sabato 29 luglio 2017

“Obama ricattò Benedetto XVI per costringerlo a dimettersi”: accusa choc di una rivista cattolica

Donald Trump e papa Francesco. Che non corra buon sangue tra i due non è una novità. Il primo tira dritto sui muri anti-immigrati e i blocchi ai rifugiati, il secondo non nasconde di preferire chi apre le porte al prossimo, “secondo le indicazioni del Vangelo”.
Bene. Eppure nella relazione tra i due potrebbe inserirsi un nuovo capitolo interessante e che dagli Usa arriva diritto nelle segrete stanze del Vaticano: l’accusa avanzata da alcuni cattolici sulle mosse di Obama nell’abdicazione di Ratzinger.
Il 20 gennaio scorso la rivista cattolica tradizionalista “The Renmant” ha scritto una lettera aperta al nuovo Presidente americano per chiedergli di fare chiarezza sulle mosse Oltretevere di Barack Obama e il suo ruolo nell’abdicazione del papa emerito, Benedetto XVI. A firmare la missiva sono stati David Sonnier, ex tenente colonnello dell’esercito Usa, Christopher Ferrara, presidente dell’associazione avvocati cattolici americani, e Michael Matt, direttore di The Renmant. Il fulcro della missiva, che prende spunto da alcune rivelazioni e documenti pubblicati da Wikileaks, è il sospetto che “il cambio di regime [in Vaticano] sia stato progettato dall’amministrazione Obama”. Niente più e niente meno. Si tratterebbe di uno scandalo.
“Durante il terzo anno del primo mandato dell’amministrazione Obama – si legge nella lettera aperta – il segretario di Stato Hilllary Clinton, e altri funzionari del governo, hanno proposto una “rivoluzione” cattolica il cui obiettivo era la scomparsa definitiva di ciò che che restava della Chiesa cattolica in America”. I sospetti nascono da una e-mail che John Podesta, consigliere della Clinton, inviò a Sandy Newman, direttore di una rivista progressista. Nella e-mail Podestà spiega al suo interlocutore che sta cercando di realizzare una “primavera cattolica” in Vaticano simile alle “primavere” che hanno ribaltato i regimi del Nord Africa..
Secondo i firmatari della missiva, l’elezione di Papa Francesco sarebbe servita a “dare un appoggio spirituale al programma ideologico radicale della sinistra internazionale”, tanto che oggi il pontefice sarebbe ormai diventato “il leader della sinistra mondiale”. La rivista The Renmant, quindi, chiede a Trump di aprire una inchiesta che spieghi “per quale motivo la NSA ha monitorato il conclave che ha eletto papa Francesco”, “quali operazioni segrete sono state effettuate dal governo Usa sulle dimissioni di Benedetto XVI” e renda conto delle “transazioni monetarie con il Vaticano sospese pochi giorni prima delle dimissioni di Ratzinger“. In effetti nel dicembre 2013 Deutsche Bank chiuse i bancomat all’interno della Santa Sede con la scusa delle indagini sulle norme anti-riciclaggio sullo Ior, ma poi il giorno il giorno successivo alle dimissioni dell’ex pontefice il Vaticano e la banca trovarono subito un accordo. Riaprendo i bancomat.
Infine, i firmatari chiedono al presidente di chiarire il ruolo di Podesta in quella che lui stesso avrebbe definito “primavera cattolica“, quale influenza abbia avuto il finanziere George Soros e se l’amministrazione Obama sia entrata in qualche modo in contatto con quella che è stata chiamata la “mafia di San Gallo“, ovvero il consesso di cardinali e vescovi (Carlo Maria Martini, Adriaan Van Luyn, Walter Kasper e Karl Lehman, Achille Silvestrini eBasil Hume) che già nel 2005 avrebbe individuato in Bergoglio il papa perfetto per la riforma della Chiesa in senso progressista.

