenuta dallo storico del diritto Mario Caravale. Quindi la parola andra' al sindaco di Roma, Walter Veltroni, e al ministro per l'Universita' e la ricerca, Fabio Mussi. A questo punto e' prevista la visita del papa, con un discorso in programma poco dopo le 11.00. Una formula che comunque ''non ci pare adatta all'inaugurazione di un'universita' dello Stato'', rileva un altro dei firmatari, Giorgio Parisi, che pensa di non andare alla cerimonia. ''Come fisico - aggiunge - non ho molto apprezzato le dichiarazioni fatte da questo papa sulla scienza, ho trovato in esse un arretramento rispetto alla posizione del suo predecessore, Giovanni Paolo II''. Un altro dei firmatari, il fisico Carlo Cosmelli, si dice d'accordo sul confronto con la chiesa, ma in un'altra sede: ''non siamo contrari al dialogo con il pontefice, ma non riteniamo opportuno il fatto che sia stato invitato a tenere la lectio magistralis all'inaugurazione dell'anno accademico di un'universita' statale''. Quello che ''ci preoccupa - prosegue - sono le dichiarazioni fatte da papa Benedetto XVI sulla conoscenza scientifica'', dall'attacco al Darwinismo a quello a Galileo. In attesa degli sviluppi della vicenda, oggi nell'istituto di Fisica dell'universita' romana e' in programma il film ''Galileo'' di Liliana Cavani. (Ansa, 14 Gennaio 2008, Ore 16.05).

Commento: Ancora Galilei?… ma certo: contro il Papa tutto fa brodo!
I nostri bravi cattedratici hanno perso un’altra buona occasione per starsene zitti.
Penso che gli studiosi dei secoli futuri definiranno questo nostro tempo come “l’età della retorica” o, meglio ancora, “del falso storico”. Perché? Perché siamo maestri dello scoop!
Prendiamo ad esempio il caso Galileo: un altro “martire della Chiesa”, un altro santo caduto sotto i colpi irrazionali di un Tribunale oscurantista e prevenuto.
Che ci sia stato il “mea culpa” della Chiesa, così come interpretato dai media, autorizza infatti a presupporre che effettivamente qualcosa di losco ci sia stato.
Ma Galileo, come uomo di scienza, era veramente al di sopra di ogni sospetto? Non entriamo nel merito della sua santità nell’ambito della sua coscienza, ma come uomo di cultura, era veramente al di sopra dei suoi giudici?
Ci sono dei particolari che ci hanno inculcato fin dai banchi dell’asilo: il “martirio” di Galileo ad opera della “sanguinaria” Inquisizione; il grido finale “eppur si muove” lanciato in faccia ai giudici come puntualizzazione finale delle sue teorie; la terra che gira attorno al sole, un processo intollerante, e via dicendo.
Ancora oggi il solo nome Galileo, evoca nella mente della gente comune l’ “oscurantismo” della Chiesa cattolica, contrapposto ai “lumi” della Scienza.
Hanno voglia gli storici veri (non i commediografi comunisti come Bertolt Brecht o i cinematografari come Liliana Cavani) e i filosofi del calibro di un Popper, di dirci che Galileo aveva torto, e che la ragione stava tutta dalla parte del Card Bellarmino.
Niente da fare: ancora oggi si continua a fare retorica.
Nonostante ormai il caso Galileo non sia più un caso, neppure per la critica laica, e la Chiesa abbia dedicato dieci lunghi anni per studiare “nella verità documentale” ogni singolo suo aspetto, arrivando a dare le sue conclusioni, condivise dagli studiosi proprio perché oneste ed obiettive, è sufficiente la visita ad un Ateneo “tempio della scienza laica” da parte del Papa, per scatenare una gazzarra da trivio.
A questo punto è chiaro che ad ogni rinnovata accusa da parte laica, gli apologeti cattolici rispondono immediatamente senza reticenze e diplomazia, con argomentazioni che assumono a volte la stessa intensità delle singole provocazioni, e vanno giù a ruota libera.
- Il famigerato processo? Dopo vent’anni di insistenze e certificati medici da parte dell’inquisito, fu celebrato con mille scuse per il grande Galileo, che intanto stava alloggiato in una villa sul Pincio con servitori ai suoi ordini, leccato e lisciato dal Papa e dai Cardinali.
- L’ “eppur si muove!”? Mai detto: la “frase storica” fu inventata a Londra, nel 1757, da quel brillante quanto spesso inattendibile giornalista che fu Giuseppe Baretti.
- La condanna? Dire una volta alla settimana i sette salmi penitenziali per tre anni (subito commutata). In realtà la Chiesa non c’entra nulla: a Galileo la trappola gliel’avevano “montata” i suoi colleghi, stufi della sua arroganza (Galileo li insultava apertamente tutte le volte che poteva) e gelosi delle sue entrature vaticane (furono gli astronomi gesuiti a difenderlo quando annunciò le sue scoperte).
- L’intolleranza ecclesiastica nella Controriforma? Ma Galileo conviveva more uxorio con una sguattera che non volle sposare mai (se ne vergognava) e che gli diede quattro figli, tra cui due suore, tutti registrati come N.N.. E nessun ecclesiastico glielo rimproverò mai.
- Le scoperte di Galileo? Nel campo della fisica, non certo in quello dell’astronomia. Che la terra girasse attorno al sole l’aveva già detto Copernico. Il cannocchiale l’aveva scoperto un ottico olandese (e c’è chi sostiene che l’invenzione fosse addirittura di un domenicano pisano medievale).
Allora, cos’era tutta questa storia attorno a Galileo?
Il fatto era che lui il cannocchiale l’aveva puntato verso e il cielo e aveva scoperto i satelliti di Giove, che giravano attorno a un’altra cosa, e quindi non tutto girava attorno alla terra.
Bene, questo al tempo lo sapevano tutti: era un’ipotesi matematica che si studiava tranquillamente nelle università.
Solo che Galileo pretendeva che la Chiesa mutasse le Scritture, specialmente nel passo in cui si dice che Giosuè fermò il sole. I colleghi fecero girare certe sue lettere in cui si sfidava la Chiesa a pronunciarsi, e la cosa finì in tribunale. Tutto qui.
E allora è sempre e comunque colpa della Chiesa?
Nossignori: la Chiesa allora si preoccupò semplicemente delle implicazioni etiche della cosa.
E aveva ragione, perché oggi conosciamo i mali che può causare la scienza quando sfugge di mano. (Adattamento da più fonti di m.l.)

