venerdì 31 gennaio 2014

Papa Francesco: «assurdo ascoltare Cristo ma non la Chiesa»

Un altro schiaffo di Papa Francesco a chi lo vuole strumentalizzare, ai sedicenti “cattolici della tolleranza e del non-giudizio”, ai “noi siamo Chiesa”, ai Vito Mancuso, agli Eugenio Scalfari, agli anticlericali che contrappongono Cristo alla Chiesa. E oggi, nuova moda, lo stesso Francesco alla Chiesa.
Niente da fare, il Papa non ci sta ad essere il nuovo idolo del mondo, come un Che Guevara qualsiasi: «Non si capisce un cristiano senza Chiesa», ha detto questa mattina durante l’omelia a Santa Marta. «E per questo il grande Paolo VI diceva che è una dicotomia assurda amare Cristo senza la Chiesa; ascoltare Cristo ma non la Chiesa; stare con Cristo al margine della Chiesa. Non si può. E’ una dicotomia assurda. Il messaggio evangelico noi lo riceviamo nella Chiesa e la nostra santità la facciamo nella Chiesa, la nostra strada nella Chiesa. L’altro è una fantasia o, come lui diceva, una dicotomia assurda».
Lo stesso concetto lo aveva espresso durante l’Udienza del mercoledì nel maggio scorso: «Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona».
Parole scandalose per le orecchie di molti devoti al politicamente corretto, che vorrebbero usare il “Pontefice progressista e relativista“, dicono loro, per colpire l’odiata Chiesa cattolica a suon di ricatti morali. Dopo la rivista gay che lo ha incoronato “uomo dell’anno”, dopo l’elogio del “Time”, è arrivata in questi giorni anche la copertina della rivista “Rolling Stones”, dedicata appunto a Francesco.
Ancora una volta, però, non il vero Francesco. Ma quello finto, quello raccontato e inventato dai media e da molti vaticanisti. L’attacco mediatico a Francesco è molto più forte di quello a Ratzinger perché è subdolo e non diretto. Tanto che Francesco si vede continuamente elogiato da chi odia la Chiesa e contrapposto a Benedetto XVI. L’iniziativa di “Rolling Stones”, ha dichiarato il portavoce del Pontefice, padre Lombardi, «si squalifica cadendo nell’abituale errore di un giornalismo superficiale, che per mettere in luce aspetti positivi di Papa Francesco pensa di dover descrivere in modo negativo il pontificato di Papa Benedetto, e lo fa con una rozzezza sorprendente. Peccato. Non è questo il modo di fare un buon servizio neppure al Papa Francesco, che sa benissimo quanto la Chiesa deve al suo Predecessore”.
Il nuovo tentativo laicista (il commento di “Zenit.it) diffonde «l’illusione dell’avvento di una Chiesa “politicamente corretta” e perfettamente in linea con i canoni del mondo secolarizzato e con lo “spirito dei tempi”». Ma la Chiesa cattolica è e rimarrà l’unica istituzione veramente libera, autonoma e indipendente da qualunque ideologia, perché formata da persone libere. Anzi, da persone liberate. Il tentativo mediatico di omologarla per l’incapacità di capirlo e poterne prendere possesso sarà fallimentare. Ancora una volta.

(Fonte: Uccr, 30 gennaio 2014)