(Fonte: Redazionale Tuttonotizie360, 27 Luglio 2017



Una chiesa è ancora un luogo sacro? I preti che ne pensano? La Bonino, e altrove un piccolo episodio…

Un lettore di Stilum Curiae ci ha mandato una serie di fotografie e una piccola storia. Una compagnia probabilmente amatoriale di teatro-danza organizza con l’appoggio del comune e evidentemente dei responsabili di Chiesa uno spettacolo che ha come palcoscenico il sagrato di una chiesa in provincia di Parma. Il problema è che come backstage viene usata la chiesa stessa; con tutta la libertà che un backstage comporta: comprese ragazze in slip e reggiseno.
È un episodio minimo, rispetto ad altri – come far parlare dal presbiterio di una chiesa Emma Bonino, probabilmente la più nota abortista del Paese, convinta adesso dell’aborto come lo era mezzo secolo fa – e probabilmente vissuto con innocenza e ingenuità. Ma, secondo il nostro modesto parere, mette in luce un problema: quale sensibilità esiste nel clero, o in una gran parte di esso verso la sacralità del luogo in cui si svolge ogni giorno, o almeno ogni domenica il sacrificio eucaristico? Una chiesa è solo uno spazio polifunzionale, da utilizzare per ogni scopo, dai concerti in giù? Nei seminari che cosa viene insegnato ai futuri preti, sotto questo aspetto? Un luogo consacrato è realmente vissuto come tale da molti preti? Credo che siano domande non marginali, e che attengono in maniera diretta alla banalizzazione e al degrado della fede nel nostro Paese.
Ecco alcuni brani della lettera del lettore, che ringraziamo di cuore per questa informazione :
“Le immagini (tratte da Facebook e nella qualità possibile) si riferiscono al “dietro le quinte” di uno spettacolo presentato da una compagnia teatrale – amatoriale ritengo – chiamata “Tuttoattaccato”…
Lo spettacolo, tuttavia, ha avuto quale palcoscenico il sagrato della chiesa parrocchiale di Sant’Antonino e la stessa chiesa è stata ritenuta “spazio adatto” per le necessità di trucco e preparazione degli artisti: le immagini che sono allegate lo documentano bene…
Inutile, mi pare, andare ad indagare circa la presenza del Santissimo Sacramento: il problema attiene alla sacralità del luogo e impone serie domande circa la concezione che taluni possono avere di tale sacralità (e qui mi fermo stante l’ampiezza che tale discorso potrebbe sviluppare) e amare e tristi prese d’atto da parte di chi percepisce ed ha un po’ più chiara tale sacralità.
E dico questo anche solamente considerando che, a fianco della facciata della chiesa, c’è l’ingresso agli spazi ed ai locali dell’oratorio, della canonica e dell’asilo parrocchiale e che, pertanto, potevano essere utilizzati come camerino.
Per inciso, in due immagini, si nota, in fondo, in penombra, ben esposta la statua della Beata Vergine del Carmine, patrona di Borgo val di Taro”.

(Fonte: Marco Tosatti, Stilum curiae, 29 luglio 2017)


lunedì 24 luglio 2017

Un concentrato di idiozie: ecco come sperperano i nostri soldi!