giovedì 10 gennaio 2008

IL CARDINALE APRE ALLE BALLERINE

Milano: l’Epifania diventa la Festa degli stranieri e del dialogo. Insieme ai Magi guidati dalla Stella (tradition oblige) fino alla mangiatoia del Bambino di Betlemme, domenica ad omaggiare sua eminenza, il cardinale Dionigi Tettamanzi, c'erano sinuose danzatrici dello Sri Lanka, folk singers multietnici, bandiere, costumi locali, esotici consoli. Cossiga :a quando le cubiste in chiesa?...

LE BALLERINE. C'è da rischiare l'accusa di irriverenza, vilipendio e forse anche di peggio. Ma qui, l'espressione: «Diavolo d'un Cardinale» ci starebbe davvero bene. E tuttavia, lo sberleffo, fin quasi allo scandalo, stavolta ha il suo magnifico esempio nell'ultimo (e un tantino ridicolo) sfoggio arcivescovile avvenuto in cattedrale, il Duomo di Milano, il giorno della celebrazione dell'Epifania. Ribattezzata per l'occasione, laicamente e secondo l'ecumenical correct, in "Festa dei Popoli e degli Stranieri". Insieme ai Magi guidati dalla Stella (tradition oblige) fino alla mangiatoia del Bambino di Betlemme, domenica ad omaggiare sua eminenza, il cardinale Dionigi Tettamanzi, c'erano sinuose danzatrici dello Sri Lanka, folk singers multietnici, bandiere, costumi locali, esotici consoli. Tra questi, il rappresentante egiziano e quello musulmano. Insomma, forse per la prima volta, il Duomo milanese, che fu la cattedra del severo Ambrogio e, in tempi più recenti, del cardinale Schuster, assomigliava più a una festosa e variopinta casbah che alla grande e bella chiesa madre dei cattolici di rito ambrosiano.
I MAGI CANTANO "O MIA BELA MADUNINA". In compenso, i tre Magi, compreso il nero Baldassarre, forse un po' invidiosi di tante attenzioni riservate allo straniero, appena arrivati in corteo a Sant'Eustorgio (altra chiesa dove la sacra processione approda per tradizione, dopo aver sfilato per le vie del centro) hanno intonato "O mia bela Madunina". Magi come ultrà meneghini, che alla Cometa sembran preferire il Carroccio e il dialetto del senatur Bossi. Alla faccia del santo dialogo e dell'ecumenismo tettamanziano. Le cronache dicono pure che davanti alla basilica, un tizio piuttosto rabbioso con il sindaco Moratti, approfittò della babele multiculturale per srotolare il suo personale striscione di protesta contro l'infamia dell'Ecopass. Massì, nella grande Chiesa ambrosiana c'è gloria per tutti. E tutto è buono, Epifania compresa, direbbero i nostalgici, per mischiare sacro e profano, la Parola con la Fiaba, Gesù Bambino con il Grande Puffo, lo Spirito Santo con la Colomba dei pacifisti no global. In un dolcissimo cocktail, speziato alla cannella, da sorseggiare ad occhi chiusi, mentre l'anima si consegna lentamente ai suffumigi della Dichiarazione Universale dei Buoni e dei Giusti del Mondo. Meno male che, come dice il poeta, l'Epifania tutte le feste se le porta via. Così almeno, se ne andranno anche le ipocrisie velate e intontite dalle corpose spirali di incenso bruciato a chili durante il rito epifanico in cattedrale. Già, perché in Duomo e in tutte le chiese comandate dalla Diocesi ambrosiana, son possibili (nonché caldamente raccomandati) spettacolini del genere. Iniziative al qui pro quo: nel nome del dialogo e della fratellanza tra i popoli, contro le barriere etniche, religiose e culturali della società degli egoisti. Entrino dunque nel tempio folk singers, ballerine, dervisci danzanti, tamburelli, bonghi, maracas e simil strumenti a percussione. E pure i mamutones, perché la comunità sarda a Milano non è seconda a nessuno.
I COMANDAMENTI NON SONO UNDICI
