sabato 14 marzo 2015

Berlusconi sfugge ai giudici ma non alla CEI

Vediamo un po’: cosa incombe sull’Italia per i prossimi mesi? Le unioni civili, segnatamente per coppie dello stesso sesso, sono già alla porta e giovedì hanno ricevuto un’ulteriore spinta dal Parlamento Europeo. Anche le adozioni da parte dei gay sono all’orizzonte, grazie a degli artifici giuridici. Il ddl Scalfarotto sull’omofobia è sempre lì, e potrebbe avere un’accelerazione in qualsiasi momento mettendo fuorilegge chiunque voglia sostenere che – legge o non legge – esiste una sola famiglia, quella naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
Sulla maternità, dopo che la Corte Costituzionale ha cervelloticamente dato il via alla fecondazione eterologa e stabilito il «diritto al figlio», ogni cosa ormai diventa possibile, compreso l’utero in affitto; le spinte in tal senso sono già forti. A fare da contorno a questo menù c’è poi la questione del divorzio breve, anzi immediato, di cui si sta discutendo in questi giorni; il problema dell’educazione sessuale che sta introducendo l’ideologia del gender nelle scuole, sin da quelle dell’infanzia; la martellante campagna per l’eutanasia. Il tutto poi si presenta in un contesto in cui gli spazi di libertà, soprattutto per i cattolici, si restringono giorno dopo giorno e arrivano a colpire anche l’obiezione di coscienza di quei medici che non vogliono partecipare alla strage degli innocenti. 
Ebbene, in tutto questo scopriamo che per il direttore del quotidiano dei vescovi italiani e per il segretario della CEI, mons. Nunzio Galantino, è invece prioritario sottolineare che una assoluzione in tribunale non coincide con una patente di moralità. Ovviamente Avvenire e Galantino si riferivano alla sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi nel cosiddetto processo Ruby.
Che le sentenze dei giudici riguardino i reati e non i peccati è una cosa talmente ovvia, che avere aperto bocca per affermarlo si spiega soltanto con l’accanimento - persino un po’ meschino - di chi ha problemi personali e politici con il leader di Forza Italia. Affari ovviamente di chi è coinvolto, ma il fatto che chi ha dato certi giudizi ricopra anche incarichi di responsabilità significa trascinare in modo indebito tutta la Chiesa italiana in una condanna morale di un personaggio pubblico, come del resto hanno interpretato tutti i maggiori quotidiani italiani. 
Certo, come spiega con precisione Tommaso Scandroglio in altro articolo, a volte i comportamenti privati inficiano l’azione pubblica; e sicuramente Berlusconi è personaggio che ha sempre suscitato opposti ed estremi sentimenti; ma lascia esterrefatti che sia il vertice dell’episcopato ad anticipare il Giudizio finale, e proprio quando a ogni pié sospinto si cita (male peraltro) il “chi sono io per giudicare”. Che poi questo accada proprio mentre a Strasburgo tanti bravi cattolici votano a favore di risoluzioni che sanciscono il diritto all’aborto e invocano le nozze gay, senza che dalla CEI si senta neanche un fiato, non è proprio un bel segnale. Qualcuno potrebbe essere portato a pensare che le rispettive opzioni politiche prevalgano sull’annuncio del Vangelo.
 
Fonte: Riccardo Cascioli, La nuova bussola quotidiana, 14 marzo 2015)
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-berlusconi-sfuggeai-giudicima-non-alla-cei-12073.htm
 

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