Vito Mancuso si agita ma non convince

La Commissione Teologica Internazionale, presieduta dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Gerhard L. Müller, ha pubblicato in questi giorni un utilissimo documento intitolato “Dio Trinità, unità degli uomini. Il monoteismo cristiano contro la violenza“.
Il testo è dedicato ad approfondire «alcuni aspetti del discorso cristiano su Dio, confrontandosi in particolare con le teorie secondo le quali esisterebbe un rapporto necessario fra il monoteismo e la violenza». Il documento ha confutato queste teorie innanzitutto rilevando che la nozione di “monoteismo” sia generica per indicare Ebraismo, Islam e Cristianesimo e criticano la «semplificazione culturale che riduce l’alternativa fra un monoteismo necessariamente violento e un politeismo presuntivamente tollerante». Viene anche sottolineato che la «fede cristiana riconosce nell’eccitazione alla violenza in nome di Dio, la massima corruzione della religione», ribadendo che «le guerre interreligiose, come anche la guerra alla religione, siano semplicemente insensate».
La riflessione sottolinea che la morte e la resurrezione di Gesù sono la «chiave della riconciliazione fra gli uomini» e la «rivelazione iscritta nell’evento di Gesù Cristo, che rende apprezzabile la manifestazione dell’amore di Dio consente di neutralizzare la giustificazione religiosa della violenza sulla base della verità cristologica e trinitaria di Dio». Dal punto di vista cristiano nessuno è giustificato a parlare di violenza religiosa perché «la rivelazione cristiana purifica la religione, nel momento stesso in cui le restituisce il suo significato fondamentale per l’esperienza umana del senso». I teologi esortano, pertanto, a «trattare sempre congiuntamente il contenuto teologico e lo sviluppo storico della rivelazione cristiana di Dio». Infatti chiunque commetta violenza, anche tra i cristiani stessi, si metterà sempre contro al Vangelo: «nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza», ha spiegato Benedetto XVI. «Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura».
La Sottocommissione che ha lavorato al documento è composta da importanti studiosi di tutto il mondo, scelti dal Papa in quanto «eminenti per scienza, prudenza e fedeltà verso il Magistero della Chiesa». L’unico italiano è Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, dove è anche professore ordinario di teologia fondamentale. Ed è anche l’unico, per obbligo geografico, ad aver sentito nominare almeno una volta il teologo di Carate Brianza, Vito Mancuso, fatto diventare famoso al grande pubblico dal quotidiano “Repubblica” per la sua avversione alla Chiesa. Il nemico del mio nemico è mio amico, ha pensato furbescamente Eugenio Scalfari quando gli ha affidato l’editoriale.
Mancuso ha ovviamente approfittato della pubblicazione del documento per tentare ancora una volta lo scontro, la divisione e mostrare narcisisticamente la sua ribellione, esattamente contro il messaggio di Papa Francesco. La banalità della critica del teologo Mancuso è la cifra della sua ininfluenza nel pensiero teologico moderno: egli sostiene che la cultura laicista ha ragione a parlare del cristianesimo in termini violenti e per giustificarlo va a pescare direttamente dal prontuario del fondamentalismo ateo: crociate, Inquisizione, Galilei, lotta all’eresia e conversioni forzate…manca solo il Pio XII nazista e Benedetto XVI pedofilo per toccare tutti i cavalli di battaglia degli anticlericali di professione. Ovviamente, non poteva nemmeno tralasciare un elogio della non-violenza del buddhismo e dell‘induismo, ignorando completamente cosa sia il buddhismo (lui lo associa alla dieta vegana e allo yoga-fitness) giustificando di conseguenza come non violenza la divisone razziale insita nell’induismo (sotto il quale i cristiani sono massacrati, senza che Mancuso abbia mai sentito il bisogno di scrivere un editoriale su questo), che considera i paria (i più poveri, i fuori casta) delle “non persone”, la cui redenzione sociale è stata possibile, ed è tutt’ora possibile, solo grazie ai missionari cristiani (da Madre Teresa di Calcutta in giù).
Per Mancuso non è stato Gesù Cristo a portare la non violenza tra gli uomini chiamandoli “fratelli” e invitando ad “amare i propri nemici” (concetto inesistente prima di lui), non è stata la Chiesa nei tempi moderni a scongiurare la guerra e la divisione tra gli uomini, abbattendo il muro di Berlino. No, sono state le «battaglie del mondo laico che, togliendole potere, le hanno permesso di tornare a essere più fedele alla propria essenza». Tutti infatti ricordano le battaglie laiche del secolo scorso, promosse da esponenti di primo piano come Stalin, Lenin, Mussolini, Pol Pot, Hoxa, Tito e tutti i grandi imperatori laici e devoti dell’ateismo di Stato. Ancora una volta Mancuso tradisce la memoria del compianto card. Carlo Maria Martini, di cui vorrebbe inutilmente essere il successore, quando nel famoso discorso del 1988 a Leningrado ha affermato: «Ogni volta che si è rifiutato Dio, se ne è perso o sminuito il senso o lo si è presentato in modo scorretto, ci si è incamminati verso forme più o meno larvate di decadenza dell’uomo e della stessa convivenza sociale”». Altro che le battaglie laiche di Mancuso.
Gesù dice di sé: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me [...] Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. [....] Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.» (Gv 14 e 15). Il teologo di “Repubblica” inorridisce per queste frasi politicamente scorrette e bacchetta Gesù Cristo rammentandogli «il bene che deriva dal prendere coscienza della relatività delle proprie posizioni» e che è «dall’assolutismo, che nascono l’intolleranza e la violenza». Gesù avrebbe dovuto ascoltare le indicazioni assolutiste, e ben poco relativiste, di Mancuso e dire piuttosto: “Io, se posso permettermi, spero di essere la via, forse la vita, sicuramente non la verità perché non esiste. Dovete fare a meno di me, ognuno segua la sua verità”. Allora sì che sarebbe stato, anche lui, editorialista di “Repubblica”.
Le posizioni di Mancuso sono sempre più estremiste e riflettono sempre di più il suo allontanamento dal cristianesimo. Perfino un laico come Jürgen Habermas, tra i maggiori filosofi viventi, ha riconosciuto che «l’universalismo egualitario –da cui sono derivate le idee di libertà e convivenza sociale, autonoma condotta di vita ed emancipazione, coscienza morale individuale, diritti dell’uomo e della democrazia- è una diretta eredità ebraica della giustizia e dell’etica cristiana dell’amore. Questa eredità è stata continuamente riassimilata, criticata e reinterpretata senza sostanziali trasformazioni. A tutt’oggi non disponiamo di alternative. Anche di fronte alle sfide attuale della costellazione postnazionale continuiamo ad alimentarci a questa sorgente. Tutto il resto sono chiacchiere postmoderne»  (J. Habermas, Tempo di passaggi, Feltrinelli 2004 p. 128,129).
L’intento di Mancuso era più che prevedibile ma come portavoce del laicismo ci si aspettava più coraggio sul passato e più umiltà sul presente, senza questa paura verso la modernità. L’amore per lo scontro e per la divisione dovrebbero essere messi da parte se vorrà essere veramente del tutto libero dalla violenza.

