mercoledì 12 settembre 2012

L’inganno di Flores D’Arcais: «Martini è morto per eutanasia, ora la legge»

La morte dell’ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini era un’occasione troppo ghiotta perché laicisti, anticlericali e pro-death non ne approfittassero per portare acqua alla loro ideologia, così come le associazioni di omosessuali hanno fatto per la morte di Lucio Dalla. Facendo finta di essere dispiaciuti della morte dell’insigne biblista, ne hanno strumentalizzato la vicenda per la promozione della legge sull’eutanasia e il suicidio assistito. Il tutto è avvenuto attraverso tre tipologie di tentativi:
PRIMO TENTATIVO: “Martini era attaccato alle macchine”:
Il primo tentativo è stato quello di far credere che il cardinale fosse attaccato a delle macchine che lo tenevano in vita, così da poterlo paragonare a Piergiorgio Welby. Ha scelto di imboccare questa strada Mario Riccio, medico anestesista e rianimatore all’Ospedale di Cremona, che nel dicembre 2006 ha ucciso Welby: «Martini è il Welby della Chiesa», ha affermato. Lo ha seguito subito Eugenio Scalfari, fondatore di “Repubblica” secondo il quale Martini «ha deciso di essere staccato dalle macchine che ancora lo tenevano in vita». Tentativo infelice, è stato fin troppo facile far notare che Martini non era attaccato a una macchina per continuare a vivere, come hanno spiegato i medici.

SECONDO TENTATIVO: “Martini ha disobbedito alla Chiesa rifiutando l’accanimento terapeutico”
La seconda tattica è stata quella di far credere che la Chiesa obblighi i suoi fedeli a sottostare all’accanimento terapeutico, e il card. Martini sia morto rifiutando tale imposizione. Questa è stata sicuramente la strada più battuta a livello statistico (qui riassunte bene), citiamo per esempio il militante radicale Federico Orlando, condirettore di “Europa”, quotidiano del Partito Democratico, il quale ha scritto: «il valore più alto che mio padre ci ha trasmesso» è stato «la dignità dell’uomo, come il rifiuto delle sante torture da parte del cardinale, che era parso eresia quando a contestarle fu il padre di Eluana Englaro». Da notare le “sante torture” per indurre che siano state “imposte dalla Chiesa”, e il paragone con Eluana Englaro, la quale -è fin troppo facile ricordare- non era in fase terminale, non subiva dunque accanimento terapeutico ed era in stato vegetativo, impossibilitata a comunicare.

Martini, al contrario, ha scelto coscientemente, come possono fare tutti i pazienti vigili, di non sottostare ad alcun accanimento terapeutico, ovvero di non farsi applicare un sondino per la nutrizione artificiale. Una morte dignitosa, dato che la Chiesa ritiene immorale l’accanimento terapeutico tanto quanto l’eutanasia. Infatti il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita, ha commentato: «Anch’io come Carlo Maria direi no a quelle terapie: l’accanimento terapeutico è rifiutato dalla Chiesa e da tutti i cattolici. Non solo è sconsigliato ma direi anzi che è proibito, come è proibita l’eutanasia. Così come non si può togliere la vita, allo stesso modo non la si può prolungare artificialmente». Il dottor Giovanni Zaninetta, medico presso la Casa di Cura “Domus Salutis”, ha puntualizzato: «Innanzitutto nel caso del Cardinale, non si è trattato di rifiutare una terapia che in qualche modo poteva tenerlo in vita, ma ha semplicemente accettato il decorso della sua malattia, che in progressivo peggioramento, non poteva essere in alcun modo fermata». «Il caso di Eluana fu ben diverso», ha continuato il medico «perché la sua situazione era stabile e accettare di sospendere le cure significava compiere un’azione che avrebbe portato alla fine della sua vita».
TERZO TENTATIVO (Flores d’Arcais): “La sedazione palliativa equivale all’eutanasia”
Quest’ultima tattica è stata la più cretina, scelta (non a caso) dal solo filosofo laicista Paolo Flores D’arcais. Qui il livello di strumentalizzazione ha raggiunto i massimi livelli: fingendo compassione per Martini, Floro Flores D’arcais ha ripreso la lettera che la nipote dell’ex arcivescovo di Milano, Giulia Martini, ha inviato a “Il Corriere della Sera”, dove racconta gli ultimi istanti di vita. Ha scritto la nipote: «Con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce l’hai fatta più, hai chiesto di essere addormentato. Così una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato». Una cosa normale, si chiama “sedazione palliativa” (o “farmacologica”), ovvero la somministrazione di un farmaco con lo scopo di far perdere la coscienza a un malato in fase terminale gravato dalla presenza di uno o più sintomi refrattari. La procedura esclude la somministrazione di farmaci letali e il risultato è quello di far dormire profondamente il paziente per evitarli sofferenze. Come ha scritto la “Rivista italiana di Cure Palliative”: «non ci sono prove che la sedazione terminale/palliativa accorci la vita», è un continuum delle cure palliative, e con essa «non esiste un’accelerazione della morte nei malati sedati. Anzi, cinque studi hanno evidenziato una maggiore sopravvivenza nei malati sedati». Occorre comunque stare attenti all’utilizzo, come si è scritto su “L’Osservatore Romano”, «la sedazione farmacologica è e deve restare pratica rara in cure palliative, riservata a quei casi che si trovano a pochissimi giorni dal naturale decesso, a volte a poche ore».

