«Con due ampi articoli-reportage il quotidiano La Stampa di Torino ieri e oggi ha dato spazio alla corrispondenza intercorsa tra la psichiatra polacca Wanda Poltawska (nella foto) e Karol Wojtyla. Sarebbero queste lettere a “frenare” la beatificazione di Giovanni Paolo II. Oggi, intervistato da La Stampa, il cardinale Stanislao Dziwisz, segretario particolare di Papa Wojtyla, ha criticato duramente la Poltawska per aver pubblicato parte di quelle lettere in un libro uscito in Polonia alcuni mesi fa (per i tipi della casa editrice dei Paolini, prossimamente tradotto in Italia), sostenendo che la corrispondenza privata non dovrebbe essere resa pubblica. Il lettore all’oscuro di alcuni antefatti, può trarre l’idea che a creare problema siano i rapporti epistolari tra la donna, madre di famiglia, e il Papa. Rapporti non confacenti a un ecclesiastico. La realtà è, invece, ben diversa. Non c’è nulla in quelle lettere - sia le pubblicate come le non pubblicate - che crei problema in merito ai rapporti tra Wojtyla e la Poltawska. Ci sono però alcune lettere che creano problemi a chi stava attorno al Papa, perché la Poltawska, che da psichiatra aveva seguito i casi di sacerdoti con problemi legati alla sfera della sessualità, scriveva a Giovanni Paolo II invitandolo a non farli vescovi. Mentre c’era chi, insistendo e ripresentandone i nomi più volte, riusciva a far passare questi candidati. C’è in atto uno scontro tra il cardinale Dziwisz e Wanda Poltawska proprio su questo. E’ però fuori luogo parlare di rallentamenti: ora tutti, ma proprio tutti, sembrano voler concludere le cose velocemente e arrivare alla beatificazione». Fin qui Andrea Tornielli nel suo Blog del 1 giugno.
Ho letto il dossier de La Stampa su tale corrispondenza.
Che Giovanni Paolo II avesse un'amica, non mi fa alcun problema; che con lei abbia intrattenuto una corrispondenza, mi sembra più che naturale (per esperienza diretta so che il linguaggio dei santi può talvolta assumere certi toni ed essere frainteso). Se devo essere sincero, non mi interessa affatto il contenuto delle lettere che i due amici si scambiavano.
In questo, sono d'accordo col Card. Dziwisz, secondo il quale le cose personali avrebbero dovuto rimanere personali, e la Poltawska non avrebbe dovuto pubblicare quel carteggio, soprattutto perché, come afferma Tornielli, contiene riferimenti a terzi.
Quello che invece mi meraviglia è che la totalità di quel carteggio non fosse ancora giunto nelle mani del postulatore e non sia stata considerata nel processo diocesano. C'è da chiedersi con quale serietà sia stato condotto quel processo. Le norme che regolano i processi di beatificazione e canonizzazione sono chiare. Nel caso di Papa Wojtyla era già stata fatta un'eccezione di non poco conto: l'introduzione immediata della causa, quando le norme, emanate dallo stesso Pontefice, fissano a cinque anni il termine minimo per quell'atto (e oggi tocchiamo con mano l'opportunità di quella norma). Si pensava di poter soprassedere anche alla norma di presentazione di tutti gli scritti del Servo di Dio? E la questione temo che non riguardi solo le lettere della Poltawska: a quanto mi risulta da fonte solitamente bene informata, lo stesso Card. Dziwisz non ha consegnato l'intero archivio personale di Giovanni Paolo II.
"Santo subito!" Dirò sinceramente che quel grido non mi ha mai trovato consenziente, non perché metta in dubbio la santità di Papa Wojtyla, ma semplicemente perché non vedo la necessità di tanta fretta. Abbiamo atteso cent'anni per la beatificazione di Pio IX; è da cinquant'anni che aspettiamo quella di Pio XII; perché Giovanni Paolo II dovrebbe diventare santo subito? Che fretta c'è? Se è santo, la sua santità prima o poi verrà riconosciuta; di che cosa si ha paura? Si tratta di cose estremamente serie; non a caso la Chiesa ha voluto che si facessero dei "processi". Un processo, per essere rigoroso, richiede i suoi tempi. Pensate che cosa sarebbe avvenuto ora, se il Papa avesse dispensato dallo svolgimento dei processi (avrebbe potuto farlo)!
Non so, e non mi interessa, se ci sono altre dietrologie in questa vicenda (come qualcuno vuole insinuare); dico solo che è doveroso (e penso che lo stesso Wojtyla lo vorrebbe) che tutto sia fatto secondo le regole, per evitare che si possa sollevare in futuro qualunque tipo di sospetto.
(Fonte: Padre Giovanni Scalese, Blog “Senza peli sulla lingua”, 3 giugno 2009)
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