mercoledì 23 gennaio 2013

Monastero di Bose, “casa di tolleranza religiosa”, uno

Dal cristianesimo al sincretismo. Un’inchiesta, Prima parte.

Nell’articolo ci soffermeremo sul titolo che riconosciamo provocatorio. Non consideratela una definizione, ma solo un’espressione paradossale. E specifichiamo bene cosa vogliamo dire. Scusandoci con gli animi più sensibili - perché, lungi da noi ogni malizia sul concetto profano di “casa di tolleranza”, e lungi da noi l’offendere - il termine “religiosa” che lo accompagna è il vero soggetto del titolo e dell’articolo stesso. Si parla quindi di una casa dove si raccolgono le diverse religioni cristiane non cattoliche, ma il cui fondatore si ritiene un cattolico, e dove la Chiesa viene così messa sullo stesso piano dei cristiani non cattolici. Si parla infatti di quella “tolleranza religiosa” che, a nostro parere e in questo caso specifico, non è più un rispetto della vera fede, ma confusione, non è conservazione della vera fede ma ambiguità: un minestrone di fedi nel quale, in questa “casa di tolleranza religiosa”, l’unica a non essere rispettata è proprio la fede cattolica, insieme alla devozione mariana e alla sensibilità cattolica stessa.
Chiariamo subito che, nel momento in cui questa “casa di tolleranza religiosa” che è in Bose dicesse con chiarezza “guardate che noi non siamo affatto cattolici”, questo articolo cadrebbe immediatamente e tutto ciò che vi è scritto perderebbe il suo senso, ma poiché la Comunità di Bose, insieme al suo fondatore, continua a dirsi “cattolica”, allora l’articolo ha senso ed ha la sua ragione di esistere.
C’è infatti molta ambiguità perché da una parte la Comunità di Bose ci tiene a dirsi “ecumenica” e non prettamente cattolica, ma dall’altra parte, fin dai primi anni, il suo priore ha tenuto molto ad un riconoscimento del suo monastero da parte del vescovo diocesano, naturalmente ottenendolo. E, al tempo stesso, ha tenuto fermo il proposito di restare autonomo e indipendente da Roma. Lui, boss della Comunità, non è prete e si è fatto monaco e priore da se stesso, essendone il “fondatore”, adattando una regola creata a ridosso dello “spirito del concilio” che Benedetto XVI ha condannato con queste parole nel famoso discorso alla curia romana del Natale 2005 quando disse che si era diffusa una convinzione e cioè che: «In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio ad ogni estrosità. Con ciò, però, si fraintende in radice la natura di un Concilio come tale…».
Non dissimile il discorso che il papa ha fatto al recente incontro con la CEI del 24 maggio, dove ha specificato: «Giovanni XXIII impegnava i Padri ad approfondire e a presentare tale perenne dottrina in continuità con la tradizione millenaria della Chiesa – trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti – ma in modo nuovo – secondo quanto è richiesto dai nostri tempi –. Con tale chiave di lettura e di applicazione, nell’ottica non certo di un’inaccettabile ermeneutica della discontinuità e della rottura, ma di un’ermeneutica della continuità e della riforma, ascoltare il Concilio e farne nostre le autorevoli indicazioni, costituisce la strada per individuare le modalità con cui la Chiesa può offrire una risposta significativa alle grandi trasformazioni sociali e culturali del nostro tempo, che hanno conseguenze visibili anche sulla dimensione religiosa… (…) Purtroppo, è proprio Dio a restare escluso dall’orizzonte di tante persone; e quando non incontra indifferenza, chiusura o rifiuto, il discorso su Dio lo si vuole comunque relegato nell’ambito soggettivo, ridotto a un fatto intimo e privato…».
Ricapitolando questo primo aspetto: non abbiamo nulla contro la Comunità di Bose. Ognuno è libero di fondare ciò che vuole ed è libero di creare associazioni e gruppi, e non vi è da parte nostra semplice tolleranza, ma anche rispetto e benevolenza soprattutto per gli ospiti non cattolici della Casa-monastero. Ciò che vogliamo far emergere è questa ambiguità del concetto di “tolleranza”, la confusione di una “Casa di tolleranza religiosa”, che pur dicendosi ecumenica (in sé lodevole), in realtà stona molto con quella pretesa di voler insegnare ai cattolici la fede in Cristo e l’interpretazione della Scrittura, rimuovendo il Magistero ecclesiale e pontificio, salvo servirsene solo quando parla a favore della tolleranza, del rispetto e dell’ecumenismo. Insomma, siamo all’ennesimo caso in cui l’allergia alle dottrine della Chiesa Cattolica è evidente, ma dove non si vuole rinunciare a far parte in qualche modo della Chiesa, una Chiesa fatta a propria immagine e somiglianza. Si offre un luogo, Bose, dove se è vero che il senso della comunità è vivo ed animato da tante buone intenzioni, in realtà alla fine si resta «nell’ambito soggettivo, nel quale Gesù Cristo e la Chiesa stessa, vengono ridotti ad un fatto intimo e privato…».
La Chiesa di Gesù Cristo nasce non su un modello, ma si fonda in quel che diciamo essere “Corpo di Cristo” (il Suo Corpo Mistico). Essa è immagine stessa di Cristo Crocefisso e Risorto, due immagini inseparabili, che, con la Parola e l’Eucaristia, genera discepoli, santi, beati, martiri, testimoni, dottori, confessori, ecc…
Per darvi una immagine più chiara di che cosa è la Chiesa prendiamo in mano un Crocefisso (di quelli, artisticamente parlando, validi, espressivi, quasi vivi, che riportano davvero una persona con le sue piaghe, non quelli che vorrebbero solo fartelo immaginare), guardiamolo attentamente per qualche minuto e poi chiediamoci: “Cosa vedo davanti?”. La risposta non può che essere una: “Vedo un corpo martoriato, sofferente, piagato, crocefisso…”. Ecco, questa è la Chiesa cattolica! Essa è un corpo martoriato, perseguitato, piagato dal di dentro come dal di fuori. Nessun membro ne è risparmiato: chi si fonda in questa “immagine” la riflette e a sua volta è in Cristo Crocefisso immagine stessa della Chiesa. