domenica 29 gennaio 2017

«L'omosessualità non è normale. Tollerarla è il declino dell'occidente». Parola di un'atea lesbica

FEMMINISTA
Camille Paglia è una delle più originali pensatrici del nostro tempo. Americana di origini italiane, rappresenta una delle intelligenze più libere, contraddittorie e dissacranti della cultura contemporanea.
È femminista ma disprezza il femminismo contemporaneo che definisce “malato, indiscriminato e nevrotico” e lo rincorre con spietata ironia: “lasciare il sesso alle femministe è come andare in vacanza lasciando il tuo cane ad un impagliatore”.
Ammira le donne emancipate degli anni ’20 e ’30 del ‘900 “perché non attaccavano gli uomini, non li insultavano, non li ritenevano la fonte di tutti i loro problemi, mentre al giorno d’oggi le femministe incolpano gli uomini di tutto”.
DI SINISTRA
Camille Paglia è di sinistra ma riconosce che “i Democratici che pretendono di parlare ai poveri e ai diseredati, sono sempre più il partito di un’élite fatta d’intellettuali e accademici”.
Lei, icona di una cultura radical-chic che affonda nel ’68, spiega l’inutilità degli intellettuali che “con tutte le loro fantasie di sinistra, hanno poca conoscenza diretta della vita americana”.
ATEA
Camille Paglia è atea ma guai a chi le tocca il ruolo storico della religione e sopratutto del cristianesimo: “ho un rispetto enorme per la religione, che considero una fonte di valore psicologico, etico e culturale infinitamente più ricca dello sciocco e mortifero post-strutturalismo, che è diventato una religione secolarizzata”.
LESBICA
Camille Paglia è lesbica ed in molte interviste ricorda la sua attitudine giovanile transessuale, eppure ammette che “i codici morali sono la civiltà. Senza di essi saremmo sopraffatti dalla caotica barbarie del sesso, dalla tirannia della natura”.
Detesta la stupidità delle mobilitazioni gay e l’intolleranza degli omosessuali e quando le si domanda: “Perché in questi anni non c’è stato nessun leader gay lontanamente vicino alla statura di Martin Luther King?” Lei risponde: “Perché l’attivismo nero si è ispirato alla profonde tradizioni spirituali della chiesa a cui la retorica politica gay è stata ostile in maniera infantile. Stridulo, egoista e dottrinario, l’attivismo gay è completamente privo di prospettiva filosofica”.
Lei, che rivendica di essere stata la prima studentessa lesbica a fare outing all’università di Yale, riconosce che “l’omosessualità non è normale; al contrario si tratta di una sfida alla norma”.
E sulle nuove frontiere della procreazione assistita, si dice “preoccupata dalla mescolanza perniciosa tra attivismo gay e scienza che produce più propaganda che verità”.
Riconosce che la sua omosessualità e le sue tendenze transgender sono una “forma di disfunzione di genere” perché in natura “ci sono solo due sessi determinati biologicamente”; e i casi di effettiva androginia sono rarissimi, “il resto è frutto di propaganda”.
Verso quei genitori che, grazie a medici compiacenti, cambiano il sesso dei figli a fronte di comportamenti apparentemente transessuali, Camille Paglia non ammette giustificazioni: “È una forma di abuso di minori”.
Sia chiaro: per Camille Paglia, in ballo non c’è il diritto di ogni uomo o donna adulti di vivere la propria sessualità con libertà e amore; né il dovere di uno Stato di riconoscere fondamentali diritti di ogni individuo a raggiungere la propria realizzazione di sé, anche in campo affettivo o sessuale; in ballo c’è il patto mefistofelico che l’Occidente sta facendo con la Tecnica per disarticolare l’ordine naturale: “La natura esiste, piaccia o no; e nella natura, la procreazione è una sola,  regola implacabile”.
TRANSGENDER E DECLINO DELL’OCCIDENTE
Qualche mese fa, davanti alle telecamere di Roda Viva, il famoso format televisivo brasiliano di Tv Cultura, è stata ancora più chiara: “l’aumento dell’omosessualità e del transessualismo sono un segnale del declino di una civiltà”.
Non c’è alcun giudizio morale in questa affermazione (e come potrebbe esserci?) ma un’analisi storica sull’Occidente che interpreta i segni del tempo; “a differenza delle persone che lodano il liberalismo umanitario che permette e incoraggia tutte queste possibilità transgender, io sono preoccupata di come la cultura occidentale viene definita nel mondo, perché questo fenomeno in realtà incoraggia gli irrazionali e, direi, psicotici oppositori dell’Occidente come i jihadisti dell’Isis”.
“Nulla definisce meglio la decadenza dell’Occidente che la nostra tolleranza dell’omosessualità aperta e del transessualismo”.
Parole di una straordinaria e coraggiosa pensatrice lesbica.

