venerdì 11 dicembre 2015

L’attacco finale di Antonio Socci: “Che orrore il Giubileo-baracconata”

In genere non approvo il modo diretto con cui Socci critica polemicamente, spesso sopra le righe, l'operato del papa e del Vaticano: tuttavia questa volta trovo le sue considerazioni fondate e in gran parte condivisibili.

L’8 dicembre, in un brutto spettacolo, la Basilica di San Pietro e il Cupolone, cuore della cristianità, sono stati degradati a maxischermo (o meglio, “maxischerno”) su cui proiettare immagini relative a clima e ambiente, nuovi dogmi dell’ideologia dominante. «Uno spettacolo inconcepibile in piazza san Pietro, uno sfregio alla basilica simbolo della cattolicità», ha scritto Riccardo Cascioli, direttore del giornale cattolico online “Nuova Bussola quotidiana”.
Lo show era stato presentato, da parte vaticana, come una specie di lode al creato che richiamava l’enciclica «Laudato si’» e la Conferenza di Parigi sul clima e già così alimentava molti dubbi, visto che non c’entrava nulla con la Festa dell’Immacolata che si celebrava martedì, come pure con l’apertura del Giubileo e con l’imminenza del Natale. In realtà lo spettacolo poi è stato molto peggio di quanto si temeva.
Nessun simbolo cristiano, casomai l’allusione a qualche moschea islamica che, proiettata sulla Basilica di San Pietro, fa un certo effetto inquietante. È stato uno scorrere noioso e a volte lugubre (per gli effetti sonori) di immagini di animali, tipiche di una certa divinizzazione gnostica e neopagana della Terra. Così a San Pietro, nella festa dell’Immacolata Concezione, alla celebrazione della Madre di Dio è stata preferita la celebrazione della Madre Terra, per propagandare l’ideologia dominante, quella “religione climatista ed ecologista”, neopagana e neomalthusiana, che è sostenuta dai poteri forti del mondo. Una profanazione spirituale (anche perché quel luogo – ricordiamolo – è un luogo di martirio cristiano). E una profanazione culturale.
Infatti quella concentrazione di solennità cristiane (l’Immacolata, il Giubileo, il Natale), in uno scenario cattolico come la Basilica, il colonnato del Bernini e la cupola michelangiolesca, su un suolo sacro bagnato dal sangue di san Pietro e di tanti altri cristiani, avrebbe giustificato – casomai – una grande proiezione su maxischermo collocato in piazza (non sulla Basilica) delle bellissime immagini della nostra arte sacra, magari accompagnata dalla grande musica della tradizione cristiana. Non una sceneggiata gnostica e neopagana che aveva un preciso messaggio ideologico anticristiano.
Un messaggio sintetizzato nel titolo dello show, “Fiat lux”, che suona come beffarda sfida e come parodia della Sacra Scrittura nella quale l’espressione “Fiat lux” indica il gesto creatore di Dio e poi la Luce che è Cristo, venuto a illuminare le tenebre del mondo (come dice il Prologo del Vangelo di San Giovanni). E invece questo spettacolo rappresentava il contrario: il “mondo” che proietta luce sulla Chiesa immersa nelle tenebre. È la Chiesa che nello show riceve luce dal mondo. Quindi un simbolico e umiliante rovesciamento della fede cattolica.
Che proprio questa sia l’interpretazione da dare all’evento lo conferma un passo dell’intervista di papa Bergoglio ad Antonio Spadaro a proposito del Concilio, per il cui anniversario – che cadeva proprio l’8 dicembre – è stato indetto il Giubileo. Il pontefice infatti ha dichiarato: «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea». Quindi per Bergoglio sarebbe il mondo (la cultura contemporanea) che illumina e giudica il Vangelo. Invece la Chiesa ha sempre affermato il contrario: è Cristo la vera luce che risplende sul volto della Chiesa e così illumina il mondo.
