venerdì 19 aprile 2019

Che calvario la via crucis in cui Cristo è solo un pretesto


Dedicata ai migranti, alle vittime della tratta, alla Costituzione e persino a Stefano Cucchi: la via crucis è ormai un happening in cui Gesù è solo un pretesto per parlare d'altro, fare politica e proclamare manifesti ideologici. Specchio di una Chiesa secolarizzata in cui non è più la Croce di Cristo a dare senso ad ogni dolore umano, ma è il dolore umano a giustificare la croce.

Scommettiamo che? Scommettiamo che l’anno prossimo avremo quella sul clima e sicuramente quella al motto di ecologia & libertà? Chissà, un giorno verrà il momento anche per la via crucis a difesa degli animali e perché no, quella dei rider che portano in giro il cibo in bicicletta a paghe da fame. In fondo, anche loro sono vittime dello sfruttamento.
Intanto quest’anno dobbiamo sobbarcarci quello che passa il convento e il convento passa diverse viae crucis a piacimento, nelle quali emerge un filo che le accomuna tutte: Gesù Cristo è ormai diventato un pretesto per parlare di altro. Fare politica ad esempio, affermare le proprie idee quando non ideologie, servirsi delle meditazioni per indottrinare torme di giovani, i pochi ancora rimasti.
Della via crucis più celebre, quella del Colosseo alla presenza di Papa Francesco si sta facendo un gran parlare da giorni. Le meditazioni sono state scritte da suor Eugenia Bonetti e fin da subito si è detto che la via crucis è stata dedicata alla tratta delle schiave moderne. I giornali hanno fatto il resto quando sono state presentate le meditazioni: “Ecco la via crucis contro Salvini, la via crucis vaticana anti sovranista”. Come si può ben immaginare nella via dolorosa di quest’anno compaiono tutti i cliché del terzomondismo ormai diventato legge canonica della Chiesa: si parla di “di tutte quelle giovani vite, che in modi diversi, sono condannate a morte dall’indifferenza generata da politiche esclusive ed egoiste”. Inevitabile pensare che se ci sono dei morti nelle migrazioni è colpa di Salvini.
Ma la via crucis a tema di questa sera a Roma non è la sola, né la prima.
Può accadere così che la via crucis diventi un pretesto per accomunare la passione di Cristo alla Carta Costituzionale. A Torino, all’Oratorio Salesiano San Paolo hanno infatti svolto una processione nella quale si sono intrecciate mirabilmente le 14 stazioni e alcuni cartelli con gli articoli più rilevanti della Costituzione. Merito dei salesiani, i quali hanno lanciato l’idea della via Crucis Giusta, Equa e Solidale. Surreale poi l’augurio: “La nostra Costituzione, la Passione di Gesù, ci portino verso una Pasqua da vivere come vorrebbe don Bosco: come BUONI CRISTIANI E ONESTI CITTADINI”. Don Bosco si rivolta nella tomba, per l’ennesima volta.
La nostra carrellata fa tappa a questo punto a Mercogliano, in provincia di Avellino, dove il “barricadero” don Vitaliano Della Sala ha ripreso possesso della parrocchia dopo le sanzioni canoniche che lo videro protagonista ai tempi dei disobbedienti. Ma qualche afflato “revolucionario” deve essergli ancora rimasto. Nella sua parrocchia infatti è andata in scena domenica scorsa una via crucis singolare: dedicata a Stefano Cucchi. Il motivo? “La via Crucis non è solo la rievocazione di un dramma avvenuto duemila anni fa ma deve essere la celebrazione della nostra vita con i suoi chiaroscuri”, ha dichiarato don Della Sala. Le stazioni della Passione di Cristo in questo caso sono state completamente stravolte e sostituite con meditazioni ad hoc sul giovane morto “per le percosse ricevute dopo il suo arresto”, si legge sui giornali.
