mercoledì 22 aprile 2009

“Report” di RaiTre, ovvero la libertà di disinformare

Informazione di parte, taroccata, gravemente scorretta o lacunosa… non trovo più aggettivi per dipingere l’altro programma televisivo sotto accusa dopo Anno Zero, e cioè Report, in onda, ovviamente, su RaiTre.
Ieri sera si parlava di scuola. Mi sono bastati alcuni minuti per capire tre cose: una persona che ha scelto per i suoi figli una scuola paritaria non statale, paga una retta a volte anche abbastanza consistente per garantire la sopravvivenza di quella scuola; in più paga le tasse come tutti, per sostenere anche la scuola statale; in più paga il canone Rai per sentirsi dire che sarebbe meglio se la scuola che ha scelto chiudesse i battenti.
La Gelmini, intervistata, dice che il ritorno al maestro unico non è stato solo motivato da bisogni di tagli alle spese, ma principalmente perché si crede che sia un modello educativo migliore per i ragazzini (e, fra l’altro, diffuso in tutta Europa, aggiungiamo noi)? La voce fuori campo commenta: finalmente abbiamo sentito la Gelmini ammettere che è una questione di cassa. La preoccupazione educativa è finita in un attimo nel cesso. Complimenti!
Piuttosto, incredibilmente (direi che è l’unica nota positiva dell’inchiesta) si rileva che il sistema dei moduli è stato varato nel ‘90 solo per mettere più gente a lavorare e che ha comportato aggravi di tutti i tipi per le scuole e per la pubblica finanza. Sprechi, insomma. Forse lo si ammette perchè è una verità così evidente che è impossibile da nascondere. Subito dopo, però, si fa una tale, voluta, confusione, una ricostruzione piuttosto approssimata dei fatti, per cui risulta che, ancora una volta, saranno le scuole “private” a potersi permettere un sistema di compresenze (due maestri insieme a lavorare coi ragazzi) che è molto efficace e che nella scuola statale invece sarà impraticabile. A riprova si porta una scuola privata riminese collegata con la Svizzera. Un’eccezione, insomma, per niente rappresentativa di quella che veramente è la scuola paritaria italiana.
Già, ancora una volta le private, vero bersaglio dell’inchiesta. E per cosa poi? Per quella miseria di 120 milioni di euro che il Governo ha restituito alle paritarie; una miseria, rispetto ai miliardi che si ciuccia la scuola statale. Una gocciolina nell’oceano, che (ma questo non lo si dice) si sta inoltre riducendo, visto che negli anni precedenti di milioni di euro ne erano stati stanziati 133. “Non era meglio tagliare anche lì?”, chiede l’ineffabile conduttrice. Ma si è tagliato anche lì! Questa, signori, è la disinformazione scientifica che va in onda su Tele Kabul International, al secolo RaiTre.
Il ragionamento va avanti. Non si è tagliato perché? Ovviamente per accontentare il Vaticano (immagini di porporati e sullo sfondo il cupolone)! Se ne deduce che gli sprechi e l’emorragia endemica della scuola italiana si risanerebbe chiudendo le scuole paritarie e togliendo di mezzo i professori di religione.
Certo, non si è avuto il piacere (almeno finché ho seguito l’inchiesta) di sentire cos’ha da dire il gestore di una scuola paritaria. Magari uno di quei maledettissimi preti o di quelle schifosissime suore che trescano all’ombra del Vaticano alle spalle del mai abbastanza laico Stato italiano. Peccato! Se, pluralisticamente, si fosse entrati in una scuola di quel tipo, si sarebbero sentite soprattutto delle storie interessanti. Di professori che insegnano, con passione e professionalità ed entusiasmo, spesso per pochi euro l’ora, alcuni per una forma di volontariato, altri con la speranza di tirare su un punteggio che li porterà ad insegnare alla scuola statale; di maestre che, siccome i soldi non ci sono e le famiglie non possono essere munte, tirano la cinghia ed aspettano mesi prima di prendere lo stipendio; di bilanci che non quadrano perché il contributo statale è già tanto basso e per giunta arriva dopo mesi e mesi, anzi, spesso l’anno scolastico successivo, per cui si regge l’anima (la scuola) coi denti e si fanno debiti, e si beccano multe per i ritardi nei pagamenti dei contributi Inps… Con il risultato che molte scuole paritarie non ce la fanno più e chiudono i battenti.