(Fonte: UCCR, 23 gennaio 2014)

giovedì 30 gennaio 2014

I vescovi veneti: “Non abbiate paura a dire padre e madre”

I vescovi del Triveneto rompono per primi il silenzio della Chiesa italiana in materia di ideologia gender, unioni omosessuali e difesa della vita. Oggi è stata diffusa una Nota Pastorale, redatta all’unanimità dai presuli della regione, che costituisce di sicuro un punto di riferimento importante, tanto più importante in quanto si discute in Parlamento una legge quella sull’omofobia che secondo i suoi critici se approvata impedirà in futuro di criticare matrimonio omosessuale, adozioni alle coppie dello stesso sesso e l’enunciazione di opinioni discordanti  dall’ideologia gender.
Il testo esce con il consenso unanime di tutti i vescovi del Triveneto, e gli autori sottolineano che lo stile è “propositivo, mai polemico”; la scelta di rendere pubblico il testo alla vigilia della Giornata per la Vita indetta dalla Chiesa italiana vuole dimostrare “la volontà di offrire a tutti una riflessione ad ampio raggio e un contributo ‘positivo’, evitando il più possibile ogni contrapposizione polemica”. Questo perché – ripetono gli autori – l’unico intento è “quello di contribuire al bene comune”.
La Nota si apre con la memoria della crisi attuale, e la Chiesa vuole essere vicina “A chi ha perso lavoro, alle famiglie che non arrivano a fine mese, ai giovani” che non trovano lavoro. E anche ai giovani sposi, il cui desiderio di generare figli “resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita”.Ma è soprattutto sulle questioni educative che i vescovi del Triveneto sentono oggi il bisogno di parlare, in sintonia con le parole di papa Francesco, secondo cui “Il compito educativo è una missione chiave”.
I vescovi si riferiscono a elementi ben precisi: “Al dibattito sugli ‘stereotipi di genere’ e sul possibile inserimento dell’ideologia del gender nei programmi educativi e formativi delle scuole e nella formazione degli insegnanti, ad alcuni aspetti problematici presenti nell’affrontare in chiave legislativa la lotta all’omofobia, a taluni non solo discutibili ma fuorvianti orientamenti sull’educazione sessuale ai bambini anche in tenera età, alle richieste di accantonare ‘padre e madre’ in luogo di altri considerati meno ‘discriminanti’, e, infine, al grave stravolgimento – potenziale e talora purtroppo già in atto – del valore e del concetto stesso di famiglia naturale fondato sul matrimonio fra un uomo e una donna”.
I vescovi si sentono obbligati a parlare, anche tenendo conto delle parole del Papa, secondo cui i Pastori “hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone”. La Nota ricorda e riafferma la dignità e il valore della persona umana, e lanciano un allarme contro il “grave pericolo che deriva per la nostra civiltà, dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona”. I presuli riconoscono, usando le parole di papa Francesco “la ricchezza insostituibile della differenza”, specialmente quella fondamentale “fra maschile e femminile”, e la famiglia come “unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio”.
Ricordano in questo campo sia la Costituzione, che la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo: “Siamo infatti consapevoli che la differenza dei sessi è elemento portante di ogni essere umano ed espressione chiara del suo essere ‘in relazione’”. “Ribadiamo…il rifiuto di un’ideologia del gender che neghi il fondamento oggettivo della differenza e complementarità dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico”.
Fatte queste premesse, sul piano operativo i vescovi invitano tutti “A non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare a utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole più dolci e vere che ci sia mai dato di pronunciare: ‘padre’, ‘madre’, ‘marito’, ‘moglie, ‘famiglia’, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. E soprattutto ribadiscono di voler difendere e promuove “il carattere decisivo – oggi più che mai – della libertà di educazione dei figli che spetta di diritto al padre e alla madre…E rigettiamo ogni tentativo ideologico che porterebbe ad omologare tutto e tutti in una sorta di deviante e mortificante ‘pensiero unico’, sempre più spesso veicolato da iniziative delle pubbliche istituzioni”.
È un testo certamente importante, anche perché negli ultimi mesi non sono state numerose le prese di posizione della Chiesa in Italia in questo campo, mentre sembrano moltiplicarsi le iniziative e le prese di coscienza da parte di diverse organizzazioni di laici, sull’esempio della mobilitazione in corso in Francia.