(Fonte: Gianpaolo Rossi, Il Timone, 29 gennaio 2017)


venerdì 27 gennaio 2017

Effetto Paglia: alla Pontificia Accademia per la Vita si cancellano le tracce di san Giovanni Paolo II

Era già tutto organizzato nei minimi dettagli, ma il seminario internazionale del 2 marzo per i trenta anni dalla Donum Vitae, è stato prima rinviato, e ora annullato. È solo l’ultimo episodio che racconta dello smantellamento della Pontificia Accademia per la Vita come papa Giovanni Paolo II l'aveva voluta nel 1994 per rispondere all’attacco del mondo contro la vita e la dignità umana. Sono bastati pochi mesi al nuovo presidente monsignor Vincenzo Paglia per imporre una svolta che snatura l’Accademia.
Emblematica questa ultima mossa. Il 22 febbraio prossimo ricorrono i trenta anni dalla promulgazione dell’Istruzione Donum Vitae, a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata da papa Giovanni Paolo II (clicca qui per una breve spiegazione del documento). Sviluppo dell’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (1968) - aggiornata alle ultime scoperte scientifiche e alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia – e fondamento di successive encicliche, la Donum Vitae è una pietra miliare nella costruzione di quella “cultura della vita” a cui Giovanni Paolo II teneva moltissimo per contrastare quella che lui definiva “cultura della morte”, ormai maggioritaria in Occidente.
Quasi scontato che la Pontificia Accademia pro Vita volesse dedicare a questo documento un grande seminario. Era infatti in calendario per il 2 marzo, con il titolo “Technology and Human Generation”, con un programma già definito da tempo. Poi all’improvviso, prima di Natale, è stato rinviato prendendo a pretesto il «recente rinnovo dello Statuto dell’Accademia» e alcune non meglio specificate «questioni organizzative connesse» (l’avviso è ancora sul sito).
Gli ottimisti pensavano che il rinvio seguisse quello dell’assemblea generale dell’Accademia, spostata a giugno per dare tempo di effettuare le nuove nomine. Era un’illusione, vero obiettivo era far saltare tutto, il tema e l’approccio pro-vita che caratterizzava il “workshop” non sono graditi alla nuova presidenza.
Così, senza farlo sapere pubblicamente, il 13 gennaio scorso i moderatori delle varie sessioni del workshop si sono visti arrivare una lettera in cui il cancelliere dell’Accademia, monsignor Renzo Pegoraro, annuncia la definitiva cancellazione del seminario, con parole da cui si evince che il vero problema è che si preferisce evitare il tema. Dovendo giustificarsi, monsignor Pegoraro afferma infatti da una parte che la nomina dei nuovi membri dell’Accademia «richiederà un certo tempo»: «Saremo in grado di fissare il seminario solo dopo che il processo sarà portato a termine», dice. Ma poi ecco che arriva la vera spiegazione: «Analogamente, nel programmare un nuovo seminario dovremo considerare la nuova direzione e le nuove sfide dell’Accademia». 
In altre parole, scordatevi di concentrarvi ancora su fecondazione artificiale, maternità surrogata e cose di questo genere. La musica è cambiata e gli studi dell’Accademia sono destinati a mutare indirizzo. Monsignor Paglia infatti, ha più volte dimostrato di ritenere troppo stretti i vestiti del Magistero cattolico, ribadito sia nella Humanae Vitae sia nella Donum Vitae, a cui faranno riferimento anche l’enciclica Evangelium Vitae (1995) e l’Istruzione Dignitas Personae (2008).