La notizia che mi lascia sbalordito è questa: il “presidente” della Camera [non me ne voglia l’autore che usa il termine “presidenta”, ma mi rifiuto di usare una tale storpiatura: trattandosi di una carica istituzionale dello Stato Italiano, essa conserva invariato il suo nome proprio, indipendentemente dal genere di chi la ricopre, uomo o donna che sia! n.d.r.], tale Laura Boldrini, ha istituito una commissione contro l’odio (la denominazione ufficiale è “commissione sull’intolleranza,la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio” (sic!), che in questi giorni ha terminato i propri lavori, svolti, immagino, in un clima di grande amore e tolleranza. Come frutto di tale tenero lavoro, è stata depositata una relazione che non può non far inorridire tutti coloro che hanno a cuore l’articolo 21 della Costituzione che tutela la libertà di opinione e l’articolo 33 che tutela la libertà delle arti e della scienza e quella del loro insegnamento.
Infatti, il quotidiano La Verità ha pubblicato alcune delle raccomandazioni contenute in detta relazione. Enumero e commento.
1)”Approvare alcune importanti proposte di legge all’esame delle Camere, tra cui quelle sulla cittadinanza e sul contrasto dell’omofobia e della transfobia”. E’ quasi inutile ripetere che la legge sulla cittadinanza già c’è e funzione e la presidenta della Camera dovrebbe saperlo. Il contrasto all’omofobia, così come viene configurato dai compagni della Boldrini, si tradurrebbe praticamente nella scomparsa, appunto, della libertà di pensiero e di opinione. Basti pensare che in Spagna un Cardinale è sottoposto a giudizio per il solo fatto di avere ripetuto, in una omelia, la dottrina cattolica circa i temi dell’omosessualità. Se dovesse passare la legge così come richiesta, calerebbe il silenzio su tutta quella questione. Ma per par condicio occorrerebbe allora prevedere anche il reato di eterofobia! Così, silenzio assoluto. Si potrebbe parlare solo di calcio!
2)”Sanzionare penalmente le campagne d’odio (insulti pubblici, diffamazione o minacce) contro persone o gruppi”. Mi sembra addirittura al limite del ridicolo pretendere di sconfiggere l’odio per via di legge ed anche molto presuntuoso, visto che per tale impresa si è scomodato addirittura Dio donandoci Suo Figlio ed il compito non sembra ancora finito. Poi, la prima a dover essere perseguita è proprio la presidenta della Camera, la quale, ogni volta che parla (e purtroppo troppo spesso) non fa che offendere qualcuno. Ultimamente ha tacciato di ignoranza chi non la pensa come lei. Qui, poi, c’è un grande equivoco, su cui torna spesso, e giustamente, il nostro comune amico Robi Ronza: si sta dando per scontato che se uno ha un’idea diversa dalla mia debba per forza odiarmi. Ma che l’ha detto? Chesterton ha polemizzato tutta la vita con B. Shaw, ma ha anche sempre detto che egli era il suo migliore amico. Tacciare di odio chi la pensa in modo diverso costituisce il modo più subdolo per far fuori la libertà di pensiero.
3)”Rafforzare il mandato dell’UNAR”, che fino ad oggi è stato lo strumento scorretto (e fuori di competenza) con il quale sono state valorizzate tutte la organizzazioni LGBT e censurate tutte le altre associazioni.
4)”Rafforzare nelle scuole l’educazione di genere e l’educazione alla cittadinanza, finalizzata agli obiettivi di rispetto, apertura interculturale, interreligiosa e contrasto a intolleranza e razzismo”. Il solito ipocrita giro di parole con le quali le stesse organizzazioni LGBT entrano di soppiatto nelle scuole solo per propagandare l’ideologia “gender”. Anche questo punto dimentica la nostra Costituzione, la quale riconosce il diritto all’educazione solo e unicamente ai genitori, i quali devono poter dire l’ultima parola su quanto avviene nella scuola su questo tema. Nulla di delicato può avvenire nella scuola senza il consenso informato della famiglia.
4)”Prevedere l’istituzione di un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione e sollecitare l’ordine professionale e il sindacato dei giornalisti sul controllo della deontologia professionale”. Con questa raccomandazione si vuole far fuori la tanto conclamata libertà di stampa. Durante il ventennio fascista si parlava di Minculpop ed il pensiero unico era totalmente controllato dal potere. Oggi si vorrebbe fare altrettanto con un organismo dal nome più gentile (giurì), ma con le stesse pratiche funzioni.
Caro direttore, sono impressionato da questa considerazione: ci sono uomini e donne che si proclamano ardenti antifascisti, ma che sui temi del libero pensiero cercano di comportarsi esattamente come i fascisti. Tutto ciò deve essere contrastato apertamente e fortemente in sede civile. Ma anche la Chiesa dovrebbe preoccuparsi, perché si sta sempre più restingendo ciò per cui, anche noi laici, ci siamo battuti per molti anni: la “libertas Ecclesiae”.

