
sabato 26 luglio 2008
E i Gesuiti milanesi sdoganano l’omosessualità...

Da Roma a Lourdes, la bandiera multicolore della pace

Ma veniamo al fatto e al protagonista. Il protagonista: si tratta di monsignor Luigi Moretti, vescovo ausiliare di Roma, vice del cardinale Agostino Vallini (a sua volta vicario del Papa) e assistente ecclesiastico nazionale della Unitalsi (l'organizzazione che organizza pellegrinaggi per i malati): un personaggio di tutto rispetto. Il fatto: otto mila persone, tra cui 3mila bambini, otto treni speciali, 5 aerei da ogni parte d'Italia, per il pellegrinaggio a Lourdes (dal 22 giugno al 27 giugno).
Domenica scorsa, il vaticanista di Rai Uno, Aldo Maria Valli, nella trasmissione che precede la Messa, manda il servizio sull'avvenimento e un'intervista allo stesso monsignore.
Scorrono le immagini, ben note ai fedeli e conosciute in tutto il mondo: Lourdes, le piscine, la spianata, la grotta delle apparizioni, il ruscelletto con l'acqua miracolosa che scende dalla roccia.Ma ecco che le telecamere inquadrano, proprio ai piedi della statua della Vergine, uno sgargiante bandierone multicolore. Si vorrebbe non credere ai propri occhi: ma sì, è il noto drappo arcobaleno, icona del pacifismo unidirezionale, ateo e anche un tantino gay. A srotolarla ai piedi di Maria tra i lumini e le fiaccole votive sono i pellegrini italiani guidati dall'arcivescovo Moretti, anzi i "Bambini di pace" (questo era il titolo del pellegrinaggio). Un'apparizione che in quel luogo ha dell'incredibile.
Beh, niente contro la pace, il disarmo e la non violenza. Ci mancherebbe.
E poi ciascuno è libero di seguire le bandiere che vuole. Ma a Lourdes, non è poi così normale assistere alla benedizione di vessilli, sandaline e gagliardetti che nulla hanno a che vedere con la Croce di Cristo o il Rosario di Sua Madre. Tutto, ma non quello straccio. Ci sarebbe stato bene, al limite, anche un tifoso interista, in ginocchio alla grotta per la grazia ricevuta dello scudetto. Almeno il frescone verrebbe a ringraziare, mica a far consacrare dalla Vergine simboli di paranoie universali. Portare invece l'arcobaleno di stoffa e stenderlo ai piedi di Maria, è sintomo, ad essere caritatevoli, di confusione mentale, prima che religiosa.Ma se consultiamo la dottrina (Lourdes oblige) il verdetto è preoccupante: riduzione dell'avvenimento cristiano a teosofia, innaffiata con acqua di new age mixata a precetti massonici. Gesù Cristo, frullato in questa salsa indiana ed esoterica, diventa un rottame non più riciclabile, risalente alla passata Età dei Pesci. Adesso, predicano i guru new age, il peccato è scomparso, non c'è bisogno di un Salvatore: siamo nella Nuova Era dell'Acquario dove la perfezione si compra al supermarket dell'umanesimo terapeutico.Caspita, direte voi: tutta questa cagnara per un semplice straccio colorato!
