
Giulianone ha detto che non risparmierà nessuno, tranne il Papa. Altra buona, buonissima notizia. Ferrara, del resto, è il capofila di quegli strani laici devoti che sono la vera novità nel panorama culturale italiano. Finora, anche qui, l’unico modello imperante nella TV pubblica era quello di Corrado Augias, esponente di un anticlericalismo bigotto e retrivo. È bello e utile sentire una voce diversa, fuori dal coro.
Una voce, soprattutto, che non vuole essere ipocrita, come quelli che l’altro giorno sventolavano in piazza la Costituzione e ascoltavano il signor Ingroia, magistrato, che attaccava il Governo su una riforma della giustizia che non è ancora nemmeno approdata in Parlamento. Si può sventolare la Costituzione e assistere, contemporaneamente, alla sua distruzione. Questa è l’ipocrisia di cui parlo.
Ferrara ci andrà giù sicuramente in modo pesante, utilizzando il diritto alla libertà d’opinione che non può essere solo un privilegio dei Santoro, Saviano, Fazio e Travaglio. Già oggi ha denunciato, in un suo editoriale, che “la lotta faziosa di una parte dell’ordine giudiziario contro il potere legislativo, inaudita in un Paese liberale qualunque, è uno scandalo istituzionale”. E poi ha spiegato i tre semplici motivi per riformare la giustizia. Eccoli.
1) La separazione delle carriere è qualcosa di molto opportuno e del resto già in atto in altri Paesi. Il magistrato inquirente deve essere messo sullo stesso piano del difensore, mentre chi giudica deve stare al di sopra delle parti.
2) Anche il magistrato deve essere responsabile nei confronti dei cittadini nel momento in cui esercita la propria professione. Attualmente la legge non è uguale per tutti. I magistrati distruggono, quando sbagliano, delle persone, e non pagano mai. Bisogna cambiare.
3) Non si può essere processati una seconda volta dopo essere stati assolti: “Da noi il principio è che si può emettere sentenza in base al libero convincimento del giudice, un criterio meramente soggettivo. Bisogna invece che la libertà del giudice sia ancorata all’oggettività di una certezza come base per un giudizio nel giusto processo”.
Sulla riforma proposta dal Governo si sta registrando l’ampia convergenza dell’opinione pubblica e quella un po’ stiracchiata del cosiddetto terzo polo. D’altro canto è davvero difficile prendere una posizione pregiudizialmente contraria senza dare l’impressione che si stanno facendo degli interessi di casta (quella dei magistrati) o che, più semplicemente, non si vuole darla vinta a Berlusconi, semplicemente perché dopo non si potrebbe più dire che “non ha fatto niente”. Tanto più che è evidente che questa riforma avrà tempi lunghi per essere approvata, più lunghi dei processi che incombono sul premier. A parte il solito Di Pietro con i suoi peones, chi, come al solito, sta facendo una figuraccia è Bersani. Che ancora una volta è capace di dire solo un no pregiudiziale.
E, infine, chi si trova in mezzo al guado sono proprio i magistrati, fortemente tentati di difendersi come una casta, arrivando addirittura a minacciare uno sciopero (come se fossero tassisti) che è qualcosa di inconcepibile. Se il Giudiziario è un potere dello Stato, rilevava l’altro giorno Piero Ostellino, dispone di canali propri per far valere le proprie ragioni (e questo è il punto per il quale è del tutto deprecabile la performance di piazza del signor Ingroia, che non può difendersi con un semplice “ho espresso la mia opinione”). Lo spettacolo che certa magistratura ci sta offrendo è inquietante, “perché – scrive Ostellino – indice un tasso di degrado e di delegittimazione delle istituzioni che mina le basi stesse della nostra democrazia. (...) Qui è in discussione la credibilità dello Stato costituzionale”.
Insomma, c’è in ballo qualcosa di molto importante. Ed è per questo che saluto con gioia il ritorno di Ferrara in TV e che mi sintonizzerò quotidianamente con la sua Radio Londra. Abbiamo proprio bisogno di aria nuova e di qualcuno che abbia il coraggio di parlare fuori dal coro!
(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 13 marzo 2011)