(Fonte: La commissione che restringe il nostro spazio di Peppino Zola, LNBQ, 24 luglio 2017)



Cara Boldrini, giù le mani dalla nostra libertà. A seminare odio è lei, non noi.

Diciamolo francamente: “La piramide dell’odio” ovvero la Commissione “Jo Cox” su fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo, voluta dalla Boldrini e che ha coinvolto ben 26 persone tra deputati ed esperti a vario titolo, è un falso ideologico. O, detto più, semplicemente un’operazione di bassa e soprattutto pericolosa propaganda.
Sì, pericolosa.
Già il titolo è fuorviante. Le commissioni, quelle serie, espongono le proprie conclusioni alla fine di una dotta e spassionata analisi, in questo caso, invece si urla una denuncia forte e scioccante. Quel titolo “la piramide dell’odio” antepone il giudizio all’analisi, pone sulla difensiva il lettore, lo colpevolizza a prescindere. E’ un’operazione, spinta, di spin a cui un’istituzione come la Camera dei deputati non dovrebbe mai prestarsi, Ma, si sa, con la Boldrini, tutto diventa relativo. Anche i contenuti di un rapporto che ha richiesto un anno di lavori.
Mi aspettavo dati scioccanti su un’Italia intollerante e razzista. E invece esce il quadro di un Paese tollerante. Pensate un po’, il 20% degli italiani pensa che sia disdicevole avere un collega gay. Io lo leggo positivamente: l’80% non ha più pregiudizi omosessuali. Stessa percentuale di chi pensa che gli uomini siano migliori dirigenti o migliori politici delle donne. Non mi scandalizzo affatto per il fatto che il 49,7% ritiene che l’uomo debba provvedere alle necessità economiche della famiglia e questa non può essere considerata una falsa rappresentazione, ma la proiezione di una concezione tradizionale e legittima della famiglia.
La Boldrini e i suoi esperti inorridiscono sapendo che la maggior parte degli interpellati ritiene che quartieri ad alta densità di immigrati favoriscano il terrorismo e la criminalità e che il 65% pensa che i rifugiati siano un peso perché godono di benefits sociali e del lavoro degli abitanti. Ma non sono dato scioccanti, bensì inevitabili quando l’immigrazione diventa incontrollata e supera le soglie fisiologiche e quando riguarda un Paese gravato dalle tasse e con un alto tasso di disoccupazione. Il problema non lo risolvi biasimando gli italiani ma ponendo fine a una situazione fuori controllo e rilanciando l’economia del Paese.
E se l’80% degli italiani esprime un’opinione negativa rispetto ai rom, inclusi dunque molti elettori di sinistra, forse bisognerebbe chiedersi non se gli italiani siano razzisti ma perché i rom – che non sono più i romantici gitani di una volta – accentuino, con la loro violazione delle più elementari regole civili, la diffidenza nei propri confronti.
Questo rapporto è inconsistente ma diventa pericoloso quando propone le misure correttive. Perché emerge la finalità liberticida dell’operazione “boldriniana”. Il vero scopo non è di contrastare un inesistente razzismo ma di mettere a tacere chi non la pensa come vuole lei, chi non si adegua passivamente al politicamente corretto, chi si oppone a sfacciate operazioni di ingegneria sociale. Insomma, chi pensa liberamente diventa un nemico da far tacere.
La Boldrini ci ha già provato cavalcando strumentalmente la polemica sulle Fake news. Ora che la fine della legislatura si avvicina e con essa la fine, mai tanto auspicata, del suo mandato di presidente della Camera, costei sa di non avere più tempo e per questo invoca la censura. E lo fa furbescamente.
Quando “esige l’autoregolazione delle piattaforme al fine di rimuovere l’hate speech online” e invita a “stabilire la responsabilità giuridica sociale dei provider e delle piattaforme di social e a obbligarli a rimuovere con la massima tempestività i contenuti segnalati come lesivi da parte degli utenti“, intende togliere di mezzo i commentatori scomodi demandando a un entità astratta – “gli utenti” – il compito di giudicare chi semina odio e chi no.
Quando propone di “sostenere e promuovere blog e attivisti no hate o testate che promuovono una contronarrazione” compie un’operazione orwelliana, perché si arroga il diritto di stabilire chi detenga la Verità, negando uno degli elementi costitutivi della democrazia: il confronto delle idee.
Ma si supera quando sostiene “l’istituzione di un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione“. Ma sì un Miniculpop, il Ministero della Censura, che impedirebbe a voi, cari lettori, di leggere questo blog, o goofynomics di Alberto Bagnai o i tweet di Vladimiro Giacchè o i siti che a destra e a sinistra difendono il diritto a un’interpretazione diversa dalla realtà.
Questi sono propositi inaccettabili in democrazia e fonte di rabbia e di diffidenza. Nei suoi confronti, cara presidente Boldrini. Perché, a ben vedere, la vera propagatrice d’odio è lei. Non noi.

