martedì 23 dicembre 2014

Anche a Bose è arrivato il visitatore

Sotto il profilo canonico la comunità di Bose è niente più che una "associazione privata di fedeli", approvata come tale nel 2001 dalla piccola diocesi di Biella, alla quale geograficamente appartiene.
A far da ostacolo a una sua approvazione da Roma come nuovo ordine monastico ci sono infatti almeno due elementi.
Il primo è che si presenta come una comunità mista, maschile e femminile, con momenti di vita comune, novità senza precedenti nel monachesimo.
Il secondo elemento è che è interconfessionale. Il pastore luterano svizzero Daniel Attinger vi fa parte dagli inizi e a lui si sono poi aggiunti altri protestanti, uomini e donne. Il metropolita ortodosso Emilianos Timiadis vi ha trascorso i suoi ultimi anni di vita e oggi fa parte della comunità di Bose, convertita all'ortodossia, la ex greco-cattolica Sophia Senyk, ucraina, già docente al Pontificio Istituto Orientale di Roma.
Dopo un'iniziale pratica dell'intercomunione, cioè dell'eucaristia celebrata e presa insieme da cattolici e non cattolici, vietatissima sia da Roma che dalle Chiese ortodosse, a Bose le liturgie sono celebrate separatamente, anche se i protestanti prendono abitualmente l'eucaristia consacrata dai cattolici.
Tuttavia, l'interconfessionalità di Bose non appare oggi preoccupare più di tanto le autorità vaticane. Tant'è vero che la scorsa estate Bianchi è stato nominato da papa Francesco, che lo ha in grande stima, consultore del pontificio consiglio per l'unità dei cristiani.
I problemi di Bose sembrano essere d'altro tipo e riguardano piuttosto i rapporti interni alla comunità.
Lo stesso Bianchi li ha adombrati già tre anni fa in un passaggio sibillino di un'intervista a "Jesus":
"Negli ultimi anni ho avuto l’esperienza della falsità, qui al nostro interno, non verso di me in particolare, ma verso tutta la comunità. Non pensavo di poter vivere, passati i sessant'anni, una tale destabilizzazione interiore da restare in alcuni momenti profondamente confuso. Non avevo mai provato questa esperienza: la cattiveria sì, la si può capire, ma la falsità non è nel mio orizzonte. È stata la prova più dura che ho sofferto nella mia vita nella Chiesa e nella vita monastica".
In un'altra intervista, in un libro sulla storia di Bose, Bianchi ha inoltre indicato nella convivenza tra uomini e donne nella stessa comunità un nodo "molto faticoso", non tanto per la naturale attrazione tra i sessi quanto piuttosto per quella invincibile "istanza di inimicizia" che a suo dire intercorre tra l'uomo e la donna fin dalle origini del mondo.
Anche il ricambio, a Bose, tra i nuovi ingressi e i non pochi abbandoni ha registrato negli ultimi tempi dei momenti di burrasca, in particolare con la fuoriuscita di due fratelli e di una sorella di primo piano, in forte polemica col priore.
Per non dire dei modi con cui Bianchi esercita la sua leadership, avvertita come troppo autoritaria da diversi membri dei due rami maschile e femminile della comunità.
Per evitare che la situazione degenerasse e sfuggisse al suo controllo, Bianchi ha quindi deciso di agire d'anticipo. Chiamando lui una visita canonica a Bose e scegliendo lui i visitatori: padre Michel Van Parys, già abate del monastero ecumenico belga di Chevetogne e ora egumeno del monastero di rito bizantino di Grottaferrata, e madre Anne-Emmanuelle Devêche, badessa della trappa di Blauvac, in Francia.
L'uno e l'altra sono amici d'antica data di Bianchi, specie l'abate Van Parys, assiduo frequentatore della comunità e relatore principale del convegno internazionale di spiritualità ortodossa tenuto lo scorso settembre a Bose:
> Conclusioni del comitato scientifico
I due visitatori hanno svolto la loro ispezione dal gennaio al maggio di quest'anno, consegnando infine le loro valutazioni a una "Charta visitationis" da loro firmata, di cui Bianchi ha consegnato copia alle autorità vaticane competenti e ai vescovi di Biella e delle altre diocesi in cui si trovano le quattro filiali della comunità: quelle di Ostuni (diocesi di Brindisi), di San Masseo (diocesi di Assisi), di Cellole (diocesi di Volterra) e di Civitella San Paolo (diocesi di Civita Castellana).
Nell'annuale lettera agli amici diffusa da Bose in occasione dell'Avvento, Bianchi ha aggiunto di aver anche fatto "esaminare la situazione economica della comunità da due professionisti revisori dei conti, per valutarne la correttezza e l’adeguatezza".
E ha precisato di aver ordinato la visita "affinché la comunità non viva mai un autocompiacimento, un ripiegarsi su di sé, una auto-referenzialità o, peggio ancora, una deriva narcisistica e settaria".
Nella "Charta visitationis", i visitatori hanno scritto di apprezzare nella comunità di Bose "la qualità di laboratorio di comunione tra le Chiese oggi separate".
Ma hanno anche formulato la richiesta che "l’esercizio delle diverse autorità in comunità non sia autoritario ma trasparente e sinodale".
Evidentemente, la sinodalità così cara a Bianchi nel predicare la riforma della Chiesa e del papato, a Bose è ancora di là da venire, se c'è voluta una visita canonica per rammentarla al suo autoritario priore.
 

(Fonte: estratto da: Sandro Magister, www.chiesa.it, 22 dicembre 2014)
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350955

 

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