La conferma del rapporto essenziale e vincolante tra significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale è il fondamento che porta alla condanna della contraccezione da una parte e della fecondazione in vitro dall’altra. Pare che nel nuovo corso della Chiesa anche questi siano diventati muri da abbattere, tanto è vero che da presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, monsignor Paglia ha chiamato a tenere lezioni e dettare le linee teologico-morali ai membri di quel Consiglio il teologo moralista milanese don Maurizio Chiodi, decisamente più liberal in materia. E si rischia di essere un po’ scontati nel prevedere che proprio don Chiodi sarà uno dei chiamati nella nuova Accademia per la Vita.
E infatti per poter cambiare musica più rapidamente, monsignor Paglia sta mettendo mano anche ai suonatori. Il nuovo Statuto dell’Accademia per la Vita, in vigore dal 1° gennaio scorso, prevede infatti un grande rimescolamento tra i membri ordinari: non più nomine a vita di esperti, basate su competenze scientifiche e accademiche oggettive coniugate alla sincera dedizione a favore della vita, bensì nomine di cinque anni eventualmente rinnovabili. La disposizione ha valore retroattivo, per cui si può già scommettere che nei prossimi mesi si assisterà al “pensionamento” di esperti totalmente in sintonia con la Donum Vitae (tanto per capirsi) e all’ingresso di nuovi membri decisi a superare la lezione di san Giovanni Paolo II. Non per niente il nuovo Statuto ha molto attenuato la necessità di una visione in sintonia con la dottrina della Chiesa per poter entrare nell’Accademia: per i membri ordinari è stata eliminata l’obbligatorietà della sottoscrizione della “Attestazione dei servitori della vita” e sparisce la Congregazione per la dottrina della fede come organismo vaticano di cooperazione con l’Accademia.
Per rendersi maggiormente conto della portata della svolta, bisogna ricordare che l’istruzione Donum Vitae, analogamente a quanto successo con la Humanae Vitae, ha provocato molte reazioni negative da parte di alcuni scienziati ed esperti cattolici già impegnati in ricerche sulle tecniche procreative, ritenute dalla dottrina della Chiesa moralmente illecite. Così ci sono stati anche diversi episodi di aperta ribellione, con Università e ospedali cattolici che hanno proseguito per la loro strada. La situazione era diventata tale che a quasi due anni dalla promulgazione della Donum Vitae, il 21 dicembre 1988 l’Osservatore Romano interviene con una nota (clicca qui)per ribadire che l’Istruzione in questione ha valore dottrinale perché «sulla dignità della persona, il valore della vita umana e la nobiltà dell’amore coniugale» propone un insegnamento che «appare assolutamente essenziale all’espletamento della missione salvifica della Chiesa».
Ora, con Paglia alla guida della Accademia è facile prevedere uno spostamento graduale verso le posizioni delle cliniche universitarie cattoliche ribelli. Uno spostamento che passa anche dalla relativizzazione del problema: è stato lo stesso monsignor Paglia a spiegare che la Pontificia Accademia per la Vita è chiamata ad allargare i propri orizzonti. Non si parlerà soprattutto dell’origine della vita, questione che stava a cuore a Giovanni Paolo II, ma di «tutto quel che concerne la persona umana, nelle diverse età della vita, nel rispetto tra generi e generazioni, nella difesa della persona umana, nella promozione della qualità della vita, che integri “il valore materiale e spirituale”». Si noti anche l’introduzione di una nuova terminologia, come quella di “generi”, decisamente più in linea con lo spirito del mondo.
Ad ogni modo è evidente che l’obiettivo è cancellare ogni traccia dell’insegnamento e dell’azione di san Giovanni Paolo II.

(Fonte: Riccardo Cascioli, La nuova Bussola Quotidiana, 23 gennaio 2017)


Cirinnà flop, nessuno si "unisce". Ma a primavera...