Insomma: “E’ un modo per denunciare le ingiustizie e attualizzare il racconto della sofferenza di Gesù lungo la strada verso il Calvario”. Intanto prima dell’evento è stato proiettato anche il film Sulla mia pelle, sulla storia del giovane spacciatore, la cui vicenda giudiziaria è riesplosa in tribunale proprio questi giorni dopo le confessioni a processo di un teste chiave che ha confermato la tesi delle percosse.
Tutto bello ed emotivamente coinvolgente: i migranti, la Costituzione e il giovane spacciatore morto in carcere e per il cui omicidio devono rispondere ora diversi carabinieri. Peccato che senza Cristo tutta questa sofferenza non serva a nulla. Perché la via Crucis è un “pio esercizio” nato nel XII secolo, per favorire l’immedesimazione dei fedeli con la Passione di Cristo, meditandone i vari momenti. È Cristo dunque il protagonista e non – con tutto il rispetto umano – il povero Stefano Cucchi. È Cristo, perché è attraverso la sua sofferenza che noi tutti siamo stati salvati, anche i migranti che solcano i mari del Mediterraneo ingannati da una mafia africana che – guarda caso – non viene mai tirata in ballo tra i carnefici, nelle meditazioni delle viae crucis politically correct.
Si vive la via crucis come un evento esclusivamente orizzontale, politico e sociale, in cui rivendicare piuttosto che fermarsi a riflettere sul dolore di chi, morendo per noi in croce, ci ha riscattati da una esistenza destinata in eterno ad essere ben più tragica della tratta di esseri umani.
Si ripercorre la strada di Cristo partecipando in spirito alle sofferenze patite da Gesù e non si ricorda né si dedica alcunché. Anche perché la stessa via crucis, come pio esercizio è già normata da Expone nobis un breve di papa Clemente XII, che nel 1731 ne fissò le caratteristiche fino a dare facoltà di lucrare indulgenze.
Questo non significa che nel corso delle meditazioni non ci debbano essere delle attualizzazioni sulla stazione che viene vissuta: ma sempre tenendo presente che il protagonista è Cristo, attraverso le cui sofferenze tutti siamo salvati. Non siamo di fronte ad una commemorazione umana di una vittima di soprusi e violenze. Ma siamo di fronte a quella sofferenza di Cristo: nella carne, nel costato, nelle spine. Quella sofferenza, non una metafora di tutti i mali del mondo.
Ma anche queste viae crucis ideologiche, fanno il paio con la moda dei presepi a tema, come abbiamo giù denunciato. Questo è causato dalla perdita del significato della Passione e redenzione del Dio Uomo. Si deve ormai giustificare sociologicamente la via Crucis, ribaltando totalmente i termini della questione: nella nostra cultura secolarizzata non è più la Croce di Cristo a dare senso ad ogni dolore umano, ma è il dolore umano a giustificare la croce e il perdurare del “pio esercizio” in un mondo ateo.
Insomma: è ancora una volta una fotografia di una chiesa che si vergogna di Cristo crocifisso e così facendo tradisce l’uomo, abbandonandolo nell’abissale solitudine del male e del dolore.