(Fonte: Marcello Foà, blog-il giornale.it, 23 luglio 2017)


mercoledì 19 luglio 2017

Abusi sessuali. Che coincidenze nell'inchiesta del coro!

Me, come direbbe Carlotta, la figlia Pasionaria di Guareschi, alle coincidenze ci credo. E tanto più se vengono da un Paese preciso e al di sopra di ogni sospetto come la Germania. Così, quando ho letto che "finalmente" è stato pubblicato il rapporto sulle violenze compiute sui passerotti del coro del Duomo di Ratisbona.
E’ vero che parliamo di 547 episodi, spalmati nell’arco di circa mezzo secolo, e di cui per fortuna o grazie a Dio, come preferite, solamente 67 riguardano abusi sessuali. Gli altri rientrano in una pedagogia che adesso farebbe inorridire e intaserebbe Telefono Azzurro; ma all’epoca era diffusa. Dare una sberla a un allievo testone, o eccessivamente indisciplinato, era la norma; e nessun genitore avrebbe armato una protesta per una sberla. Io mi ricordo – nella regal Torino degli anni ’50, scuola elementare Federico Sclopis, via del Carmine, di essere stato messo dietro la lavagna in punizione per non ricordo quale reato. E qualche scappellotto l’ho visto volare.
Ben più gravi gli abusi sessuali: e bene ha fatto la Chiesa tedesca a voler mettere un punto finale alla vicenda, con una sua inchiesta, affidata a un responsabile esterno. Quarantanove persone sono state identificate; i due principali responsabili sono morti da una trentina d'anni. I reati sono comunque prescritti. Le vittime riceveranno un compenso-rimborso di ventimila euro ciascuno.
E a questo punto cominciano le coincidenze. Il destino ha voluto che il rapporto tirasse in causa Georg Ratzinger, il fratello maggiore di Joseph, che per molti anni è stato il Direttore del Coro dei “Passeri del Duomo”. Georg ha diretto il corso per trent’anni, dal1964 al 1994. In un’intervista di sette anni fa ammise qualche schiaffo nei primi anni di incarico. "Se fossi stato a conoscenza dell'eccesso di violenza utilizzato, avrei fatto qualcosa (...) Mi scuso con le vittime", disse. Nella conferenza stampa l'avvocato Weber ha attribuito a Georg Ratzinger la responsabilità di "aver chiuso gli occhi e non aver preso misure a riguardo".
Certo la coincidenza è che il rapporto coincide temporalmente con il messaggio di Benedetto XVI per le esequie del card. Meisner. Un messaggio in cui come sappiamo si è voluto vedere da parte di qualcuno una critica alla situazione della Chiesa, e ai pastori che non lottano contro la dittatura dello spirito del tempo, e di cui la Chiesa tedesca certo non difetta. E poi ce n’è anche per Müller, nel rapporto. Gerhard Ludwig Müller era vescovo di Ratisbona nel 2010. Il rapporto critica la sua gestione, rimproverandogli in particolare la mancanza di dialogo con le presunte vittime. Povero Müller! Non gli è bastata la pedata nel sedere del Pontefice, e dover cercare, passato il primo bruciore (vedi l’intervista al Passauer Neue Presse) di far finta di niente, e che il Pontefice gli vuole bene. Adesso anche quest’altra cosina simpatica dalla natia Germania, dove, come si sa, è popolarissimo presso i confratelli.
Nel frattempo è stata annunciata la nomina del segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. Non, come qualcuno si aspettava, il Segretario aggiunto, l’arcivescovo americano Agostino Dinoia. Ma il sottosegretario, mons. Giacomo Morandi, l’uomo collocato nella ratzingeriana e muelleriana congregazione un anno e mezzo fa. Una carriera ben rapida. E’ proprio nato sotto una buona Stella. Quella di Beniamino, Prefetto della Congregazione per il Clero, il grande regista curiale del Pontefice. Tutte coincidenze.