(Fonte: Marco Tosatti, Vatican Insider, 30 gennaio 2014)

giovedì 23 gennaio 2014

Il segno della croce vietato come il dito medio alzato

In questi giorni un consigliere regionale ha rivolto al presidente dell'Assemblea legislativa della sua regione (l'Emilia Romagna) un'interrogazione riguardo a un fatto accaduto a Reggio Emilia, dove un insegnante di religione avrebbe redarguito un'alunna di terza media colpevole di essersi fatta il segno della croce mentre passava un'ambulanza.
L'insegnante riprendeva bonariamente la ragazza ricordandole che un gesto come quello poteva urtare la sensibilità di alunni non credenti o appartenenti ad altre religioni, e le consigliava, per la prossima volta, di limitarsi a toccare ferro.
Di fatti simili a questi ne accadono da tanti anni. La variante, qui, è che a redarguire la ragazza sia stato l'insegnante di religione. Questo induce il consigliere (e anche il sottoscritto) a pensare che l'insegnante possa aver ricevuto, diciamo così, alcune istruzioni in materia di etica professionale e ad esse si sia attenuto nel timore che qualche altro ragazzo potesse denunciare la sua omissione proclamandosi offeso.
È l'ipotesi migliore perché ci permette di assolvere (in parte) un membro di una classe, quella degli insegnanti, già abbastanza tartassata. Certo, nessuno ama sparare, come si dice, sulla croce rossa, ma non si può nemmeno avere voglia di fare gli spiritosi. Verrebbe voglia di lasciar perdere, passare ad altro. Tuttavia non si può stare zitti sull'ipocrisia che regna sovrana in episodi (purtroppo non isolati) come questo.
Vorrei ricordare che la decisione di qualche zelante funzionario pubblico (preside, direttore generale, sovrintendente e quant'altro) di eliminare presepi, alberi di Natale, crocefissi e altri simboli religiosi dai locali pubblici, e segnatamente dalle scuole, risale a più di trent'anni fa, quando nelle vie delle nostre città si sentiva parlare solo italiano e i grandi flussi migratori erano di là da venire.
Fu, insomma, una faccenda tra italiani doc. Ben più di trent'anni fa nelle scuole elementari si insegnava che la scienza è credibile perché prova le sue affermazioni mentre la religione non lo è perché non le prova. Ben più di trent'anni fa cominciavano le polemiche sui presepi e sui crocefissi, quando nelle nostre scuole i membri di altre religioni non c'erano, o quasi. Perciò la storia secondo cui un gesto come il segno della croce offende chi professa un'altra fede è una frottola colossale, anche se talvolta è successo che membri di altre religioni si prestassero a questo gioco sporco. Ma la fede vera e sincera non offende e non divide nessuno. A dividere è, piuttosto, la malafede, che a quanto pare continua a crescere.
Io vorrei dire che trovo molto offensiva per esempio la pubblicità del Bronchenolo sedativo fluidificante, dove un fraticello riceve il medicinale come se fosse la Santa Eucaristia. Eppure a nessuno è venuto in mente di fare una bella interpellanza contro le anime caprine che l'hanno prodotta.
La ragione è che la Chiesa non è ancora una lobby, e perciò non passa il suo tempo a curare la propria immagine o, come si dice, a «fare pressione».
È triste pensare che una civiltà come la nostra, fondata sul valore inalienabile della persona umana, si riduca a considerare degno di rispetto solo chi ha una pressione da esercitare, chi ha la forza.
Nell'odio per l'uomo che si nasconde dietro la maschera dei buoni sentimenti e che caratterizza la cultura di tanti (politici, giornalisti e intellettuali inclusi), personalmente sono fiero di appartenere alla Chiesa, che ancora sa far sentire la propria voce in difesa dei poveri, dei disperati e di chi non ha una patria. E che, non avendo paura degli insegnanti emiliani di religione, continua a farsi il segno della croce.

(Fonte: Luca Doninelli, Il Giornale.it, 23 gennaio 2014)