Sotto sotto lo ha ammesso anche la parlamentare Pd Monica Cirinnà. Le Unioni civili si sono rivelate un flop. La prima firmataria della legge sulle Unioni civili due giorni fa è stata intervistata da Repubblica la quale passando all’incasso – davvero magro – sbatte sotto il naso della senatrice la cifra impietosa di mille unioni civili in cinque mesi, da quando cioè, a fine luglio, la legge è vigente. Davvero un misero bottino.
Si obietterà. La percentuale delle persone omosessuali è infima rispetto agli etero, in genere tra l’1 e il 2% della popolazione. Quindi ovvio che il numero di unioni civili è assai inferiore ai matrimoni tra sessualmente diversi. Calcolatrice alla mano le persone omosessuali nel nostro Paese, tenendo per buona la percentuale del 2%, dovrebbero essere 1.200.000 (e contiamo pure tra i 60 milioni di Italiani quelli in fasce). Anche tenendo conto di ciò le unioni civili sono percentualmente pochissime: mille su 1.200.000 persone omosessuali . Si obietterà che non tutte le persone omosessuali vivono una relazione di coppia e quindi non tutti vivono una condizione che potrebbe portarli a dire “Sì lo voglio” davanti al sindaco. Anche in questo caso la percentuale si esprimerebbe comunque in millesimi. E inoltre – aspetto ancor più importante – queste obiezioni del fronte gay, che vengono esibite per giustificare l’insuccesso, sono le medesime di chi prima della approvazione della Cirinnà sosteneva che, numeri alla mano,  non c’era nessuna esigenza sociale per approvare la legge, bensì solo un’esigenza ideologica. Tanto meno un’urgenza nata dalla base.
Ma torniamo all’intervista di Repubblica. La giornalista dunque domanda alla madrina della legge 76/2016: “Ma non le sembrano poche quasi mille unioni civili in cinque mesi, dopo trent' anni di attesa?”. Risposta dell’onorevole: “No, il boom arriverà in primavera. È la stagione dei matrimoni”. Avete capito bene. E’ un problema di clima, c’entra sempre lui alla fine. Dai migranti alla denatalità la colpa è comunque del termometro. La Cirinnà rivela che i comuni di mezz’Italia le hanno assicurato che avranno il tutto esaurito in primavera per la celebrazioni delle Unioni civili. Staremo a vedere, comunque la risposta della Cirinnà non è credibile per più motivi. In primis la legge era vigente dal 23 luglio e chi voleva si è già unito civilmente in estate e a inizio autunno, periodi in cui tradizionalmente ci si sposa. Insomma chi voleva celebrare le unioni civili nella stagione appropriata poteva già farlo, se questo fosse stato davvero il vero problema.
La giustificazione di cartavelina della Cirinnà poi non convince perchè, come dimostrano le esperienze degli altri paesi, sono proprio i primi mesi in cui è vigente la legge sulle unioni civili o il “matrimonio” omosex a segnare il picco massimo di richiesta, proprio perché c’è l’effetto accumulo e l’effetto massmediatico. Il primo consiste nel fatto che le coppie che nel tempo precedente all’approvazione della legge avevano in animo di unirsi civilmente lo fanno tutte contemporaneamente appena varata la legge. Il secondo effetto è proprio del marketing: la pubblicità massmediatica ricevuta dalle unioni civili spinge molti a considerare fattibile l’idea di celebrarle. Ma nonostante questi due effetti che dovrebbero agevolare assai il numero di celebrazioni nei primi mesi il flop è stato fragoroso.
L’on. Cirinnà poi se la prende con i decreti attuativi che solo qualche giorno fa sono stati tutti approvati. Ma anche in questo caso chi voleva in punta di diritto contrarre valida unione civile poteva già farlo. Gli ultimi decreti infatti riguardano aspetti che non interessano direttamente la validità del vincolo.
