Aveva fatto scalpore un’intervista che il prefetto del Clero, il cardinale Claudio Hummes, aveva rilasciato qualche giorno fa all’agenzia Catholic news service. Il porporato brasiliano aveva letto le nuove norme volute dal Papa per i preti che violano l’obbligo della castità come una volontà di apertura della Chiesa in merito: per volere di Benedetto XVI sarebbe stato più facile, per i preti che convivono con una donna e che hanno i figli, rinunciare all’abito sacerdotale.L’intervista ha allarmato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che ieri è corso ai ripari chiedendo al numero due del Clero, l’arcivescovo Mauro Piacenza, un’intervista per la Radio Vaticana. La versione di Piacenza è stata opposta a quella del suo superiore: le punizioni per i preti che violano l’obbligo di castità sono più severe: «Si deve purtroppo rilevare - ha detto - che talvolta si possono verificare situazioni di grave indisciplina da parte del clero». A queste la Chiesa risponde con la riduzione allo stato laicale che diviene, con le nuove norme, «una punizione» vera e propria, «con relativa dispensa da tutti gli obblighi decorrenti dall’ordinazione».Piacenza ha dato una stoccata anche a coloro che ritengono che il celibato sacerdotale non sia un obbligo. Era stato lo stesso Hummes, appena eletto prefetto del Clero nel 2006, a ricordare un’ovvietà, cioè che il «celibato sacerdotale non è un dogma ma solo una norma disciplinare». E, insieme, a dire che, visto il calo di vocazioni sacerdotali, la stessa norma sarebbe stata rivista. Ecco in proposito quanto ha detto monsignor Piacenza: il celibato sacerdotale ha una «motivazione teologica» che risiede nel legame di convenienza che il celibato ha con l’ordinazione che configura il sacerdote a Gesù Cristo. Perciò la Chiesa ha ribadito nel Concilio Vaticano II e negli anni successivi la ferma volontà di mantenere la legge che esige il celibato per i preti.
(Fonte: il Riformista, 6 giugno 2009)
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