Beh, a picchiare duro sulla bandiera arcobaleno è la stessa Chiesa cattolica: proprio il 20 giugno scorso (due giorni prima del pellegrinaggio dei Bambini pacifisti a Lourdes), l'Agenzia vaticana Fides pubblicava un lungo articolo sul significato, appunto, della bandiera della pace. Che fa piazza pulita, finalmente, del "pio-pio" pretino su questo tema. Si chiede la rivista: «Come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la Croce, come simbolo di pace? Sarebbe interessante interrogare uno per uno coloro che, forse anche inconsapevolmente, hanno affisso sugli altari, ingressi e campanili delle chiese lo stendardo arcobaleno». E ancora: «questi uomini e donne di Chiesa sanno qual è l'origine della bandiera d pace? Molti probabilmente no. Altri, pur sapendo, non se ne preoccupano più di tanto». Per concludere, al termine di una documentata analisi, che «la bandiera arcobaleno è una valida sintesi per rappresentare questo sincretismo; infatti l'arcobaleno rappresenta il passaggio dall'umano verso il super-uomo divino». Insomma, l'odore di zolfo che sente l'articolista è fortissimo: se preti e parroci hanno le narici intasate, la smettano di menare il torrone pacifista e vedano di ficcare subito la testa nel catino dei suffumigi per liberarsi dal tappo. Evidentemente, l'arcivescovo Moretti, non ha letto l'articolo di Fides, oppure l'ha letto ma non lo condivide. In tal caso, forse farebbe bene a smentire pubblicamente le tesi vaticane. Per evitare malintesi e smarrimento tra i fedeli. Che, tuttavia, a queste misture gnostiche e al turibolare di incensi diversi (da Buddha a Visnù, dagli Incas a san Francesco, magari passando per uno sbuffo di hashish) sono già abituati: impossibile scordare le centinaia di bandiere arcobaleno penzolanti dai balconi cittadini e pure dalle finestre delle canoniche parrocchiali. Eppure, nessuno mai avrebbe osato pensare che il drappo sarebbe arrivato fino ai piedi della Madre di Dio. Portato, per giunta, da un arcivescovo. L'agenzia Fides lo definirebbe, dottrinalmente, un sacrilegio. Ma senza scomodare Belzebù, più semplicemente, quell'immagine trasmessa da Rai Uno appare più uno svarione, un'intemerata senza capo né coda. Un tiro alla “viva il parroco”, appunto. Resta comunque il fatto che a Lourdes qualsiasi bandiera diversa da quella mariana sarebbe decisamente un attentato al buonsenso e pure al buoncostume. Figuriamoci la multicolore dalla storia così impresentabile e imbarazzante, e non solo per i cattolici. Nei messaggi lasciati in consegna a Bernardette Soubirous, la Madonna raccomandava preghiere e penitenze perché il mondo ritrovasse la vera pace, contro le trappole di Satana, propagatore di male e conflitti tra gli uomini. Mai, pensiamo, la Regina della Pace si sarebbe aspettata d'essere invocata dai suoi figli con uno dei simboli del Gay Pride. (Luigi Santambrogio, Libero, 10 luglio 2008)
Sul quarantesimo anniversario della «Humanae vitae»

Anzitutto. I firmatari sono un certo numero di gruppi ben noti per le loro posizioni contestatrici, che non si limitano al solo insegnamento sulla morale coniugale, ma riguardano molti altri argomenti (ad esempio l'ordinazione delle donne) e si pongono quindi da tempo in antitesi con il magistero della Chiesa. Quindi, nulla di nuovo. Inoltre, la lunghezza della serie dei gruppi nominati non deve impressionare, poiché si tratta spesso delle diverse sezioni nazionali dello stesso gruppo, e diversi gruppi sono assai poco significativi.
Inoltre, l'accusa più dura, che cioè la posizione cattolica sia causa della diffusione dell'Aids, e quindi di dolore e di morte, ostacolando politiche illuminate di sanità pubblica, è manifestamente infondata. La diffusione dell'Aids è del tutto indipendente dalla confessione religiosa delle popolazioni e dall'influsso delle gerarchie ecclesiastiche, e le politiche di risposta all'Aids fondate principalmente sulla diffusione dei preservativi sono largamente fallite. La risposta all'Aids richiede interventi ben più profondi e articolati, in cui la Chiesa è attiva su molti fronti.
Ma soprattutto, la "lettera" non tocca neanche da lontano la vera questione che è al centro della Humanae vitae, cioè il nesso fra il rapporto umano e spirituale fra i coniugi, l'esercizio della sessualità come sua espressione e la sua fecondità. In tutta la lettera, la parola "amore" non compare mai. Sembra che ai gruppi firmatari questo non interessi per nulla. Nella sola contraccezione sembra risiedere per essi la sola speranza delle coppie e del mondo. Per capire il significato dell'Enciclica e il suo valore "profetico" sarebbe bene invece rileggere il discorso del Papa del 10 maggio scorso ai partecipanti al Convegno tenuto in Laterano appunto per il 40° della Humanae vitae.
