giovedì 25 settembre 2014

Chiesa Battista: ora anche la “Teologia Finocchia”, La Bibbia Gay, e una misteriosa “Confessione di Fede”

Il settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi Riforma, nel numero del 7 giugno, ci informa che nella chiesa battista di Mottola si è parlato della “teologia queer che vede nell’incarnazione un ‘travestimento’ di Dio, un Dio che è un Dio della Liberazione”.
L’articolo non spiega che cosa sarebbe la teologia queer. Queer è una parola che, nel suo significato più ampio, vuol dire “strano” o “obliquo”, ma nel passato era usato come dispregiativo per “omosessuale”. Un po’ come l’italiano “finocchio”, parola di per sé non negativa indicando un ortaggio con ottime qualità nutritive. Negli Usa, però, questo termine è stato rivendicato proprio da omosessuali più ideologizzati, con una sfumatura più raffinata, che avrebbe qualcosa a che fare con la teoria dei generi, secondo la quale, detto approssimativamente, essere uomo o donna è una questione di influenza ambientale ovvero scelta che non ha nulla a che fare con l’essere fisicamente maschio o femmina. Quanto alla teologia queer, secondo Wikipedia è quella che “cerca di indagare e di esplorare la sessualità umana e le identità di genere (gay, lesbiche, bisex, transessuale, transgender, ecc) e il loro rapporto con Dio”. e “si pone l’obbiettivo di far nascere una riflessione su Dio a partire dal contesto queer”. Mah!
Tra le “conquiste” di questi “teologi” vi è la “bibbia gay”, detta anche la Queen James Version. In inglese la traduzione più nota della Bibbia è nota come King James Version, cioè la versione del Re Giacomo, da James I. Secondo questi “teologi”, il Re Giacomo, che pure ingravidò la moglie almeno dodici volte, aveva anche relazioni sessuali con maschi, e veniva perciò chiamato Queen James, cioè Regina Giacomo. In realtà il nome di Regina deriva da un’accusa politica, secondo la quale il suo predecessore, Elisabetta, aveva governato da re, e lui – troppo debole – da regina. Questa cosiddetta nuova traduzione, è in realtà uguale alla versione del Re Giacomo, con la sola eccezione dei passi dove si condanna, esplicitamente o implicitamente, l’omosessualità. Pertanto, in Genesi 19, dove gli abitanti di Sodoma chiedono a Lot di portare fuori i due angeli “affinché li possiamo conoscere”, il verbo “conoscere”, lo stesso che in tutte le altre circostanze viene indicato per rapporti sessuali del tutto consenzienti, viene “tradotto”, o meglio falsificato, con “stuprare e umiliare”. L’argomento, insomma, sarebbe che gli abitanti di Sodoma sono stati puniti da Dio non perché volevano avere rapporti sessuali con gli angeli ospiti di Lot, ma perché volevano averli in modo non paritario e con la sopraffazione. Ma, salvo pensare che gli angeli non vedessero l’ora di fornicare con i sodomiti, nessuno aveva mai dubitato che il pericolo paventato da Lot era per l’appunto una violenza, peraltro evidentemente omosessuale, con l’ulteriore aggravante di avere come vittime degli ospiti, per di più angeli. Non c’era bisogno di fare una traduzione falsa per questo.
Molto più interessante, per il totale dispregio della verità, è la traduzione del passo di Levitico 18, “Non giacer carnalmente con un maschio: ciò è cosa abominevole”, falsificato con “Non giacere carnalmente con un maschio davanti all’altare di Moloch: ciò è cosa abominevole”. Un goffo tentativo di sostituire la proibizione di rapporti omosessuali con un monito contro l’idolatria. Sarebbe come sostituire “Non rubare” con “Non rubare per poi dare i soldi al tempio di Baal”, o “Non uccidere”, con “Non fare sacrifici umani agli idoli”, e certamente come sostituire “Non commettere adulterio” con “Non praticare la prostituzione sacra”.
Gli stessi trucchetti sono usati anche per gli altri passi che condannano l’omosessualità, ma ciò non soddisfa i curatori della “bibbia gay”, che preannunciano ulteriori falsificazione perché “la Bibbia è ancora piena di affermazioni che vanno contro al principio di eguaglianza e contraddizioni di cui non ci siamo ancora occupati”. Sembra di sentire certi “teologi”, e “teologhe” valdesi. Altro dettaglio interessante: mentre tutti le altre versioni della Bibbia sono presto consultabili su internet, questa si deve comprare.
L’articolo di Riforma si riferisce anche che nella riunione è stato “intenso… il momento in cui è stata recitata la confessione di fede di Bangkok”. Addirittura “recitato”! E pensare che noi, proprio su RIforma siamo stati ferocemente attaccati perché sosteniamo troppo la confessione di fede. E questi addirittura la recitano in un momento intenso. Peccato che non ci sia verso di sapere che cosa sia questa fantomatica confessione di fede di Bangkok, di cui l’unica menzione nell’oceano di internet è proprio nel resoconto della memorabile riunione di Mottola. Poiché queste cose, però, accadevano in una chiesa battista, vale la pena di citare la frase iniziale di quella che è tuttora conosciuta come “la confessione di fede battista”, quella del 1689:
“La Sacra Scrittura è l’unica, bastevole, certa e infallibile regola di ogni conoscenza di salvezza, di fede e obbedienza.”
Sospettiamo che la confessione di Bangkok dica ben altro.
Paolo Castellina chiosa in proposito: “Prima che qualcuno ci dia degli ignoranti, la “Confessione di Fede di Bagkok” è propriamente detta: “Dichiarazione ed Appello di Bagkok” ed è stata prodotta nel 2009 dalla Conferenza Ecumenica Globale su Giustizia per i Dalit” del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Con il sottotitolo “Comunità giuste ed inclusive”, essa mira a difendere la dignità dei Dalit. Paria o dalit (o erroneamente intoccabili, ma la traduzione corretta è oppressi) sono definiti i fuori casta nel sistema sociale e religioso induista, includendo anche gli aborigeni indiani e gli stranieri.Gandhi si riferì ai dalit più poveri ed emarginati come agli Harijan, cioè “figli di dio”.Il diffuso termine paria è il singolare della parola paraiyar che sono il gruppo etnico dalit più cospicuo nel Tamil Nadu. Il termine “dalit” (in sanscrito dal significa “spezzare, spaccare, aprire”). Il movimento gay la utilizza strumentalmente per affermare che gli omosessuali sono una casta oppressa la cui dignità ed uguaglianza è da affermare”.
 


 

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