A Portogruaro gruppo ecclesiale pro-gay

Sul sito dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Rufino di Concordia” in Portogruaro si spiega come da circa sette anni esista in loco un’iniziativa denominata Incontri ecclesiali di impegno civile e politico, costituita da «una trentina di persone tra laici e preti», peraltro «approvata ed incoraggiata dal Vescovo».
Il Quaderno n.4 di tali Incontri, interamente dedicato a Unioni omosessuali, matrimonio e famiglia, giudica «praticabile ed accettabile» il riconoscimento giuridico delle cosiddette “nozze gay”, qualora ci si preoccupi di disciplinarle «non già in virtù dell’omosessualità della coppia, ma dei diritti e dei doveri cui dà origine una relazione stabile». Nega che le si possa definire matrimonio, ma alla fine questo è più un fatto linguistico che altro, non sussistendo con esso nei fatti e nella sostanza differenza alcuna, accettando che «sia possibile per le coppie omosessuali prevedere un riconoscimento legale come forma di unione stabile, con riconoscimento di diritti e di doveri». Acrobazie lessicali da giocolieri o illusionisti…
Il Quaderno propone poi una riedizione del sessantottino amore universale e purchessia, indulge in bizantinismi ed in raffronti internazionali sulle norme, definisce un «pregio» che la «gender theory» abbia «sottratto l’identità sessuale alla “sola natura”», ritiene che il riconoscimento delle unioni gay sia «giustificabile da parte del politico cattolico», in quanto «confacente al bene comune», «alla promozione di un legame socialmente rilevante» ed all’«equilibrio in un contesto pluralista in cui potersi riconoscere»: ciò, secondo gli estensori dello scritto, non metterebbe «in discussione il valore, la specificità e la centralità della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio». La realtà mostra il contrario.
Da un punto di vista meramente civile e non confessionale, la Costituzione Italiana nella sua Parte Prima al Titolo II riconosce la famiglia, ma a determinate condizioni (artt. 29-30): assegnando cioè esplicitamente ai «genitori», quindi a chi sia in grado di generare ovvero un uomo ed una donna, il «dovere e diritto» di «mantenere, istruire ed educare i figli». Si vede cioè nella stabilità della famiglia la condizione indispensabile, per dare un futuro alla Nazione. Tutto ciò è semplicemente impossibile ed impraticabile per un’unione omosessuale, che, in quanto tale, è sterile, come comprova il fatto di dover ricorrere a metodi artificiali per poter avere figli, in realtà non biologicamente propri della coppia.
Né tale unione è strutturalmente in grado di garantire un’istruzione ed un’educazione adeguata ai principi enunciati dalla Costituzione, proponendo già in sé un modello deviante e fuorviante rispetto al concetto di famiglia sancito dal testo base, su cui si fonda, sino a prova contraria, lo Stato Italiano. Non corrisponde quindi assolutamente al «bene comune», né può dirsi «socialmente rilevante». Introdurre simili istituti nella nostra legislazione porrebbe in discussione le fondamenta della Nazione, sconvolgerebbe valore, specificità e centralità della famiglia, comprometterebbe il tessuto sociale nazionale, disintegrandolo.
Ma il Quaderno in oggetto, non può esser dimenticato, non nasce in un contesto “laico”, bensì in un contesto espressamente ecclesiale. E questo comporta ben altre implicanze. Come può un documento, elaborato in un contesto che tira esplicitamente in ballo il Vescovo locale e scritto da un organismo, che afferma di volersi rifare al Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, andare contro lo stesso Compendio, laddove specifica la famiglia essere «l’intima comunione di vita e d’amore coniugale fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna» (cap. V, n. 211), riconoscendo l’importanza della sua «funzione procreativa» (n. 214)? Quello stesso Compendio contrasta e combatte le teorie dell’“identità di genere” (n. 224), definendo «l’identità sessuale indisponibile».
Quello stesso Compendio svela la «falsa concezione» alla base delle «unioni di fatto» (n. 227) e nega esplicitamente qualsiasi possibilità di riconoscimento delle «unioni omosessuali», bollando questa come una «pretesa incongrua» non potendo generare e mancando della complementarietà tra i coniugi (n. 228) ed anzi spiegando come non si possano legittimare «comportamenti non conformi alla legge morale», con «grave detrimento» di quel bene comune, che viceversa gli estensori del Quaderno ritengono tutelato.
Quello stesso Compendio nega alla società e allo Stato la facoltà «di disporre del legame matrimoniale, con il quale i due sposi si promettono fedeltà, assistenza ed accoglienza dei figli» (n. 216). Specificando, con ampie citazioni dal Catechismo, dal Magistero e dalle varie Congregazioni come questo corrisponda realmente al sentire della Chiesa di sempre. Ma, evidentemente, non al sentire della Chiesa di Portogruaro.
Da qui alcune domande, inevitabili: perché il Vescovo, che – come dice il sito – patrocina tale organismo, non è intervenuto a fronte della sua evidente deriva? Quanti altri casi simili vi sono nella Chiesa, accolti nel silenzio delle autorità chiamate a sorvegliare ed a preservare la retta dottrina, vescovi in primis, eppure spesso tolleranti, quando non addirittura concordi?
Preoccupa e spaventa, inoltre, come ancora una volta il Gruppo di Impegno citi le parole di Papa Francesco, per giustificare le proprie posizioni culturali ed ecclesiali: v’è in merito da fare una seria riflessione circa l’opportunità di chiarire quanto chiaribile e di evitare l’evitabile. Per secoli, i pontefici non hanno rilasciato interviste, impegnati a ribadire la Verità di Cristo coi propri atti di Magistero, anziché sulle prime pagine dei giornali. Evidentemente avevano le loro ragioni…

(Fonte: Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 22 gennaio 2014)

venerdì 17 gennaio 2014

«I preti autori di scandali danno al popolo un pasto avvelenato»