Del resto, è evidente che non si tratta di un articolo che esprima una posizione teologica o morale, ma di una propaganda a pagamento a favore dell'uso dei contraccettivi. Viene anche da domandarsi chi l'ha pagata e perché». (Padre Lombardi, L'Osservatore Romano, 26 luglio 2008)
giovedì 10 luglio 2008
La fiera della vergogna riabilita persino Moretti

Tra voglia di stigmatizzare e desiderio di sminuire, il Vaticano accoglie gelidamente l'offesa che Sabina Guzzanti ha indirizzato al Papa dal palco di piazza Navona nel 'No Cav Day' di ieri sera. "La volgarità si qualifica di per se stessa", si limita a dire il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Sulla stessa linea il vicariato di Roma, che diffonde una breve nota per fare scudo al Pontefice, che è anche vescovo della capitale. La diocesi "esprime il suo profondo dispiacere per le parole offensive riferite al Santo Padre", afferma il card. Agostino Vallini, vicario del Papa da poche settimane. "Quanto avvenuto non merita ulteriori commenti". Non è la prima volta che si materializza uno scontro tra il Vaticano e la satira italiana. Il segretario personale del Papa, mons. Georg Gaenswein, ebbe a lamentarsi per le imitazioni papali di Fiorello e Crozza. Ad un concerto del primo maggio di due anni fa, poi, una battuta del comico Andrea Rivera in diretta tv fu subito bollata dall'Osservatore romano. "Anche questo è terrorismo", denunciò il foglio vaticano. Nuove scintille in occasione del gaypride, con ministri di sinistra in piazza e slogan "no vat" tra i partecipanti. Ma era un'altra stagione politica, il "cattolico adulto" Prodi suscitava qualche malumore nei Sacri Palazzi, la Cei e il vicariato romano erano guidati saldamente dal cardinale Camillo Ruini e tra le due sponde del Tevere la tensione era salita per il disegno di legge sui Dico. "Meglio contestati che irrilevanti", era il motto di Ruini, che si tradusse puntualmente in realtà con le minacce al suo successore, l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco.
Ora a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi, in Parlamento non c'è più la Sinistra, il Papa ha benedetto il "nuovo clima" politico e ha lodato i primi bagliori di una collaborazione bipartisan. Anche gli attacchi pubblici a Benedetto XVI e ai maggiorenti cattolici sembravano lontani. E invece, rotto il dialogo, sono riemerse le contumelie. E se la kermesse di piazza Navona mette in fibrillazione l'opposizione e la procura di Roma decide di aprire un'indagine sulle offese al Papa e a Napolitano, nella Chiesa cattolica italiana c'è chi intravede qualcosa di più profondo del cattivo gusto. Il sospetto è che i comici alla Guzzanti & Co. diano voce ad un anticlericalismo diffuso, ad un atteggiamento politico, alla stessa cultura che contestò la visita del Papa alla Sapienza. E' la "coscienza laica" del Paese, per il Servizio informazione religiosa dei vescovi (Sir), a "ribellarsi" alla "menzogna e all'ignoranza che formano la palude in cui nascono e crescono parole ed espressioni che ci rifiutiamo di credere che possano appartenere a un cittadino responsabile, a una persona che pensa e critica, credente o non credente che sia". Per l'Avvenire, dietro la Guzzanti & Co. c'è "un riflesso tipico del laicismo nostrano". "Qui non vale neppure l'alibi della satira", aggiunge il quotidiano della Cei, che poi, con un'espressione ripresa da Berlusconi, afferma che "è solo squallida spazzatura".
martedì 8 luglio 2008
Donne e gay sacerdoti? I tradizionalisti anglicani si oppongono e aprono il dialogo con il Vaticano

La Comunione anglicana, forte di circa ottanta milioni di fedeli sparsi per il mondo e concentrati soprattutto nei Paesi anglofoni, e' spaccata sostanzialmente in due sull'ammissibilità della consacrazione vescovile di donne prete e di preti gay. A Gerusalemme, giusto una settimana fa, trecento vescovi tradizionalisti - in rappresentanza soprattutto di diocesi di Asia, Africa e Australia - sono arrivati ad un passo dalla scisma: hanno deciso di organizzarsi in ''chiesa dentro la chiesa'' con un proprio clero e con propri seminari e hanno avvertito che non riconosceranno piu' come indiscutibile autorità suprema l'arcivescovo di Canterbury, a loro giudizio succube dei liberali femministi e pro-gay. Si atterranno inoltre agli insegnamenti dottrinali del passato, respingendo tutti gli sforzi di ''aggiornamento''.
