venerdì 27 febbraio 2009

Grazie, Povia!

Qui si parlerà di Festival. Qualcuno storcerà il naso, come se l’argomento non fosse abbastanza serio e importante. Forse dimentica che il fenomeno Sanremo ha coinvolto milioni di persone. Sottovalutare le canzonette e il loro impatto (specialmente sul pubblico degli adolescenti) è un grave errore. Noi non lo faremo, perché siamo più che certi che la musica, e in particolare, la canzone, è in grado di influenzare la mentalità della gente e in qualche modo di formare il suo orizzonte culturale. Del resto la rivoluzione degli anni Sessanta non sarebbe stata la stessa senza la colonna sonora che l’ha accompagnata.
Insomma, il discorso è molto più serio ed importante di quello che possa sembrare.
Dunque, Sanremo e, soprattutto, Povia col suo brano “Luca era gay”. Felici che si sia piazzato al secondo posto. Felici che la sua canzone abbia fatto breccia e che stia ottenendo molto successo. Nonostante tutto il casino pretestuoso e violento creato dalle associazioni dei gay. Nonostante il disprezzo veramente eccessivo dimostrato da certi critici musicali (su tutti Mario Luzzatto Fegiz, che lo ha praticamente stroncato, salvando invece prodotti molto più scadenti e cantanti dalle performance a dir poco imbarazzanti). Nonostante l’astuta aggressione di Benigni, che rischiava di fargli intorno terra bruciata.
La vicenda di Povia è stata esaltante, oltre, ben oltre il concorso canoro. Il personaggio ha dimostrato di avere quel coraggio che aveva già palesato quando, unico tra i suoi colleghi, molto attenti a non mettersi contro certe lobby di potere, era intervenuto al Family Day di due anni fa. Stavolta ha scelto di raccontare una storia assolutamente scorretta: quella di un omosessuale che scopre la bellezza di essere eterosessuale, di trovare la donna della propria vita e di diventare padre.
Beh, signori, grazie, veramente grazie a Povia, perché con il facile ritornello che ha creato (“Luca era gay e adesso sta con lei”) costringe la gente a pensare a qualcosa di diverso dallo schema unico diffuso in tutti questi anni dai mass media.
Noi siamo da tempo bombardati da storie alla Cecchi Paone: l’eterosessuale che abbandona la moglie e scopre la propria omosessualità, innamorandosi di un bel ragazzetto “dagli occhi di cerbiatto”. Noi siamo bombardati dalla presenza invadente e continua di personaggi alla Cristiano Malgioglio, che ostentano quasi istericamente la propria diversità. Noi abbiamo saputo (senza assistervi) della vittoria di Luxuria sull’isola degli pseudo famosi. E come non dimenticare la Tatangelo all'ultimo Festival? E’ la santificazione dell’omosessuale, della quale la performance di Benigni è stata solo l’ennesimo capitolo.
Storie a senso unico. Protagonisti a senso unico. Schema a senso unico.
Uno schema, tra l’altro, estraneo alla stragrande maggioranza degli italiani, che invece hanno normalmente dei rapporti eterosessuali, come natura ha fatto gli uomini. Poi arriva un cantante coraggioso e lo schema va in frantumi.
Grazie a Povia per aver reso “normale” ciò che, paradossalmente, sembra diventato anormale, e cioè l’innamoramento di un uomo per una donna, l’esperienza più normale e primitiva e viscerale degli uomini su questa terra, ora e in migliaia di anni di storia.
Grazie per aver parlato della gioia di trovare la donna della propria vita, insieme alla quale fare l’esaltante esperienza della paternità. E della famiglia (per giunta!).
Grazie per aver sdoganato la parola “padre”, altra grande parola sottilmente espunta dal vocabolario (nella Spagna di Zapatero anche dalla Costituzione!).
Grazie a Povia per aver travolto con una canzone il dogma deterministico-biologico per cui omosessuali si nasce. Invece no, omosessuali si diventa, spesso per esperienze traumatiche vissute in famiglia, come quella del protagonista della canzone. Come quella di Oscar Wilde, proprio quel Wilde citato da Benigni, che ebbe un’infanzia molto simile al Luca di Povia: padre assente, madre possessiva ed invadente.
Grazie a Povia, perché la sua canzone potrebbe aiutare molte madri di quel genere (che scaricano le loro frustrazioni sui figli) a ripensare il loro atteggiamento, la loro nevrastenia, la loro violenza.
Grazie a Povia per la spettacolare testimonianza di libertà di opinione e di espressione, perseguita coraggiosamente contro l’oscurantismo della lobby gay, che avrebbe voluto mettergli il bavaglio. Grazie per quei cartelloni esposti alla fine di ogni performance sul palco dell’Ariston, che rivendicavano il diritto a quella libertà.
Grazie a lui e a tutti quelli che osano cantare ciò che di bello e di umano c’è nella vita. Nella vita di tutti i giorni, nella vita della maggior parte della gente comune, banale, dei poveri cristi che s’innamorano, mettono su famiglia e fanno figli, e che hanno diritto, ogni tanto, a sentirsi protagonisti di una canzonetta. A Sanremo.

(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 23 febbraio 2009)

1 commento:

Anonimo ha detto...

bellissimo articolo,

fratelli, alziamoci con più energia contro l'aberrazione omosessuale! combattiamo uniti contro questa schifezza!

ciao