«Ma ci vergogniamo? Tanti scandali che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo...». Papa Francesco celebra la messa nella Casa Santa Marta e torna a parlare della corruzione nella Chiesa. Gli scandali, ha spiegato Bergoglio, avvengono perché non c'è un rapporto vivo con Dio e con la sua Parola. Così, sacerdoti «corrotti», invece di dare «il pane della vita», danno un «pasto avvelenato» al popolo di Dio.
Il Papa, come si legge dal resoconto pubblicato da Radio Vaticana, ha commentando la lettura del giorno e il salmo responsoriale dov'è descritta la sconfitta degli israeliti da parte dei filistei. In quell'epoca, ha spiegato Francesco, il popolo di Dio aveva abbandonato il Signore e si diceva che la Parola di Dio era «rara». Gli israeliti per combattere i filistei utilizzavano l’arca dell’alleanza, ma come una cosa «magica», «una cosa esterna». Così vengono sconfitti e l’arca cade in mano ai nemici. Ciò che manca è la fede vera in Dio, nella sua presenza reale nella vita.
«Questo brano della Scrittura - ha detto il Papa - ci fa pensare come è il nostro rapporto con Dio, con la Parola di Dio: è un rapporto formale? È un rapporto lontano? La Parola di Dio entra nel nostro cuore, cambia il nostro cuore, ha questo potere o no, è un rapporto formale, tutto bene? Ma il cuore è chiuso a quella Parola! E ci porta a pensare a tante sconfitte della Chiesa, a tante sconfitte del popolo di Dio semplicemente perché non sente il Signore, non cerca il Signore, non si lascia cercare dal Signore! E poi dopo la tragedia, la preghiera, questa: "Ma, Signore, che è successo? Hai fatto di noi il disprezzo dei nostri vicini. Lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno. Ci hai reso la favola delle genti! Su di noi i popoli scuotono il capo"».
Francesco ha fatto quindi un riferimento esplicito agli scandali della Chiesa: «Ma ci vergogniamo? Tanti scandali che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo… Sappiamo dove sono! Scandali, alcuni che hanno fatto pagare tanti soldi: sta bene! Si deve fare così…. La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici? La Parola di Dio in quegli scandali era rara; in quegli uomini e in quelle donne la Parola di Dio era rara! Non avevano un legame con Dio! Avevano una posizione nella Chiesa, una posizione di potere, anche di comodità. Ma la Parola di Dio, no! "Ma, io porto una medaglia"; "Io porto la croce"… Sì, come questi portavano l’arca! Senza il rapporto vivo con Dio e con la Parola di Dio! Mi viene in mente quella Parola di Gesù per quelli per i quali vengono gli scandali… E qui lo scandalo è venuto: tutta una decadenza del popolo di Dio, fino alla debolezza, alla corruzione dei sacerdoti».
Francesco ha concluso l'omelia con un pensiero al popolo di Dio: «Povera gente! Povera gente! Non diamo da mangiare il pane della vita; non diamo da mangiare - in quei casi - la verità! E persino diamo da mangiare pasto avvelenato, tante volte! "Svegliati, perché dormi Signore!". Questa sia la nostra preghiera! "Destati! Non respingerci per sempre! Perché nascondi il tuo volto? Perché dimentichi la nostra miseria ed oppressione?". Chiediamo al Signore di non dimenticare mai la Parola di Dio, che è viva, che entri nel nostro cuore e non dimenticare mai il santo popolo fedele di Dio, che ci chiede pasto forte!».
Sono diversi e ancora alla ribalta delle cronache gli scandali di cui parla Francesco. Da quelli legati agli abusi sessuali sui minori a quelli più strettamente finanziari che hanno travolto uomini e strutture legate alla Chiesa, come pure ordini religiosi.

(Fonte: Andrea Tornielli, Vatican Insider, 16 gennaio 2014)

 