Un altro cruciale capitolo di questa sconquassante battaglia è in calendario nelle prossime ore, quando i 468 delegati del Sinodo Generale anglicano, riunito da diversi giorni all'Università di York, dovrebbero votare un pacchetto di ''misure di accomodamento'' a favore di quella parte di clero e di parrocchie contrarie alla prospettiva di avere a capo della loro diocesi un gay dichiarato o una donna. Secondo le rivelazioni del “Sunday Telegraph”, né confermate né smentite sia dalla chiesa anglicana che in ambito cattolico, i vescovi tradizionalisti avrebbero avviato contatti con il Vaticano all'insaputa dell'arcivescovo di Canterbury (nella foto) per esplorare la possibilità di una ''maggiore unità con Roma''. A quanto sembra, questi abboccamenti non preludono ad una clamorosa confluenza nell'alveo cattolico, ma sono in gran parte uno strumento di pressione per dare più peso al punto di vista conservatore all'interno del mondo anglicano. La 'fuga di notizie' sul “Sunday Telegraph” mentre e' in corso il Sinodo Generale - l'organo di governo della Church of England - e alla vigilia di un voto cruciale, non sembra un caso. Il 'casus belli' all'origine del dirompente scontro risale al 2003, quando gli anglicani tradizionalisti - molto vicini alla religione cattolica sotto il profilo teologico - reagirono esterrefatti alla nomina negli Stati Uniti di un prete apertamente gay, Gene Robinson, a vescovo del New Hampshire. Il disagio viene però da più lontano, almeno dai primi Anni Novanta, quando dopo furiose e sofferte polemiche la chiesa anglicana diede luce verde all'ordinazione sacerdotale delle donne e pagò questa novità con l'esodo di alcune centinaia di preti passati in blocco alla Chiesa cattolica. (Petrus, 6 luglio 2008)
L'audacia delle cose semplici. Gattuso ha provato a dirle

Così ha detto Rino Gattuso, in una conferenza stampa alla vigilia di Italia - Spagna in cui i cronisti si sono divertiti a provocare su Zapatero e unioni gay il coriaceo milanista. Gattuso, che è di Corigliano Calabro e ha una faccia come quella di mille suoi conterranei emigrati in tutto il mondo, ha dato una risposta semplice: per me, le nozze sono tra un uomo e una donna. Ma è audace, di questi tempi, dire una cosa semplice. L'Arcigay risentita ha annunciato che avrebbe tifato per la Spagna, e pazienza. Poi dalle colonne di Repubblica è giunta - breve, ironica - l'inevitabile ammonizione di Michele Serra. « I soldi -ha commentato grave Serra -non bastano a emancipare lo spirito, e dunque l'opinione di Gattuso rimane solidamente nell'alveo dell'eterna ingenuità popolare ». Per poi concludere: volendo, con tutti i soldi che Gattuso guadagna potrebbe comprarsi qualche giornale, e « addirittura » qualche libro in grado di spiegargli « come stanno le cose ». « Come stanno le cose » : che, naturalmente, stanno in un solo modo, e cioè quello condiviso da Michele Serra. Si legga qualche libro, quel calciatore ignorante, legga i giornali -Repubblica, possibilmente. C'è tutto un modo di essere di certi intellettuali in quelle dieci righe. Un uomo, a domanda, civilmente risponde: per la mia storia e la mia religione, il matrimonio è fra un uomo e una donna. Si può non essere d'accordo.
Replicare invece « leggiti qualche libro », « impara come stanno le cose », sembra fare riferimento a una verità oggettiva, a un dogma. Le cose « stanno » in un modo, e Gattuso, affetto da « eterna ingenuità popolare », colpevolmente lo ignora. Sotto la spocchia da maestro in cattedra di Serra emerge una nota aspra da chierico del politicamente corretto, che bacchetta chi devia dall'obbligatorio comune sentire. In realtà, un sondaggio fra gli italiani rivelerebbe che in moltissimi, pure nel rispetto per gli omosessuali, si riconoscono nella cosa semplice detta dal calciatore della nazionale: « Per me, le nozze sono fra un uomo e una donna ».
Tuttavia, nei media parla una classe di giornalisti e intellettuali che non proviene da questa cultura popolare, o la ha abbandonata -anche perché il vento soffiava in un'altra direzione. Così che leggendo certi quotidiani, ascoltando la radio, sembra spesso che l'Italia sia in preda a un'ansia di zapaterizzazione repressa da oscure forze clericali. Ma la « cosa semplice » detta da Gattuso è la stessa che -pure nella tolleranza e nel rispetto delle ' differenze' - direbbero i più degli italiani. « Popolari » forse, probabilmente non lettori chic e dunque non edotti su « come stanno le cose » ; tuttavia -diciamolo -la grande maggioranza. ( D'altronde, benché desueto, non è stato ancora abrogato un certo articolo della Costituzione, numero 29 ci pare, che « riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio » ). Si riproduce in Italia un ' gioco' mediatico che già è stato analizzato negli Usa: c'è una disparità culturale, religiosa e anche economica fra il media system e la popolazione, per cui spesso la realtà rappresentata dai giornali non è quella del Paese. E un calciatore di Corigliano Calabro, scampato grazie ai piedi ( e alla testa) al destino di tanta della sua gente, se tuttavia la pensa ancora come dalle sue parti incappa nella rampogna del catechista del pensiero corretto obbligatorio. (Marina Corradi, Avvenire, 26 giugno 2008)
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