sabato 22 ottobre 2016

Se la Chiesa marcia con i Radicali

«La CEI guarda con attenzione a questa iniziativa e come Segreteria generale dà una convinta adesione». Le parole con cui il sottosegretario e portavoce della CEI, don Ivan Maffeis, ha comunicato l’adesione della Chiesa italiana Marcia per l’Amnistia, la Giustizia, la Libertà promossa dal Partito Radicale il 6 novembre a Roma, non chiedono di essere interpretate né contestualizzate, perché sono chiarissime. E con estrema chiarezza attestano come la stessa CEI che ieri ha ritenuto di non appoggiare eventi come la Marcia per la Vita o il Family Day, abbia fatto una tragica scelta di campo e oggi giaccia, scodinzolante, alla corte dei nipotini di Marco Pannella cui peraltro questa Marcia è dedicata. Certo, poi si potrà sempre dire come l’adesione – pardon, la «convinta adesione» – ad un evento non implichi per forza la condivisione dell’intero progetto politico di chi la promuove. Si potrà pure arrampicarsi sugli specchi affermando che Marcia per l’Amnistia, la Giustizia, la Libertà, in realtà, oltre che a Pannella è intitolata pure a Papa Francesco.
Il punto però, mi si passi l’espressione poco aulica, è che non siamo tutti scemi. E sappiamo bene che la Segreteria generale della CEI è nelle mani di un monsignore secondo cui Sodoma non è stata mai distrutta, che ha “contestato” le unioni civili con decisione impercettibile (ci sono «altre priorità», diceva…) e la cui ascesa a quella posizione è coincisa con uno scadimento palese del quotidiano Avvenire, ieri più battagliero che mai e oggi appiattito sul politicamente corretto, ridotto ad una surreale equidistanza tra il comunque discutibile Trump e l’abortista e guerrafondaia scatenata Clinton, a parlare male della Brexit nonché a dare ad eventi come il citato Family Day minor spazio, in prima pagina, di quello riservato da testate laiciste come Repubblica. Dunque la triste notizia dell’adesione della Marcia dei Radicali stupisce fino ad un certo punto, inserendosi in un percorso purtroppo già segnato e rispetto al quale risulta impossibile non porsi degli interrogativi: dove stiamo andando? E dove andremo a finire? Il prossimo passo? Una trasmissione della Bonino sulla tv dei vescovi italiani? Una rubrica di Cappato su Avvenire? Che cosa?
Sono dubbi che avanzo senza ironia, anzi con dispiacere. Perché so – come lo sanno in tantissimi – che la Chiesa italiana è anche, anzi soprattutto, composta da bravissimi sacerdoti, da pastori che hanno davvero, per dirla con Papa Francesco, l’«odore delle pecore» e non quello di Confindustria, sul cui giornale il Segretario generale delle CEI è casualmente editorialista. So pure che molti che leggono ancora Avvenire – inclusi alcuni che tutt’ora vi scrivono e collaborano – sono ottime persone nonché, in alcuni casi, cari amici. Tuttavia di fronte ad una Chiesa i cui vertici sbandano tanto clamorosamente, di fronte ad un disorientamento che si traduce in scandalo quasi quotidiano, credo sia impossibile tacere. Di più: credo sia doveroso alzarsi in piedi e scandire la propria indignazione. Scriveva l’indimenticabile Giovannino Guareschi (1908-1968) che «quando i generali tradiscono, abbiamo sempre più bisogno della fedeltà dei soldati». Beh, credo che vi sia mai stato bisogno, come oggi, di questa fedeltà. Non per coerenza fine a se stessa né per l’orgoglio di credersi migliori, ma per quel che, come cattolici, siamo chiamati a testimoniare. Senza l’obbligo di piacere a nessuno, figurarsi ai Radicali.

(Fonte: Giuliano Guzzo, campariedemaistre.com, 21 ottobre 2016)


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