I Gesuiti cambiano: espulso prete progressista

La scorsa settimana la Compagnia di Gesù ha espulso uno dei suoi più noti esponenti negli Stati Uniti, l’attivista progressista padre John Dear. Padre Dear ha ricevuto due separate notifiche, una da parte del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás, che cita la sua «ostinata disobbedienza», e una dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica della Santa Sede. La stampa statunitense si chiede se Papa Francesco, che conosce il caso, farà un tentativo personale per riportare nell’ovile la pecorella smarrita. Non è impossibile, ma la situazione appare complicata.
Già tre anni fa l’arcivescovo della sua diocesi di residenza, Santa Fe nel New Mexico, aveva sospeso a divinis Padre Dear, il quale dunque ora – espulso dai Gesuiti – rimane un sacerdote cattolico ma non può esercitare lecitamente il suo ministero. In una durissima dichiarazione pubblicata il 7 gennaio Padre Dear scrive che è improbabile che un vescovo americano lo accolga e rimuova gli effetti della sospensione e che al momento «non è sicuro che resterà un prete».
Padre Dear rimane uno degli autori più popolari nel mondo cattolico progressista americano. I suoi libri dominano le classifiche nelle librerie cattoliche. Dear è soprattutto noto per il suo pacifismo radicale. È stato arrestato 75 volte negli Stati Uniti per atti di boicottaggio e proteste illegali contro l’Esercito, le accademie militari, la guerra in Afghanistan, la guerra in Iraq, e per il suo supporto a gruppi radicali palestinesi, compresi alcuni accusati di atti terroristici. La sua violenza verbale contro lo Stato d’Israele va molto al di là delle legittime critiche che altri possono formulare nei confronti del governo israeliano, e ricorda piuttosto la retorica dell’ultra-fondamentalismo islamico.
Lo scontro con la Compagnia di Gesù e la Santa Sede non è tuttavia avvenuto sul tema del pacifismo, ma su quello della disobbedienza sistematica alle direttive dei superiori su dove Dear deve risiedere e a quali manifestazioni ed eventi è opportuno che partecipi. Tra le materie del contendere c’è la partecipazione del gesuita a manifestazioni critiche nei confronti della Santa Sede e dei vescovi di Pax Christi U.S.A. e di Call to Action, un’organizzazione ultra-progressista le cui posizioni sono agli antipodi del «Catechismo della Chiesa Cattolica» in materia di omosessualità, riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali e adozioni da parte di coppie dello stesso sesso.
Nell’ambito delle manifestazioni di Call to Action, Padre Dear ha anche richiesto «una campagna di un milione di lettere per chiedere al Vaticano l’ordinazione delle donne». Com’è noto, si tratta di una questione che – come ha confermato Papa Francesco – non è oggetto di legittima discussione nella Chiesa Cattolica. «Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo Sposo che si consegna nell’Eucaristia, è una questione che non si pone in discussione», ha scritto Francesco nell’esortazione apostolica «Evangelii gaudium».
Dear tiene anche ritiri – a pagamento – insieme a monache buddhiste in discussi centri zen, i cui programmi vanno molto al di là del legittimo dialogo interreligioso e tendono a presentare Gesù Cristo come uno dei tanti maestri di saggezza della storia dell’umanità, favorendo l’equivoco e il sincretismo.
La dichiarazione del 7 gennaio è, da questo punto di vista, disonesta, perché Padre Dear lascia intendere di essere stato punito esclusivamente per le sue posizioni ultra-pacifiste – che certamente, nella loro radicalità unilaterale, contraddicono a loro volta il «Catechismo della Chiesa Cattolica» – ma non parla di altre questioni che lo hanno messo in urto con la gerarchia cattolica in materia di ordinazione delle donne, omosessualità e sincretismo tra le religioni. 
Naturalmente – e sfortunatamente – i religiosi che la pensano come Padre Dear negli Stati Uniti sono migliaia, e qualcuno potrebbe chiedersi perché la Santa Sede abbia deciso d’intervenire in questo singolo e specifico caso e non in altri. Probabilmente si è tenuto conto del fatto che Padre Dear è un autore molto letto e un volto noto della televisione statunitense, per cui era particolarmente urgente chiarire che, quando si esprime, non parla a nome della Chiesa Cattolica. Qualche conservatore ha scritto che una rondine non fa primavera e che il bicchiere di un’azione incisiva volta a disciplinare i religiosi ribelli americani rimane mezzo vuoto. Lo penso anch’io. Ma meglio mezzo vuoto che vuoto del tutto. E chissà che la rondine non sia un preannuncio di primavera. 

(Fonte: Massimo Introvigne, Nuova Bussola Quotidiana,16 gennaio 2014)

 

Il blitz: sì a matrimonio e adozioni gay (ma non solo). E se non la pensi così, vieni “rieducato”

Eccolo il colpo di mano, fatto quasi alla chetichella, zitto zitto, senza dare nell’occhio, strategicamente non strombazzato dai quotidiani “amici” sul web. Se non fosse stato per alcune dichiarazioni rilasciate dagli esponenti del centrodestra, sarebbe quasi passato inosservato. Sì, perché le medicine amare si danno goccia dopo goccia, bisogna far abituare l’opinione pubblica, cloroformizzarla. Il pacchetto su cui la senatrice Rosaria Capacchione, relatrice del ddl omofobia, ha dato il proprio parere positivo è “ricco”: sì al matrimonio per le coppie dello stesso sesso, sì alle adozioni da parte degli omosessuali, in cella chiunque non la pensi così e dopo il carcere l’obbligo di lavorare gratis per le associazioni Lgbt, e cioè lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Il piatto è servito, la sinistra è pronta a brindare, voleva fare il colpaccio e lo sta facendo. «Il Pd è in preda a una deriva estremista – ha detto il senatore azzurro Lucio Malan – sono a rischio la libertà d’opinione, la libertà religiosa e la libertà di educazione dei figli. Chi nell’ambito della maggioranza non vuole avallare questa deriva estremista deve trarre le conseguenze al più presto e togliere l’appoggio a questo esecutivo che ha deciso di attaccare a testa bassa la famiglia». Il trucco della sinistra c’è, perché per l’omofobia sarebbe bastato approvare la proposta di un’aggravante specifica per i reati contro la persona. Evidentemente si gioca sulle parole per introdurre una “rivoluzione” atta a decapitare il concetto di famiglia. È infatti incredibile che si voglia introdurre la rieducazione obbligatoria presso le associazioni gay di chi si dice pubblicamente contrario al matrimonio o all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. O almeno sarebbe incredibile in un Paese dove c’è la libertà di pensiero. L’Italia lo è ancora?

(Fonte: Francesco Signoretta, Il secolo d'Italia, 16 gennaio 2014)

 

venerdì 10 gennaio 2014

Se la chiarezza non ci viene dal Papa, da chi mai dovrebbe arrivarci?

