giovedì 5 febbraio 2009

Lula & Carlà, da che pulpiti e quali prediche

L’Italia e il suo governo stanno dimostrando pazienza di fronte a comportamenti che vengono, in forma ufficiale o meno, da esponenti di primo piano di Paesi amici. Il governo e l’apparato giudiziario del Brasile hanno rifiutato l’estradizione di Cesare Battisti: il pluriassassino che si fa scudo di una presunta persecuzione politica. Battisti, che si era rifugiato in Francia per evitare di scontare la pena a cui è stato condannato per quattro omicidi commessi, era scappato in Brasile, contando evidentemente sulla connivenza delle autorità. Non si può ragionevolmente sostenere che in Italia non sono rispettati i diritti dei detenuti, che nelle nostre prigioni si pratica la tortura e che un omicida comune ed efferato era in realtà un combattente per nobili valori. Tutto questo è avvenuto poco dopo la visita del presidente brasiliano Lula in Italia, nelle quale era stata sancita una collaborazione più stretta tra le due nazioni sul piano economico e delle relazioni internazionali.
Nella stessa settimana abbiamo assistito alla performance della signora Sarkozy, la modella italiana Carla Bruni che recentemente, replicando sovratono alla battuta del premier Berlusconi su Barak Obama giovane, alto e abbronzato, aveva dichiarato di non volersi più considerare italiana. Salvo poi accettare alla velocità della luce un invito televisivo dalla televisione di Stato, anche se dalla Terza Rete e in un programma – quello condotto da Fabio Fazio – dichiaratamente di sinistra. In quella trasmissione la signora Sarkozy ci ha spiegato di essere considerata da suo marito «più complessa» di una semplice donna della sinistra, di avere propensioni progressiste perché si è sentita «toccata dai problemi che magari uno non ha» perché essere di sinistra «significa tener conto delle grandi ingiustizie».
Ed effettivamente nel mondo ci sono grandi ingiustizie, visto che Carla Bruni è arrivata a Milano (città dove si produce la trasmissione Rai) da sola, con un aereo privato, in tarda mattinata, per ripartire a registrazione conclusa, avendo potuto presentare due canzoni del suo prossimo disco, un disco che la radio francese trasmetterà con grande frequenza, anche per ottemperare alla legge che fa obbligo alle radio di Francia di mettere in onda per la maggior parte musica prodotta in patria. Una forma di “sostegno” obbligato alla musica leggera francese, che in realtà non porta all’affermazione di alcun cantante francofono, tenuto conto che la più famosa è proprio Carla Bruni, un’italiana che canta in francese e si vergogna in italiano.
Il comportamento di Lula e quello di Carla Bruni non sono paragonabili per valore politico. Li accomuna, però, la disinvoltura con cui entrambi dileggiano l’Italia e le sue istituzioni.

(Fonte: Giorgio Stracquadanio, il Domenicale, 31 gennaio 2009)

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