(Fonte: Marco Tosatti, LNBQ, 19 luglio 2017)



lunedì 17 luglio 2017

Violare il segreto confessionale: un Fatto immorale

Poco meno di trecento chilometri, la distanza percorsa da Ersilio Mattioni, al soldo del Millennium, il mensile de Il Fatto Quotidiano. Per fare che? Per infilarsi dentro i confessionali di Milano e provincia, fingersi un cattolico perplesso nei confronti di papa Francesco e poi scrivere notizie bomba… ma bombe d’acqua. Fossi stata io il direttore, l’avrei lasciato a pane e acqua per un mese; non dico per la dissacrazione – bisognerebbe spiegare a questi fenomeni cosa siano i sacramenti: tempo e fiato sprecati - ma perché tutto sto tempo in giro per riempire nemmeno cinque paginette di niente…! 
E invece il mega-direttore-generale Peter Gomez (foto) sarà stato pure contento dei grandi scoop: scoprire che i preti ambrosiani sono così disobbedienti da affermare che il Papa non è infallibile ogni volta che apre bocca, così reazionari da definire una schifezza il bacio pubblico tra due omosessuali e così illegali da confidare che per qualche lavoretto fatto in oratorio ogni tanto danno mance e non le dichiarano al fisco… beh, ci voleva proprio una volpe come il Mattioni! Genesi dell’articolo secondo un proverbio toscano: tutte le mattine si alzano un furbo e un bischero: se si incontrano l’affare è fatto…
Abbiamo raggiunto telefonicamente don Armando Bosani, Parroco di Vanzaghello, il primo della lista. Quando lo chiamo e gli svelo di essere stato destinatario di tante attenzioni, ovviamente non ne sa niente. Perché in terra ambrosiana ci sono ancora parroci che il tempo lo dedicano a Dio e alla anime… Gli spiego la cosa. Risposta: “Sono talmente tanti quelli che vengono a confessarsi e che di frequente manifestano smarrimento e perplessità nei confronti di questo pontificato, anche da fuori parrocchia! Figuriamoci se mi ricordo di uno preciso…”. In effetti sono molti i sacerdoti che da qualche anno registrano la stessa cosa: la gente è sempre più disorientata e persino contrariata da certe dichiarazioni e da certi silenzi che vengono dall’alto e vanno in confessionale per chiedere luce e orientamento. Evidentemente il problema sussiste.
E cosa dice il don di tanto sconcertante a queste pecorelle dubbiose? “Ma niente. Io mi attengo a questa regola generale: andare avanti come si è sempre fatto, insistendo particolarmente su una soda e genuina devozione alla Madonna e sulla partecipazione al Sacrificio eucaristico ben fatto”. Eucaristia e SS. Vergine: come il sogno di don Bosco. Ma poi gli dirà pure qualcosa di più specifico? “Non si può dire che vada tutto bene. Io dico: è vero, ci sono problemi. Attendiamo che vengano chiariti da chi di dovere. Nel frattempo stiamo fermi nella fede di sempre”, quella della nonna Loide e della madre Eunice (cf. 2Tim. 1, 5), per capirci.
Anche a Legnano il Mattioni scova un prete reazionario, che semplicemente esprime la propria preoccupazione che l’invasione di profughi finirà per distruggere la nostra cultura e richiama il nostro dovere di cristiani – ed ancor più dei pastori -  di difendere Cristo come l’unica cosa importante. Ma la nostra volpe fiuta l’eccezionale preda e così decide – parole sue – di “spararne una grossa”: “Tanto i Papi, prima o poi, cambiano. Prima ce n’era uno, quello tedesco, che mi sembrava più rigido su certe cose e mi piaceva”. Risposta sconcertante dell’anziano sacerdote: “Eh, sì, ognuno è fatto a suo modo”. Cosa volete? Per Millennium queste sì che son notizie! Ma si sa che l’importante è dire, scrivere, gonfiare: A chi vusa pusè, la vaca le sua (traduzione per i non milanesi: chi urla di più ha diritto alla vacca). 