(Fonte: Andrea Zambrano, LNBQ, 19 aprile 2019)
http://www.lanuovabq.it/it




giovedì 18 aprile 2019

Cattolici e Radio Radicale: lo scandalo continua


Ancora una volta, di fronte all'intenzione del governo di cancellare il truffaldino finanziamento pubblico a Radio Radicale, c'è una mobilitazione generale. E in prima fila come sempre ci sono fette importanti del mondo cattolico. Un gioco di favori e ricatti reciproci, a danno della fede dei semplici.

Si può convenire sul fatto che una qualsiasi causa, se sponsorizzata dal sottosegretario all’Editoria Vito Crimi, perda di qualsiasi fascino, ma questa volta a Crimi si deve dare ragione: la fine della convenzione che regala ogni anno dieci milioni di euro a Radio Radicale (pagati con le nostre tasse) è più che legittima, è doverosa. Il sottosegretario 5Stelle ancora l’altro giorno ha ribadito la decisione del governo di porre fine a un accordo che non ha ragione d’essere, visto che per il servizio pubblico che Radio Radicale svolge – la trasmissione delle sedute del Parlamento – è già previsto l’apposito canale del Gr Rai.
È dal 1990 che Radio Radicale ciuccia dallo Stato un fiume di denaro che, con il pretesto della trasmissione delle sedute parlamentari, serve ad alimentare la cultura della morte. In questi 29 anni sono oltre 200 i milioni di euro (ci sono anche i 4 milioni annui alla radio in quanto organo ufficiale della Lista Pannella), a spese dei contribuenti, finiti nelle casse di Radio Radicale, e questo malgrado già nel 1990 la legge Mammì prevedesse l’obbligo del canale Gr Parlamento per la Rai. Canale avviato in effetti qualche anno più tardi, ma depotenziato proprio per permettere a Radio Radicale di giustificare la sua importanza e quindi il suo contributo.
Diversi governi, allo scadere della convenzione, triennale o biennale, hanno provato a mettere fine a questa truffa, ma invano. Ogni volta si assiste al formarsi di una alleanza trasversale tra partiti, intellettuali e giuristi che lancia campagne a difesa di Radio Radicale e costringe il governo a tornare su suoi passi; per non parlare delle sceneggiate che, morto Pannella, vengono proseguite dai suoi eredi (negli anni passati più volte abbiamo raccontato i dettagli di questa storia, ad esempio qui). Nessuno dice che Radio Radicale deve chiudere, semplicemente non ha diritto a ricevere questa pioggia di finanziamenti pubblici.
Non è comunque per amore della libertà di stampa e di opinione che tutto questo circo si mette in moto, è piuttosto la dimostrazione della forza che il Partito Radicale ha e ha saputo costruire, ha ramificazioni ovunque nei poteri dello Stato e complicità insospettabili. E anche una grande forza di ricatto. È il paradosso di un piccolo partito che ha però avuto una influenza enorme nel processo di secolarizzazione della società italiana, un movimento che da una parte combatte la “partitocrazia” e dall’altra la sfrutta al massimo creando un super-partito; da una parte lancia il referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti e dall’altra si crea un canale di finanziamento occulto al partito come è questa storia di Radio Radicale.
E il paradosso è ancora più incredibile se guardiamo all’atteggiamento del mondo cattolico. Nessuno più di Pannella, Bonino e soci ha fatto per distruggere la Chiesa, per toglierle credibilità morale e sostegno economico, nessuno più dei radicali ha simboleggiato le battaglia per quella rivoluzione antropologica così opposta alla visione dell’uomo e della dignità della persona propria del Cristianesimo. E Radio Radicale è la sua artiglieria pesante. Eppure quando c’è da difendere Pannella e la Bonino i cattolici sono sempre in prima fila, anche quando non richiesti (vogliamo ricordare l’exploit di monsignor Vincenzo Paglia su Pannella e la Bonino definita «una grande italiana» da papa Francesco?).
E quando c’è da garantire i soldi pubblici a Radio Radicale, certi cattolici sono i primi a mobilitarsi. Ogni volta che la convenzione è stata messa in discussione, i parlamentari cattolici hanno firmato in massa per garantire i soldi a questa emittente; e altrettanto fanno i media ufficiali e autorevoli intellettuali. Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, che negli anni ’90 era ancora chiaramente contro il finanziamento pubblico alla radio di Pannella, ha poi decisamente cambiato idea, vuoi per simpatia autentica, vuoi per paura e ricatti (clicca qui). I radicali sanno usare molto bene l’arma del ricatto. Ad esempio sono i più tenaci nemici dell’Otto per mille, il sistema che finanzia le attività della Chiesa italiana attraverso la libera scelta degli italiani riguardo una percentuale delle proprie tasse; hanno più volte promosso iniziative politiche e pubbliche per abolire questo sistema in nome della laicità dello Stato. Hanno sfidato l’esenzione dall’Imu per gli edifici ecclesiastici – che peraltro riguarda non solo la Chiesa ma tutto il non profit – portando la battaglia anche in Europa. Ma quando c’è da passare all’incasso del finanziamento per Radio Radicale, le armi tacciono e cominciano le parole suadenti: e i vescovi, sempre sensibili alle ragioni del portafoglio, evitano di dire cose che potrebbero urtare la loro sensibilità, anzi esaltano la purezza ideale dei radicali; non sia mai che ricomincino a bombardare sulla Chiesa e mettano a rischio i soldi.
Ancora più evidente il giochetto con Avvenire: se salta il finanziamento a Radio Radicale, potrebbe entrare in pericolo anche il lauto contributo pubblico per il giornale della Cei che, con quasi sei milioni annui, è il quotidiano che maggiormente beneficia del finanziamento all’editoria. I 5 Stelle peraltro vorrebbero cancellare anche questi finanziamenti, ed è per questo che Avvenire è così schierato a difesa di Radio Radicale, anche se i contributi pubblici riguardano due capitoli diversi e, anzi, in passato sono stati diminuiti i contributi all’editoria per mantenere invariato quello di Radio Radicale (clicca qui). Negli ultimi giorni al coro cattolico a favore dell’emittente della Lista Pannella, buon ultimo, si è unito anche Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia (PdF), e la cosa si commenta da sola.
Insomma, nella Chiesa, per salvare i soldi e qualche interesse personale o di gruppo, tutti uniti appassionatamente per sostenere i radicali nella loro guerra contro il cattolicesimo. Ho già detto che è un paradosso, ma mi correggo: è uno scandalo.

(Fonte: Riccardo Cascioli, LNBQ, 17 aprile 2019)
http://lanuovabq.it/it/cattolici-e-radio-radicale-lo-scandalo-continua