Non è
delle olgettine, di feste, “signore” o “escort” – reali o meno – che si vuole
parlare in questo articolo, già fin troppo si è detto a riguardo. Chi scrive fa
di mestiere il docente e il ricercatore di storia, e conosce la storia: è bene
specificare questo perché chi conosce la storia non può far finta di
meravigliarsi perché un uomo di potere, per giunta fra i più ricchi del mondo,
abbia amanti e si diverta immoralmente: un conto infatti è la piena condanna
morale del fatto in sé, sulla quale non possono esservi dubbi, un conto la
consapevolezza empirica dell’animo umano: chi conosce la storia sa molto bene
quale presenza ingombrante siano molto spesso state le donne per gli uomini di
potere di tutti i tempi e luoghi.
In tal
senso, ben più insopportabile riesce l’intollerabile ipocrisia di schiere e
schiere di politici, giornalisti, “opinion-men and women” che si scandalizzano
per Berlusconi mentre da una vita si fanno paladini del sesso emancipato, della
famiglia allargata, della droga libera, dell’aborto, dell’omosessualismo, della
pornografia, ecc. ecc.Ma chi scrive è anche e anzitutto cattolico e ritiene che il problema che invece deve scandalizzare non solo moralmente ma anche politicamente è il fatto che con Berlusconi la rovina sta sempre nelle donne, ma non tanto quando si chiamano Polanco, Minetti, D’Addario o chissà come, quanto soprattutto quando si chiamano Prestigiacomo, Brambilla, Carfagna. Perché la colpa di costoro non è quella di essere andate o meno a qualche festa di Berlusconi, ma quella di cospirare, nel loro ruolo di ministre della Repubblica Italiana prima, e di onorevoli (con non lievi possibilità di ritorno alle cariche ministeriali) oggi, contro ogni residuo di civiltà cristiana ancora rimasto.
Minetti e D’Addario sono quello che sono, ma non cospirano contro l’ordine cristiano e naturale; le tre suddette deputate non sono invece Minetti e D’Addario, ma cospirano contro l’ordine cristiano e naturale.
E questo è il vero imperdonabile vulnus che Berlusconi, da sempre dichiaratosi cattolico, ha inferto ai cattolici italiani.
Nel 2011 il ministro Brambilla diede il patrocinio del Ministero del Turismo all’Expo del Turismo Gay che si tenne a Bergamo il 23-24 settembre. La motivazione era la seguente: «Trovo che nel nostro Paese il pregiudizio nei confronti dei gay sia ancora radicato oltre che ingiusto. Quindi anche il patrocinio ad una fiera specializzata può servire ad agevolare un cambiamento culturale di cui c’è davvero bisogno». Testuali parole della ministra, che, come noto, è anche convinta animalista, sempre in prima linea nella guerra alla caccia, nella guerra al Palio di Siena e perfino alle carrozzelle delle nostre città d’arte… In una parola, sempre in prima linea nella guerra alle nostre più antiche e sane tradizioni.
Ci sarebbe piaciuto poter rivolgere in quei giorni al Presidente del Consiglio la seguente domanda:
una ministra che è contro la caccia (come se i cacciatori fossero assassini, o come se prima o poi dovessimo tutti smettere di mangiare la carne per sempre: è forse questa la reale volontà della ministra? Vogliamo forse dirla la verità, e cioè che la Brambilla è un’animalista estremista, di quelle che odiano l’umanità in quanto tale e vogliono sovvertire l’ordine del creato?), che è contro il Palio di Siena, uno dei maggiori simboli per antonomasia della civiltà italiana, che è contro anche le carrozzelle, che da secoli accompagnano cittadini e turisti alla scoperta degli angoli meravigliosi e poco conosciuti delle nostre città d’arte, e di contro è a favore dell’omosessualismo e ha utilizzato un ministero della Repubblica per favorire la diffusione organizzata e perseguita di tale pratica, chi rappresenta? Gli Italiani? In particolare, gli italiani che hanno votato centro-destra? Soprattutto, i cattolici?
E non dimentichiamo la ormai più datata ed esperta Stefania Prestigiacomo, che in tempi non sospetti già si faceva paladina delle coppie di fatto e dei diritti degli omosessuali (quando era lei ministro delle Pari Opportunità assumeva specificamente “gay” al suo ministero). Chi rappresentava la ministra Prestigiacomo? Chi l’aveva voluta? Chi la vuole?
Stesso discorso per il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, che dopo una iniziale presa di posizione in difesa della famiglia naturale nel 2007 passò dall’altra parte della barricata, divenendo anch’ella (forse per consiglio del suo amico Italo Bocchino?) fiera e coerente sostenitrice dei cosiddetti “diritti” degli omosessuali.
Oggi la Carfagna, non è più ministro ma sempre sulla breccia berlusconiana, ne ha fatta un’altra delle sue: ha ufficialmente sostenuto la candidatura di Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica.
Credo che atto politico peggiore di questo non possa essere facilmente immaginato. I radicali stanno scomparendo da anni, e se non scompaiono è solo grazie all’aiuto dei media e di occulti e non occulti finanziatori. Ma, a parte questo, rappresentano quell’Italia degli anni Sessanta che oggi nessuno vuole più ricordare, nemmeno i più progressisti. La foto della Bonino che con una pompa di bicicletta attua un aborto a una donna è segno inequivocabile di cosa fossero (e siano) i cosiddetti “diritti civili” propugnati dalla cosiddetta “società civile” legata ai radicali, a Repubblica e al progressismo – anche “cattolico” – in genere.