Poi la senatrice Pd tira in ballo alcuni amministratori locali che boicottano la legge. Ma questi amministratori, nella quasi totalità dei casi, non si rifiutano di celebrare le unioni civili. Semplicemente destinano sale e giorni della settimana per la celebrazioni delle unioni civili diverse da quelle scelte per i matrimoni, oppure il celebrante non indossa la fascia tricolore oppure si vieta l’uso della musica. Ma le celebrazioni avvengono comunque e chi trova un primo cittadino un po’ malmostoso è sempre libero di rivolgersi al comune accanto. Però per Repubblica la colpa è sempre dei soliti fascisti ed infatti così titola l’intervista: "Unioni civili, ancora troppi ostacoli dai sindaci della destra".
Ma i veri motivi dell’insuccesso delle unioni civili sono altri e per paradosso vengono rivelati dalla stessa Cirinnà la quale ammette che “fino ad ora si sono sposate le coppie che avevano urgenza, e le coppie più anziane” e più avanti insiste specificando che si tratta di coppie  “in gran parte avanti con gli anni”. La giornalista allora domanda: “E i giovani?” Non erano loro i primi destinatari di questa legge, coloro che avevano aggredito più volte le Sentinelle in piedi, berciato da plurimi siti web le loro offese contro chi criticava il Ddl Cirinnà e interrotto molte volte conferenze e convegni a difesa della famiglia? Tanto livore non poteva che essere segno inequivocabile che i gay ci tenevano tantissimo alle Unioni civili. La senatrice con candore così ribatte: "Ricevo centinaia di lettere. Molti scrivono che l'importante era conquistare un diritto. Poi sceglieranno se e quando celebrare l'unione civile. Del resto è come per le coppie eterosessuali. Chi si sposa più a vent'anni?".
Ecco provato per bocca della stessa on. Cirinnà che le Unioni civili non le vuole nessuno, nemmeno i primi destinatari di questa legge. Esattamente come avviene nel resto del mondo d’altronde. Non le vogliono perché, studi alla mano, le persone omosessuali sono assai più promiscue di quelle etero, cambiano spesso partner, non sono fatte per relazioni durature. Figuriamoci addirittura formalizzare davanti alle autorità un rapporto che si vuole libero, aperto, liquido, quasi vaporoso. Le unioni civili come il matrimonio non fanno per la persona omosessuale.
Ecco poi spiegato il perché si buttano a capofitto solo le coppie anziane. La legge 76/2016 infatti offre loro molte garanzie economiche e previdenziali, in primis ricordiamo la pensione di reversibilità. La legge Cirinnà  in buona sostanza rappresenta una sorta di assicurazione sul futuro, una specie di pensione arcobaleno. L’età avanza, gli acciacchi si fanno sentire e qualche soldino in più fa comodo, soprattutto nella previsione che prima o poi uno dei due compagni verrà a mancare. L’affetto, l’ “amore” c’entrano poco o nulla. E’ mero pragmatismo.
Dunque la battaglia per avere le unioni civili è stata solo ideologica per stessa ammissione della Cirinnà: “Molti [giovani ] scrivono che l'importante era conquistare un diritto”. L’importante era ed è l’aspetto simbolico, affermare cioè che il matrimonio può essere un vincolo che lega in modo indistinto due persone di sesso differente come due persone dello stesso sesso. Poco importa che nessuno usi di questo istituto, l’aspetto fondamentale sta nel fatto che una legge dello Stato ha elevato a bene giuridico l’omosessualità ed ha inferto un colpo mortale al matrimonio. Lo ammise anche Franco Grillini, ora presidente onorario dell’Arcigay, il quale nel libro intervista Gay. Molti modi per dire ti amo, curato da Sabelli Fioretti, dichiarò: “L'esistenza di una legge che consenta alle persone omosessuali di accedere all'istituto del matrimonio o agli istituti equivalenti non implica l'obbligo di usarla. Basta che ci sia. Se poi uno vuole la usa, se non vuole non la usa. L'esistenza di un diritto non obbliga di avvalersi di questo diritto”.
Va da sé poi che le Unioni civili siano solo una tappa della marcia di avvicinamento al vero obiettivo: il “matrimonio egualitario” omosessuale. Così la Cirinnà: "È la prossima meta. Le unioni civili sono state il primo e storico passo. Ma il fine, per quanto mi riguarda, è il matrimonio omosessuale". La logica non fa una piega: se le Unioni civili sono state un insuccesso, il “matrimonio” omo sarà un insuccesso al cubo.

(Fonte: Tommaso Scandroglio, La nuova Bussola Quotidiana, 17 gennaio 2017)