Il
segnale positivo è che certe cose si cominci a dirle. Il segnale negativo è che
i mass-media ancora censurino chi non canti col coro.
25 settembre 2012: Canale
5 si è occupato del delicatissimo tema delle adozioni gay nel corso della
trasmissione “Pomeriggio Cinque”. Per questo, si è collegato col dottor
Giuseppe Di Mauro, Presidente della Sipps, Società Italiana di Pediatria
Preventiva e Sociale, che, di fatto, non ha potuto esprimere il proprio
pensiero. Gli è bastato snocciolare i primi dati realmente scientifici, tali da
sconsigliare vivamente le cosiddette “genitorialità” omosessuali, perché la
parola gli fosse tolta, senza più aver la possibilità di concludere il proprio
discorso.
Ha
parlato in tutto 2 minuti e 8 secondi, mentre a Francesca Vecchioni ed alla sua
storia lesbica con tanto di gemelline, avute in Olanda con la fecondazione
eterologa, sono stati dedicati 18 minuti e 20 secondi ininterrotti con la
replica di alcuni brani dopo la pubblicità per altri 2 minuti. In tutto, oltre
20 minuti monodirezionati. In più, l’intervista a Vendola, l’insostenibile
dibattito seguito con abili stacchi da un ospite all’altro, applausi e fischi a
senso unico in una trasmissione chiaramente faziosa, dove la stessa
conduttrice, Barbara D’Urso, si è nettamente schierata, [come suo solito meglio la finzione scenica che la cultura: il pensiero delle potenti lobby è sempre il più trendy!] complimentandosi ad
esempio con Francesca Vecchioni per l’iscrizione alle “liste civiche” della
Milano di Pisapia ed auspicando ben presto un referendum sulle unioni gay.
In
tutto questo bailamme l’unico “silenziato” è stato il dottor Di Mauro. Che, a
questo punto, ha giustamente inviato una denuncia all’Agcom, l’Autorità per le
Garanzie nelle Comunicazioni, contro la trasmissione a tutela del pluralismo.
Esprimendo «seria preoccupazione per la rapidità e la leggerezza con la quale,
a livello mediatico», si diffondono «informazioni superficiali e spesso
fuorvianti» in merito.
Perché
gli è stata tolta la parola? Cosa avrebbe voluto dire? Che «sulla base della
letteratura scientifica disponibile, i bambini sembrano più adatti ad avere una
vita adulta con successo, quando trascorrono la loro intera infanzia con i loro
padri e madri biologici sposati e specialmente quando l’unione dei genitori
rimane stabile a lungo». I dati parlano chiaro, per questo “scottano”. E
smentiscono la vulgata permissivista.
L’indagine
più autorevole in merito ‒ sia per ampiezza, sia per qualità
del campione considerato ‒ è quella del sociologo Mark Regnerus
dell’Università del Texas, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Social Science
Research”. Ebbene, il 12% dei figli con “genitori” omosessuali pensa al
suicidio (contro il 5% dei figli di coppie eterosessuali sposate), il 40% è
propenso al tradimento (contro il 13%), il 28% è disoccupato (contro l’8%), il
19% è in trattamento psicoterapeutico (contro l’8%) e più frequente è il
ricorso all’assistenza sociale, il 40% ha contratto una patologia trasmissibile
sessualmente (contro l’8%). Inoltre, afferma il dottor Di Mauro, «sono
genericamente meno sani, più inclini al fumo ed alla criminalità».
Più
depressi, più ansiosi, più impulsivi e più esposti alle dipendenze. Questo
studio è di luglio. A fronte delle prevedibili reazioni provocate, in agosto il
prof. Regnerus ha messo a punto una nuova analisi, sempre pubblicata su “Social
Science Research”, in cui, tenendo conto delle critiche mossegli, non solo ha
confermato, ma ha addirittura rilanciato, rivelando le notevoli differenze
sussistenti tra figli adulti adottati da coppie gay conviventi e figli naturali
di coppie eterosessuali. Invece scientificamente invalidi, non empiricamente
giustificati e contraddittori sono stati riconosciuti i dati forniti dai fans
della “genitorialità” gay, come evidenziato dallo studio di Loren Marks della
Louisiana State University. Ma tutto questo non si può dirlo.
(Fonte:
Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 10 ottobre 2012)
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