Queste non sono che due righe scritte con vero sconforto da un povero cattolico qualsiasi come il sottoscritto, che, anche per ragioni di età, era abituato al fatto che c’era una figura in cui riporre la propria fiducia, il prete, e che comunque, se questo prete era magari incapace, confuso, da Roma arrivava sempre il giudizio sicuro, la parola definitiva, che tranquillizzava il fedele e soprattutto lo confermava nel Magistero che da sempre la Chiesa aveva espresso. Tutto ciò rispondeva a un’esigenza non solo della vita spirituale, ma anche del banalissimo – ma tanto sano! – buon senso, perché se la Chiesa è depositaria della Verità, da essa non possono che arrivare parole chiare, nette, a tutti comprensibili.
Ora, qualcuno mi sa dire, per favore, cosa significhi un’affermazione di questo tipo: “Le Coppie gay pongono sfide nuove, non diamo ai loro figli vaccini anti-fede”? Io, povero cattolico qualsiasi, stento a capirne il significato.
Naturalmente su affermazioni di questo genere la stampa si getta gioiosamente. Tanto per citare qualche testata, Il Messaggero, Il Sole 24ore, La Stampa,Tgcom24, e così via.
All’origine di questo tripudio, c’è la notizia sull’Avvenire, che rimanda a quanto pubblicato ieri da Civiltà Cattolica sull’incontro che il Papa ha tenuto nello scorso mese di novembre con 120 Superiori Generali dei vari ordini religiosi. Vado a vedere anche il testo di Civiltà Cattolica e non trovo conforto al mio smarrimento, tanto più quando mi capita di leggere che il concetto di “fraternità” viene associato a una strana comunità come quella di Taizè, dove “ci sono monaci cattolici, calvinisti, luterani… tutti vivono veramente una vita di fraternità”.
Ma allora fraternità vuol dire sincretismo? Con tutta la mia ignoranza, so per certo che Lutero era un eretico e che portò immensi danni, non solo alla Chiesa cattolica, ma allo stesso sviluppo della civiltà, proprio perché chi insegna il falso può portare solo danni.
Poi mi capita di leggere che i pilastri dell’educazione sono “trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede”. Qui mi domando: quale fede? La Fede cattolica, unica vera Fede? Ma allora, anzitutto il pilastro dell’educazione non dovrebbe consistere nel trasmettere la Parola di Verità, dalla quale discendono tutte le altre? O vogliamo solo fare un galateo?
E, perdonatemi, cosa vuol dire “Bisogna formare il cuore”, altrimenti si formano “piccoli mostri”?
Una cosa so per certo, come cattolico e come genitore: se da una parte si prende atto (e come si potrebbe non farlo?) del fatto che ormai esiste un grandissimo pasticcio, per cui le famiglie sane, normali, sono sempre di meno, e sempre più abbiamo giovani smarriti perché hanno perso proprio quella sicurezza che ha sempre dato la famiglia, d’altra parte non ho letto una parola contro gli aberranti progetti politici di disgregazione della famiglia.
Ho letto solo che dobbiamo trovare nuovi modi di approccio ai giovani che si trovano nel gorgo di pseudo-famiglie irregolari, per non dire di mostruosità come le unioni tra pervertiti o pervertite. “Dobbiamo trovare”, ma peraltro non si dice come. Di certo, altrettanto non si dice una parola di ammonimento a quei politici che si apprestano a dare alla già vacillante famiglia gli ultimi colpi di piccone, alla tremenda responsabilità che si assumono davanti a Dio e davanti agli uomini. Nulla, zero.
Di sicuro so che, cattolico e padre di famiglia, dovrò muovermi a tutela dei miei figli, avendo a mente la Tradizione e il Magistero della Chiesa, che in materia di morale familiare sono  sempre stati chiarissimi.
Di sicuro ci sarà chi esprimerà il suo disappunto perché noi “non faremmo altro che criticare il Papa”. Nossignori. Questa non è una critica. È, ribadisco, lo sconforto di un cattolico che sempre meno trova nei Pastori una guida sicura e chiara. Mi interessa ben poco che domani qualche voce, ben più dotta della mia, mi spieghi che non ho capito niente e che in verità dove si diceva “A, B e C” si voleva dire in verità “X, Y e Z”.
Per il Vicario di Cristo ho tutto il rispetto e l’amore filiale. Ma mi sento di pretendere da Lui (si, ho detto proprio “pretendere”) parole chiare, inequivoche, che possa anch’io capire al volo. Con le parole equivoche si è arrivati ad avere un Papa – e questo addolora tutti i cattolici – che è stato nominato “Uomo dell’anno” da una rivista americana che si fa portavoce degli invertiti. Vi pare un bel risultato? Vi pare un bel risultato che un povero pervertito, quel tale Fabrizio Marrazzo, portavoce del “Gay Center” dica “Da Bergoglio viene ancora una volta una riflessione che contrasta la cultura figlia dell’omofobia. La sua è un’attenzione inedita per un pontefice a cui bisogna guardare con fiducia”? (vedi sul Messaggero).
Preghiamo per la Chiesa, preghiamo per il Santo Padre. Preghiamo per la nostra povera Italia, già centro della Cristianità, che si appresta a lanciarsi nel vuoto di leggi perverse senza che la voce dei Pastori si alzi, forte e chiara, a fermare questa rovina.

(Fonte: Michele Majno, Riscossa Cristiana, 4 gennaio 2014)