venerdì 28 novembre 2008

Dio e le prove matematiche della sua inesistenza

Se l'evoluzionista Charles Dawkins (quello del "gene egoista") mi ripete in modo ossessivo che Dio non esiste e mi dipinge la religione come una droga (quando va bene) o come una malattia mentale (quando va peggio), un virus of the mind, per dirla come lui, il suo parere conta quanto quello del mio barbiere sullo stesso argomento (ma vi assicuro che dal barbiere, quelle rare volte che ci vado, parliamo d'altro).
Se scorgo sullo scaffale di una libreria un libretto di un professore inglese con prefazione di Piergiorgio Odifreddi, dal titolo Le prove matematiche dell'inesistenza di Dio, non me ne curo più di quanto non faccia con un articolo di Novella 2000 sul sesso degli angeli.
Non prendete questo mio atteggiamento per un dogmatico oscurantismo medievale o per un'innata avversione nei confronti degli scienziati. Che, anzi, sono letteralmente affascinato da questi investigatori instancabili dell'ignoto. E' solo che Dawkins, Odifreddi e il suo collega inglese, e molti altri, nel momento in cui cominciano a parlare "scientificamente" di Dio, addirittura "matematicamente", ne sanno quanto il barbiere o la cronista di Novella 2000, anzi, forse anche meno, in quanto il modello scientifico non è in grado di decidere l'ipotesi di Dio, né positivamente, né negativamente.
Di fronte a tali argomenti, uno scienziato serio, invece di scrivere libretti di sicuro impatto, ma di scarso valore, dovrebbe pronunciarsi per un sano e prudente (perché quando si parla di Dio non si sa mai) agnosticismo. Una sospensione di giudizio. Questo è l'atteggiamento non solo più sano, ma più corretto, perché le acquisizioni scientifiche sono sempre parziali e provvisorie e, soprattutto, si applicano ad oggetti misurabili, quantificabili. Per cui quando Dawkins sostiene che l'evoluzionismo obbliga ad essere atei, dice una sostanziale, colossale idiozia. Inoltre, sta abbandonando i confini del sentiero scientifico e si sta addentrano in quello della filosofia. Insomma, è fuori tema.
L'impostura è che questi signori, invece, ci tengono a presentarsi come scienziati.
In questi giorni si parla di Dawkins, perché il vecchione se ne va in pensione e pare che sia piuttosto disincantato e deluso: nonostante i molti libri che ha scritto contro la fede, la gente continua a credere. I suoi seguaci intanto si danno un gran da fare. C'è una bella e giovane giornalista, Ariane Sherine, che ha lanciato addirittura l'idea di una campagna pubblicitaria a favore dell'ateismo a Londra.
E così può capitare di vedere su uno di quei tipici bus londinesi il cartellone con su scritto (la traduzione è mia): "Probabilmente Dio non c'è. Ora smettete di disperarvi e cominciate a godervi la vita". Ovviamente il nemico numero uno da abbattere è il cristianesimo (pare che esistano diverse sette in giro che hanno proprio l'obiettivo principale di distruggerlo), e ancora una volta l'offensiva viene dal Regno Unito: l'ultima notizia è che ad Oxford stanno tentando di abolire il Natale e di sostituirlo con una più generica festa della luce invernale.
La battaglia in favore dell'ateismo è dunque combattuta in nome di una scienza che scienza non è. Semmai è scientismo, cioè un'ideologia, una filosofia, una specie di religione alternativa.
Recentemente Benedetto XVI ha evocato Galileo durante il suo saluto all'Accademia Pontificia, riunita in un convegno sull'evoluzione dell'universo alla presenza del cosmologo Stephen Hawking. Bene, il Papa ha ribadito che il "processo" è ormai definitivamente superato e che religione e scienza devono entrare (fatta salva la loro specifica autonomia) in un dialogo costruttivo. Ma se rispetto al suo predecessore Urbano VIII (quello della condanna di Galileo) Benedetto XVI (come già Giovanni Paolo II prima di lui) dimostra di aver imboccato la giusta strada del rispetto e del dialogo, gli scientisti dimostrano, invece, di essere rimasti bloccati nell'assurda pretesa di definire "come si va", o come non si va, in cielo. Cosa di cui invece non dovrebbero proprio occuparsi.
Forse Urbano VIII aveva già intravisto il pericolo di una scienza che diventa religione e che giudica la religione, tra l'altro senza nemmeno avere le prove di quel che sostiene (come nel caso di Galileo).
Pare che Hawkins abbia concluso il suo intervento confidando che tra breve la scienza, da sola, darà la risposta alle domande primordiali: Perché siamo qui?, Da dove veniamo?
"Non si accorge - commenta l'astrofisico Piero Benvenuti - che qualora questa sua profezia si avverasse, da quel momento in poi la Scienza e la Ricerca terminerebbero e non avrebbero più senso: come scienziato mi sembra una prospettiva molto triste e senza speranza".
Io penso che sia Hawkins, che Dawkins, che Odifreddi farebbero bene ad avere più senso della realtà, unito a un pizzico di umiltà. E a rileggersi continuamente (visto che tra l'altro, il Natale, quello vero, si avvicina) l'ammonimento saggio di Dante: «State contenti, umana gente, al quia; chè, se possuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria». (Gianluca Zappa, La Cittadella, 24 novembre 2008)

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