martedì 12 gennaio 2016

Preti sposati: gutta cavat lapidem

Una goccia insistente che cade sempre nello stesso punto, riesce a demolire anche la pietra più dura. Purtroppo le note correnti progressiste d’oltralpe e d’oltreoceano, con i loro regolari e puntuali interventi in proposito, prima o poi riusciranno ad ottenere quello che vogliono, dando una ulteriore spallata a questa povera Chiesa, già così acciaccata.

Lo scambio di lettere con Papa Francesco è avvenuto per iniziativa di un teologo tedesco di primo piano, Wunibald Müller, 65 anni, che nel dicembre del 2013 scrisse una lettera aperta al papa, ampiamente pubblicizzata dal sito ufficiale della conferenza episcopale di Germania sotto il titolo “Papa Francesco, apra la porta”, per chiedergli di cancellare il vincolo del celibato per i sacerdoti.
Müller non è uno qualsiasi. È psicologo e scrittore prolifico. Ha fondato e dirige la  “Recollectio-Haus”, presso l’abbazia benedettina di Münsterschwarzach, nella diocesi di Würzburg, per la cura di sacerdoti e religiosi in crisi esistenziale, finanziata da altre sette diocesi (Augusta, Friburgo, Limburg, Magonza, Monaco-Frisinga, Paderborn, Rottenburg-Stoccarda) e con assistente spirituale il benedettino più letto non solo in Germania ma nel mondo, Anselm Grün.
L’orientamento di Müller è ben rappresentato dai titoli delle sue tesi per la laurea e il dottorato: “Il sacerdote come guida spirituale di persone omosessuali” e “Omosessualità, una sfida per la teologia e la cura delle anime”.
Non avendo ricevuto risposta alla sua prima missiva, nell’aprile del 2014 Müller è tornato alla carica con una seconda lettera a Jorge Mario Bergoglio. E quasi venti mesi dopo il papa gli ha finalmente risposto.

Il 25 novembre scorso la “Katholische Nachrichten-Agentur”, l’agenzia di stampa dei vescovi tedeschi, ha dato notizia del carteggio e dei segnali di “apertura” venuti dal papa. E il 4 gennaio la “Süddeutsche Zeitung” ha intervistato Müller chiedendogli notizie più dettagliate:
D. – Lei ha scritto a papa Francesco una lettera.
R. – Ho chiesto un allentamento del celibato. Ci dovrebbero essere preti sposati come preti celibi, omosessuali come eterosessuali.
D. – E la risposta?
R. – Francesco mi ha ringraziato per le mie riflessioni, il che mi rallegra molto. Dice che le mie proposte non possono essere realizzate per la Chiesa universale, ma penso che non escluda soluzioni a livello regionale. Al vescovo brasiliano Erwin Kräutler Francesco ha già chiesto di appurare se nella sua diocesi vi siano uomini sposati, di provata esperienza, che possano essere ordinati sacerdoti. Il papa cerca degli spazi dove poter cambiare qualcosa che potrà poi sviluppare una propria dinamica.

Erwin Kräutler (nella foto), austriaco di nascita, vescovo dimissionario per ragioni di età dell’immensa prelatura amazzonica di Xingu, ma tuttora attivissimo come segretario della commissione episcopale per l’Amazzonia, è appunto il vescovo del Brasile che pochi giorni prima di Natale ha avuto con papa Francesco un ennesimo colloquio, riguardante proprio l’eventuale ricorso a un clero sposato in territori drammaticamente sguarniti di clero celibe.