Non a caso uno dei fondamentali documenti del Concilio, la “Lumen Gentium”, inizia con queste precise parole: «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa». Nella metafora della luce c’è tutta una visione delle cose che evidenzia l’opposta direzione del pontificato bergogliano rispetto al Concilio Vaticano II e al magistero costante della Chiesa. D’altronde c’è anche un linguaggio dei segni che è molto eloquente. Infatti la sera dell’8 dicembre, oltre alla Basilica, anche il grande Presepio di Piazza San Pietro, per l’occasione, era spento: non sia mai che la luce del Bambino Gesù disturbi la rituale messinscena della nuova religione neopagana.
Ci sarebbe poi da osservare che – applicando i criteri di giudizio di Bergoglio – quello show dovrebbe essere considerato dalla Chiesa un inaccettabile spreco di soldi che potevano più opportunamente essere spesi per i poveri. E non significa nulla che il costo dello spettacolo sia stato pagato da società private esterne, perché la Santa Sede avrebbe dovuto rifiutare il “regalo” e chiedere di donare quella cifra ai poveri. Peraltro solleva molti dubbi pure l’identità di coloro che hanno offerto questo “pacchetto” alla Santa Sede, che poi ha acriticamente messo in scena il tutto mettendo a disposizione la Basilica e la piazza.
Scrive Cascioli: «È stato infatti un “regalo” della Banca Mondiale (e del suo programma Connect4Climate) e di alcune associazioni e fondazioni particolarmente interessate all’ecologismo, la Vulcan Inc. del co-fondatore di Microsoft Paul Allen e la Okeanos-Fondazione per il mare, istituzioni che non a caso portano il nome di due divinità pagane. A realizzare l’installazione è stato lo studio Obscura, un nome che è un programma. Scopo di “Fiat Lux”, come si legge in un comunicato stampa degli sponsor, è “educare e ispirare cambiamenti intorno alla crisi del clima attraverso le generazioni, le culture, le lingue, le religioni e le classi”». Dunque «educare le religioni».
Ecco perché hanno “illuminato” le tenebre di San Pietro: una conferma del carattere ideologico dello show. Cascioli osserva peraltro che «la Banca Mondiale è anche l’istituzione che dagli anni ’70 è tra le principali responsabili» di quelle politiche verso i Paesi poveri – (prestiti in cambio di programmi per il controllo delle nascite) – che pure papa Francesco ha più volte denunciato. E sulla stessa lunghezza d’onda sono le altre associazioni per cui ecologismo e controllo delle nascite sono due facce della stessa medaglia».
Purtroppo l’insistito e acritico sostegno bergogliano alla Conferenza di Parigi (che non compete a un papa) finisce per identificare il messaggio del Giubileo sulla misericordia con la battaglia sul “cambiamento climatico” per cause umane, la cui fondatezza scientifica peraltro è del tutto discutibile. Il maggior fisico dell’atmosfera, “climate scientist” nel 2007, Richard Lindzen, ha dichiarato: «Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stupore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è caduto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di modelli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze, è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era preindustriale».
È incredibile che Bergoglio – sempre distaccato e critico verso la dottrina cattolica e i dogmi della Chiesa – poi vada a sposare acriticamente questi dogmi ecologisti che non hanno nemmeno fondamenti scientifici certi. Ed è sconcertante che un papa indichi come emergenza quella del clima. L’apostasia di interi popoli dalla fede nel vero Dio non è un dramma che meriterebbe gli appelli più accorati? La guerra alla famiglia e alla vita? La dimenticanza di Cristo e la persecuzione e il massacro delle comunità cristiane? Non era il caso di dedicare a loro la prima enciclica scritta di suo pugno? Perché ha preferito occuparsi di rettili e spazzatura differenziata?
Bergoglio è un enigma. Dice di non credere nell’esistenza di un “Dio cattolico”, ma crede ai dogmi del politically correct. Alain Finkielkraut l’ha definito «Sommo Pontefice dell’ideologia giornalistica mondiale».
  
(Fonte: Antonio Socci, Libero, 10 dicembre 2015)


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