La Bonino è assolutamente non solo indifendibile umanamente, ma anche insignificante politicamente ormai. Eppure, la si vuole rilanciare ancora una volta, come sorta di espressione mummificata del radicalismo femminista, abortista e antiproibizionista, simbolo di un mondo assolutamente minimale in termini numerici ma ancora potente mediaticamente ed economicamente. Quello che però è scandaloso, è che sia ancora una volta un’esponente del centro-destra a lanciare – addirittura verso il Colle del Quirinale – il sasso dell’aborto e della droga liberi, dei manicomi spalancati e dei terroristi assassini in parlamento, della dissoluzione di ogni forma di ordine naturale e civile.
Questo è intollerabile, e occorre che il mondo cattolico, che ancora vota per Berlusconi (anche magari solo per disperazione) se ne renda conto, pena la complicità morale.
Non basta dire che Berlusconi deve tenere i piedi nelle due staffe del mondo laico liberale da un lato e cattolico dall’altro nella speranza di tornare al governo. Proporre la Bonino al Quirinale non vuole dire tenere un piede in una staffa: vuol dire avallare il peggio della politica italiana per porlo al gradino più alto della Repubblica: e questo è inaccettabile e intollerabile, non trova alcuna giustificazione di alcun genere, tantomeno politica.
Sia ben chiaro: le tre ex ministre sono in fondo anche tre frustrate (come ogni tanto, cedendo alla loro natura femminile, danno a vedere), in quanto alla fine i governi Berlusconi non hanno ceduto quasi in nulla alle loro aberranti richieste. Ed è anzi loro merito l’avere almeno in parte costituito un muro all’avanzata delle lobby omosessualiste. E, sappiamo tutti molto bene, che un prossimo governo di centro-sinistra segnerebbe la catastrofe per l’Italia anche e anzitutto da questo punto di vista. Ma proprio per questo una Bonino al Quirinale sarebbe come aggiungere benzina all’incendio devastatore della sovversione anticristiana e antinaturale sempre più in atto.
Rimane quindi il problema di Berlusconi e delle sue donne, quelle delle feste e quelle dei ministeri. Sulle prime, possiamo indignarci, ma è un’indignazione morale e, in fondo, la sapienza della vita cristiana ci insegna che spetta a Dio il giudizio; sulle seconde invece dobbiamo indignarci, e il nostro senso morale, naturale e cristiano, ci impone di non accettare mai più la possibilità politica (ancor prima che morale) che simili deputate (e magari nuovamente ministre) possano usufruire dei fondi – che sono le tasse che noi paghiamo – e del potere mediatico e politico per sostenere ciò che è sempre moralmente e politicamente inaccettabile e condannabile. E in questo non possiamo e non dobbiamo aspettare il giudizio di Dio: questo è compito nostro.
Altrimenti saremo anche noi complici: non dell’Olgettina, ma complici del processo di distruzione della nostra civiltà.
Ciò che stiamo vivendo giorno dopo giorno, anno dopo anno, governo dopo governo, è un vero e proprio sconvolgimento della nostra identità spirituale, morale, civile, politica: mentre ci vogliono togliere la carne dai nostri piatti, il gusto del tutto naturale e virile della caccia, i cavalli dalle nostre carrozzelle, il Palio di Siena (e quindi tutte le altre tradizionali feste con animali, che sono decine e decine in tutta Italia) dalle nostre contrade, le feste dei santi patroni dalle nostre piazze, ci vogliono rifilare l’omosessualismo di massa come “progresso” doveroso, per raggiungere “un cambiamento culturale di cui c’è davvero bisogno” e ora anche l’abortismo e l’antiproibizionismo al Quirinale.
Per questo, alle prossime elezioni (vicine o meno che siano), dovremmo riuscire a far sentire tutto il peso del voto cattolico che ponga come ultimatum allo schieramento di centro-destra la cancellazione politica delle ministre e dei politici, sindaci e intellettuali arrivisti e di tutti coloro, maschi e femmine, che si rendano complici costruttori, dall’alto dei loro potentati, di un mondo rovinato, immorale e a-civile.
Non è più il tempo di indulgere sui valori non negoziabili, anche troppo lo abbiamo fatto. È tempo di lottare per salvare il nostro futuro, quello dei nostri figli e della nostra società e civiltà.
Qualcuno pensa che il centro-destra sia ormai immodificabile? Allora non si può più restare a guardare. E nemmeno soltanto a scrivere articoli su riviste o siti web di settore. Occorre iniziare a pensare e realizzare nuove forme di organizzazione civile e politica per porre freno allo sfacelo generale della nostra povera Italia. Non solo per ragioni – oggi giustificatissime e più che mai impellenti – economiche, quanto anzitutto per ragioni morali e civili. Occorre che i cattolici si organizzino per costruire di nuovo una società umana, senza dare fiducia a nessuno che non sia certamente e pienamente dalla parte di Gesù Cristo, della Chiesa e della nostra Tradizione.
(Fonte: Massimo Viglione,Giudizio Cattolico, 6 aprile 2013)
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