Escano, e anche di corsa (come i mercanti cacciati da Gesù) i riti con le lingue morte come il latino che il trendissimo cardinale Dionigi ha bandito in tutta la Diocesi, perché inutile e contrario allo spirito rinnovatore del Concilio. E fuori dalle ombrose navate anche le liturgie tradizionali: troppo dure nel loro sottolineare la differenza e l'unicità della fede cristiana. Che andranno forse bene per una messa vetero-cattolica, ma poco si addicono a un Festival per l'amicizia e la pace tra i Popoli. Eppure, caro cardinale, ci sarà pur un "diverso", uno specifico ed "unicum" (vabbè, quando ci vuole ci vuole) nel Credo cristiano che lo contraddistingue dalle altre (rispettabili, per carità) religioni del mondo. Qualcosa d'altro e di più dei soliti inviti del politicamente corretto, dell'eticamente dovuto e moralmente auspicato. Qualcosa di irriducibile a tutta quella paccottiglia di buoni consigli, moderna (e blasfema) variante del decalogo scolpito da Dio nella pietra. Ma diventato carne e sangue d'uomo in quella mangiatoia. I tre Magi provenienti da Oriente, sacerdoti del culto zoroastriano, furono, quindi, le prime figure religiose ad adorare il Cristo, il Salvatore che tutti cercavano, e a offrirgli i loro doni. Altro che danceuses del piffero. Del resto, lo dice la parola stessa: Epifania, cioè manifestazione del divino nei panni cenciosi dell'uomo. Ma togliete il divino e resteranno solo gli stracci. Levate di mezzo quella mangiatoia e avrete soltanto le renne di Babbo Natale. In fondo, quelli che vorrebbero togliere croci e presepi dalle scuole, mica sono cattivi: lo vogliono per le ragioni della tolleranza e della comprensione. Come predica l'undicesimo comandamento, quello del dialogo e dell'uguaglianza tra le confessioni. Che però (avviso ai dialoganti) non esiste, perché quanto di più lontano dal messaggio evangelico e dal cuore delle genti. Via, mica vogliano rubare il mestiere al cardinale Tettamanzi che di queste cose ne sa più di tutti. Ma ci pare che le belle danzatrici nei tradizionali costumi locali vadan bene al massimo per un pomeriggio allegro in parrocchia. Non per la celebrazione dell'Epifania in Duomo. I milanesi, forse, gradirebbero di più. E oltre un certo limite, si sa, le buone intenzioni fan presto a scivolare nell'idiozia. E finire per fare il gioco e gli interessi degli acchiappanuvole di ogni risma.
A QUANDO CUBISTE E STRIP-TEASE?
Il malizioso Francesco Cossiga, cattolico sui generis ma fine intenditore di garbugli clericali, ha buon gioco nella parte del velenoso ingenuo. «Spero che i milanesi», ha cattivamente dichiarato dopo le esibizioni frou-frou delle ragazzotte cingalesi, «non debbano aspettare la prossima Epifania per assistere nella loro chiesa primaziale, nell'ambito del dialogo cristiano-islamico, all'esibizione di provette danzatrici del ventre». E tanto per non farsi mancare nulla, l'ex presidente ha aggiunto: «Tettamanzi non si dimentichi il dialogo col mondo secolarizzato: quindi, in questo ambito presto sarà la volta delle danza sul cubo e dopo le cubiste del burlesque, altrimenti detto spogliarello» . Esagerazioni retoriche, appena appena mitigate dall'ironia del picconatore mai andato a riposo. Ma Cossiga ha ragione quando ci invita ad essere magnanimi, perché «la misericordia di Dio e la pazienza della Chiesa anche verso i suoi vescovi è infinita». Giusto, anche se poi non ce la fa a trattenersi e aggiunge: Questo Tettamanzi, ce lo avremmo potuto ritrovare Papa». Che brivido, presidente. Abbiamo corso un bel rischio, nevvero? (Luigi Santambrogio, Libero, 8 gennaio 2008)