Si sarebbe potuto constatare come, nonostante ciò, la scuola paritaria offre un’ottima formazione, spesso innovativa, con risultati eccellenti per i propri studenti che poi si vanno ad inserire nel circuito statale. Si sarebbe potuto rilevare come la scuola paritaria in tutti questi anni ha svolto il meritorio ruolo di gavetta per molti insegnanti, che poi sono arrivati nella statale carichi di un’esperienza didattica che né le università, né i corsi del Ministero o dei provveditorati sono mai stati in grado di dare. Si sarebbe potuto ragionare in termini economici, snocciolando cifre precise che sono direttamente verificabili, se solo si volessero verificarle. Per cui, ad esempio, un bimbo alla scuola d’infanzia di una paritaria costa in media all’anno 2.600 euro (costo sostenuto per 2.000 euro dalle famiglie), mentre in una statale costa 6.600 euro (integralmente a carico dello Stato). Se ne sono accorti molti comuni, che preferiscono fare delle convenzioni, piuttosto che gestire in proprio un baraccone sempre in rosso.
Scusate, che senso ha tagliare ancora i miseri contributi a delle istituzioni che fanno già risparmiare allo Stato 4.000 euro a ragazzino (e stiamo solo parlando di scuola materna)? Come si può contrabbandare una simile cretinata per la panacea di tutti i mali?
Ecco, questa, precisamente è l’informazione drogata, ideologica, di parte, scarsamente pluralistica, politica. Garantita da un servizio pubblico che tutti paghiamo. Questa è la televisione che vuole la sinistra. Non sarà un caso se la stragrande maggioranza dei giornalisti che fanno carriera politica (vedi i Santoro, i Badaloni, le Gruber, i Marrazzo…) vengono da questa televisione.
Libertà di disinformazione. Questo è ciò che si vuole garantire in una certa Italia ipocrita, culturalmente lottizzata e monocolore, perfino sfacciata nell’uso che fa del servizio pubblico. Che schifo!
Ma cosa succede in realtà, purtroppo per noi tutti, nella scuola italiana? Ecco alcune considerazioni di Mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro: «La realtà quotidiana è che nella scuola italiana si fa fatica a studiare e ad imparare perché l’insegnamento si è dequalificato. Abbiamo dimenticato che nella scuola italiana si può morire di spinello durante le ore di scuola; che durante gli intervalli si filmano scene di sesso che vengono poi inviate ormai a vari siti; che in certe scuole, non poche, durante l’intervallo gli insegnanti stanno tappati nell’aula professori per evitare violenze non solo verbali; che presidi e professori sono stati malmenati da genitori e studenti per protesta a certe valutazioni scolastiche; che più di una volta i carabinieri sono entrati in varie scuole ad arrestare studenti spacciatori di droga. Questa non è tutta la realtà, ovviamente, ma è un pezzo della realtà scolastica che dovrebbe interpellare tutti, soprattutto gli adulti, seriamente. La verità è che la scuola italiana è sempre stata al servizio non della Cultura, ma della ideologia dominante. Così abbiamo avuto la scuola unitaria e liberale e poi la scuola fascista e poi la scuola azionista e socialista. I cattolici sono stati così improvvidi che negli anni ’50 e ’60 hanno tirato fuori la strampalata teoria della scuola “neutra” che ha favorito la sua occupazione da parte delle più diverse ideologie rivoluzionarie e negative. Abbiamo avuto la scuola marxista e neo-marxista e radicaleggiante: e adesso abbiamo la scuola tecno-scientista».

(Fonte: La Cittadella, 20 aprile 2009)

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