giovedì 7 gennaio 2016

Zalone, l’irresistibile nostalgia di un “mondo piccolo”

Per l'ennesima volta Checco Zalone (Luca Medici) ha fatto centro. Il suo ultimo film, Quo vado, è un successo strepitoso al botteghino e i critici imbarazzati: nessuno potrebbe chiedere di più. Tutti si chiedono: qual è il segreto del successo del comico pugliese? Ognuno dice la sua, e nessuno sembra cogliere il segno. Quindi ci provo anche io, danni non posso fare. Quella di Checco Zalone è un'operazione nostalgia. Non nel tempo, ovviamente: i suoi film sono incastonati nell'attualità. Un'operazione nostalgia che riguarda un modo di vivere, tipicamente italiano, che non esiste più; ma che tutti (ammettiamolo) ricordiamo con struggimento.
Checco vive in un mondo tutto suo, fatto di famiglia (la mamma che cucina, la vecchia zia alla quale si può chiedere di tutto...), di lavoro (ma non troppo), di relazioni, di amicizie. Il suo è un mondo senza norme Ue, senza cibo “bio”, senza allarmi sanitari, senza politicamente corretto. Un “mondo piccolo”, direbbe Guareschi; un'italietta alla buona, che si commuove per il ritorno di Al Bano e Romina a Sanremo, dove i “buoni sentimenti” non fanno alzare il sopracciglio, dove ognuno è come è, e va bene lo stesso. 
Un mondo nel quale gli africani hanno l'anello al naso e la sveglia al collo, dove si ride di animalisti, vegani, guru, omosessualisti, manager, terzomondisti... Un mondo nel quale il politico intrallazzone ma di buon cuore è il buono; e la donna laureata, sexy e in carriera è la cattiva (ma niente paura: alla fine si converte, manda a quel paese i regolamenti, le leggi, la carriera e si salva). Un mondo dove il massimo della vita è un'impepata di cozze tra amici (e non importa se sono musulmani), le orecchiette fatte a mano dalla mamma. Un mondo dove la perfezione, le norme, il rigore, “la civiltà” sono disumani, falsi, tolgono la gioia di vivere (che bella una macchina in seconda fila in Norvegia...). 
Un mondo dove al primo posto c'è la persona, poi vengono le ideologie, i regolamenti. Un mondo senza l'ideologia di genere («No, il paradosso no!»), nel quale gli uomini incarnano gli stereotipi maschili e le donne quelli femminili. Un mondo nel quale vengono infrante tante regole, per prime le regole del perbenismo contemporaneo. Sarà un mondo scandaloso ma, e resti tra noi: non è un bel mondo? Diciamolo: il mondo di Checco non è l'Italia “nazional-popolare” degli anni Settanta, non è la Prima Repubblica (che «non si scorda mai»), quando eravamo più umani, più sereni, più sinceri, più liberi? Non è forse vero che si stava meglio quando si stava peggio? Quando ci si svegliava con il Gazzettino padano, le vacanze estive (rigorosamente in Italia) erano chiamate “l'esodo di ferragosto”, quando il Masterchef era la nonna Tina, quando le automobili erano senza centralina elettronica e ognuno poteva metterci le mani senza essere un meccanico autorizzato? Avete presente L'italiano di Toto Cotugno? Beh, chi non ha nostalgia di quell'Italia?
Avete presente la favola I vestiti nuovi dell'imperatore? Nella quale l'imperatore se ne va in giro nudo e nessuno ha il coraggio di dirlo, per conformismo, per viltà, perché «Non sta bene»? Un bambino grida «Il re è nudo», e tutti scoppiano a ridere. Ecco: Checco Zalone è il bambino che dice: «Il re è nudo!». Il terzomondismo, il politicamente corretto, l'ideologia di genere, l'omosessualismo, l'animalismo, l'europeismo, il rigorismo, il salutismo, ecologismo, pacifismo e tutto quello che ci hanno propinato da trent'anni a questa parte... è nudo! E noi, finalmente - nudi anche noi - troviamo il coraggio di riderne a crepapelle. Almeno finché non usciamo dal cinema.

(Fonte: Roberto Marchesini, La nuova bussola quotidiana, 7 gennaio 2016)


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