Tuttavia Flores D’Arcais ha pensato bene di far credere ai lettori de “Il Fatto” (noti per non essere proprio delle aquile) che la somministrazione della sedazione palliativa sia un privilegio (magari per i soli cardinali!) e poi che si possa identificare come un vero atto di eutanasia. «Carlo Maria Martini», ha scritto, «ha deciso, deciso liberamente e sovranamente, il momento in cui voleva perdere definitivamente conoscenza, non “vivere” più la propria agonia e la propria morte [...]. Carlo Maria Martini ha giustamente goduto della libertà di scegliere il momento in cui dire basta, essere sedato, non dover provare più nulla». Al contrario, ha continuato il filosofo, lo Stato e la Chiesa vorrebbero impedire che il malato si addormenti all’approssimarsi della morte, «per imporre al paziente ore e giorni di vigile sofferenza che vorrebbe rifiutare». Essere sedati/addormentati (come prima di un’operazione chirurgica, per intenderci) sarebbe per Flores D’arcais un «privilegio, mentre avrebbe dovuto godere di un diritto». E poi il tentativo subdolo: «ogni giorno in ogni ospedale italiano ci sono esseri umani, “soggetti deboli”, che rivolgono la stessa richiesta, essere definitivamente sedati, non dover provare più nulla mentre il loro organismo si avvia verso l’ultimo respiro, e che non vengono esauditi». Nella concezione di Paolo Flores D’Arcais, gli ospedali sono dei lager sovietici in cui i pazienti terminali sono costretti a rimanere vigili all’approssimarsi della morte.
Arrivato alla fine del delirio, il filosofo laicista ha quindi invocato «una “legge Martini” che stabilisca in modo inequivocabile il diritto di ogni malato di scegliere il momento in cui ricevere una sedazione definitiva che lo accompagni in perfetta e irreversibile incoscienza alla morte dell’organismo». Flores D’arcais vuole una legge che permetta la sedazione palliativa, già in uso in tutti gli ospedali? Non male come espressione di intelligenza laica…rimane comunque convinto che «la Chiesa gerarchica e i politici che ne sono succubi (quasi tutti, anche a “sinistra”) e gli atei devoti e i falsi liberali che imperversano nei media e il cui nome è Legione, troveranno mille cavilli per dire no». Peccato per lui che hanno già detto “si”, anzi la Chiesa ritiene addirittura le cure palliative «una forma privilegiata della carità disinteressata».
I casi sono due: o Paolo Floro Flores D’Arcais ha davvero confuso la sedazione palliativa con l’eutanasia e quindi è ancora più annebbiato di quanto tutti sospettano; oppure ha tentato il giochino sporco di scambiare appositamente le due pratiche per indurre una sollevazione mediatica/popolare. In ogni caso, ancora una volta, il filosofo laicista ne esce malconcio, una figura quasi peggiore di quella realizzata in una delle sue ultime apparizioni televisive.
 

(Fonte: UCCR, 8 settembre 2012)
 

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