(Fonte: Luisella Scrosati, LNBQ, 16 luglio 2017)



lunedì 10 luglio 2017

Gender diktat: il neosindaco di Verona Sboarina sotto attacco

È oramai diventata un vero e proprio caso nazionale la vicenda del “ritiro dei libri gender” che coinvolge il neosindaco di Verona, Federico Sboarina. A mettere in moto la macchina da guerra LGBT contro la nuova amministrazione veronese è il punto del suo programma elettorale in cui si prevede il «contrasto alla diffusione delle teorie del gender nelle scuole» e il «ritiro dalle biblioteche e dalle scuole comunali o convenzionate (nidi compresi) dei libri e delle pubblicazioni, che promuovono l’equiparazione della famiglia naturale alle unioni di persone dello stesso sesso». 
Che la famiglia fosse una delle priorità d’azione di Sboarina si evince chiaramente anche in un altro passaggio dello stesso programma dove si legge che la nuova giunta si sarebbe impegnata
«a respingere ogni iniziativa (delibere, mozioni, ordini del giorno, raccolta firme, gay pride, ecc.) in contrasto con i valori della vita, della famiglia naturale o del primario diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri principi morali e religiosi».
LE REAZIONI
All’indomani dell’elezione del nuovo sindaco di centrodestra tutti sembrano dunque essersi improvvisamente accorti che le sue linee programmatiche ponevano al centro la famiglia naturale oggi pesantemente minacciata da ogni fronte.
Tra i primi ad insorgere vi è stata l’Associazione italiana biblioteche, che ha parlato  di «minacce di censura», subito spalleggiata dal presidente dell’Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi, che ha inviato una lettera alla neo presidente dell’Aib, Rosa Maiello, nella quale sottolinea come una società pluralista debba lasciare spazio a qualsiasi tipo di pubblicazione al di là del contenuto:
«le parole ritiro dei libri dalle biblioteche, dalle scuole e persino dai nidi d’infanzia non sono mai accettabili per nessuna ragione. Mi auguro che il sindaco di Verona riveda il suo programma. Invece del ritiro dei libri, potrà impegnarsi a fornire le risorse per arricchire le collezioni delle biblioteche, comprese quelle scolastiche. E per la scelta dei libri si fiderà della professionalità, sensibilità pluralista, competenza e passione dei bibliotecari e degli insegnanti veronesi».
Secondo Alex Cremonesi di Arcigay Verona il diktat relativista è un “fatto” del quale dobbiamo farci una ragione:
“Invitiamo il neosindaco a riflettere e a rispettare i principi laici e plurali della nostra Costituzione alla quale il suo ruolo lo chiama a rispondere. Che al primo cittadino piaccia o meno, le molteplici forme dell’essere famiglia e della genitorialità, le differenze razziali e religiose, le diversità di orientamento sessuale e di genere sono un fatto, anche a scuola, può scegliere solo se rispettarle o meno”
Parole in linea con quelle dei consiglieri comunali Tommaso Ferrari e Michele Bertucco.
Secondo il primo un modello di famiglia vale l’altro, l’importante è che siano garantiti i “diritti” a tutti:
“La libertà di stampa e di espressione è la linfa vitale della nostra società e della nostra cultura. La coesione sociale passa dall’approfondire la complessità dell’età contemporanea, analizzandone le sfaccettature senza cedere ad anacronistiche logiche divisive. I diritti civili per le coppie omosessuali non devono essere messi in discussione, neppure con approssimative manovre indirette, perché non sono in contrasto o in concorrenza con serie politiche familiari”.