Del colloquio tra lui e il papa ha dato notizia la Radio Vaticana con un’intervista a Kräutler del 22 dicembre:
D. – Cosa le ha detto il papa a riguardo delle comunità prive di un prete che celebri l’eucaristia?
R. – Mi ha detto che dobbiamo fare proposte concrete. Anche proposte temerarie, ardite. Mi ha detto che dobbiamo avere il coraggio di parlare. Lui non prenderà un’iniziativa da solo, ma ascoltando le persone. Vuole che si crei un consenso e che si cominci in qualche regione con dei tentativi finalizzati a che la gente possa celebrare l’eucaristia. Se si legge l’esortazione di Giovanni Paolo II “Dies Domini” questa dice molto chiaramente che non c’è una comunità cristiana se non si raduna attorno all’altare. Per volere di Dio allora dobbiamo aprire delle vie perché questo accada. Su come saranno queste vie,  in Brasile già lavora una commissione.
D. – E allora che cosa dobbiamo aspettarci su questo punto dal pontificato di Francesco?
R. – Una svolta. Anzi, siamo già a una svolta. Credo che siamo già arrivati a un punto di non ritorno. Anche il prossimo papa o quello che verrà dopo di lui non potrà tornare indietro rispetto a ciò che è e sta facendo oggi Francesco.
In una precedente intervista del 12 luglio 2015 alla rivista italiana “Credere”, Kräutler aveva confermato che “il papa ha chiesto alla commissione per l’Amazzonia una proposta concreta fin dallo scorso aprile” e da allora “stiamo ipotizzando alcuni cammini affinché tutte le comunità abbiano la possibilità di partecipare all’eucaristia più di tre volte all’anno”.
Tra questi “cammini” c’è appunto l’ordinazione di uomini sposati, per sopperire al fatto – ha detto ancora Kräutler – che “per 800 comunità abbiamo solo 30 sacerdoti, e la regione è davvero molto estesa”.
Va detto però che la mancanza di vocazioni al sacerdozio in Brasile può essere dovuta anche al pessimo esempio che una parte del clero di quel paese dà, se è vero il ritratto che ne ha fornito qualche tempo fa una rivista cattolica autorevole e insospettabile come “Il Regno”:
“I fedeli sono costretti a radunarsi in chiesa a celebrare una specie di messa senza prete anche nelle città dove i sacerdoti non mancano. Alla domenica costoro potrebbero distribuirsi nelle diverse chiese, invece preferiscono concelebrare tra loro e lasciare da soli i fedeli alla mercé di fanatici scatenati, quando fanatici non lo siano i celebranti stessi, che a volte modificano i testi liturgici a loro piacimento perché neppure capaci di comprenderli, che trasformano il canto del Sanctus in un ritmo ballabile, che non fanno memoria del papa, del vescovo, dei defunti. Preti così fannulloni che di solito il lunedì, come i barbieri in Italia, riposano e non celebrano messa nemmeno nelle cattedrali. Oppure non visitano gli ammalati, non portano il viatico, non celebrano funerali. E non sempre possono addurre a loro giustificazione il loro scarso numero”.

Altro fattore, ma non secondario, della marcia di avvicinamento all’ordinazione di “viri probati” nella Chiesa latina è l’autorizzazione data ai preti sposati delle Chiese orientali cattoliche di operare anche al di fuori dei loro territori d’origine. Cioè non più solo in Medio Oriente e nell’Europa dell’Est, ma dappertutto.

L’autorizzazione è stata data da papa Francesco, tramite la congregazione vaticana per le Chiese orientali presieduta dal cardinale argentino Leonardo Sandri, il 14 giugno 2014. E ha cancellato un secolo e mezzo di intransigenti divieti.

Soprattutto nelle Americhe e nell’Europa occidentale, infatti, le gerarchie cattoliche latine ritenevano che la presenza nei loro territori di preti sposati di rito orientale, lì arrivati al seguito delle migrazioni, recasse “gravissimum scandalum” ai fedeli.
Papa Francesco ha invece consentito tali presenze, a particolari condizioni. E ha citato a proprio favore la costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus” del 2009, con la quale Benedetto XVI ammise la presenza di preti sposati ex anglicani nelle regioni dove ancora valeva il divieto per i preti sposati di rito orientale.

Un’ultima notazione. L’ordinazione al sacerdozio di uomini sposati, “in casi particolari e per necessità pastorali”, è già stata presa in esame da un sinodo, quello del 1971 dedicato a “Il sacerdozio ministeriale e la giustizia nel mondo”.
L’ipotesi fu messa ai voti in competizione con un’altra, che teneva fermo il celibato per tutto il clero latino, senza eccezioni.
E vinse questa seconda, per 107 voti contro 87.
Da allora sono passati 45 anni ed evidentemente papa Francesco ritiene che i tempi siano maturi per riesaminare la questione e aprire un varco al clero sposato, a partire da alcune aree dell’America latina particolarmente afflitte dalla penuria di preti.
Senza drammi. Perché questa – dice – “è una questione di disciplina, non di fede”.


(Fonte: Sandro Magister, www.chiesa.it, 12 gennaio 2016
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351206


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