Dello stesso pensiero anche Bertucco, per il quale nel 2017 è improponibile non potere educare i nostri giovani alla libertà di orientamento sessuale:
“Il sindaco Federico Sboarina e il futuro vicesindaco Lorenzo Fontana sono liberi di pensare quello che vogliono della famiglia naturale, ma con i diritti civili non si scherza. È improponibile nel 2017 pretendere di negare l’esistenza di differenti orientamenti sessuali e altrettanto improponibile, con tutto il razzismo e i pregiudizi che ci sono in giro, pensare di vietare alla scuola di educare anche a queste differenze”.
La polemica dei “libri gender” ha raggiunto anche il Parlamento dove il portavoce alla Camera per il Movimento 5 Stelle Mattia Fantinati è intervenuto, rivelando ancora una volta la posizione dei grillini in materia:
“Bandire i libri che trattano di famiglie cosiddette gender da scuole, asili e biblioteche è da mentalità retrograda, medioevale e ricordano gli inizi di una delle più becere dittature in cui si vietano da subito i libri e la libertà di espressione. Le idee vetuste, folli ed anacronistiche del sindaco Sboarina non possono essere accettate”.
L’unica voce fuori dal coro è stata quella del consigliere comunale Alberto Zelger che ha espresso la sua solidarietà al nuovo sindaco evidenziando quello che è il cuore del problema:
“Sboarina è stato votato dalla maggioranza dei veronesi anche per questa sua decisa presa di posizione contro ogni tentativo di indottrinamento dei bambini a favore dell’ideologia del gender, che vorrebbe equiparare la famiglia formata da un uomo e una donna, all’unione di due persone dello stesso sesso. Qui non si tratta di mandare al rogo dei libri ma di investire il denaro pubblico, destinato alle scuole e alle biblioteche, per veicolare modelli familiari in linea con la Costituzione e con il comune sentire dei nostri cittadini”.
TOLLERANZA A SENSO UNICO
Le parole di Zelger centrano perfettamente il nocciolo della questione. Sboarina ha incentrato la sua campagna sul tema della famiglia ed è stato votato “dalla maggioranza dei veronesi anche per questa sua decisa presa di posizione contro ogni tentativo di indottrinamento dei bambini a favore dell’ideologia del gender”. Le sue intenzioni, una volta eletto, erano scritte nero su bianco nel proprio programma elettorale e quindi non si capisce dove sta il problema.
A ben vedere, il problema consiste nel fatto che i paladini della “tolleranza” e della “diversità” non accettano che venga messo in discussione il loro diktat etico relativista che, in nome del principio di “non discriminazione”, mette sullo stesso piano e chiama “famiglia” qualsiasi tipo di unione, arrivando, in maniera abile ed indiretta, a distruggere l’unico modello vero di famiglia composto da un uomo e una donna.
Se i teorici del Sessantotto proclamavano la “morte della famiglia”, gli ideologi del gender celebrano dunque la comparsa di diverse forme di famiglia per proclamare che “tutto è famiglia”: uno slogan astuto e dall’evidente sapore ideologico per dire che “niente è famiglia”. Si tratta di un chiaro stratagemma che, equiparando i diversi modelli di unione, punta a minare l’identità dell’istituto famigliare naturale, svuotandolo della sua peculiarità e specificità.

(Fonte:  Rodolfo de Mattei, Riscossa Cristiana, 8 luglio 2017)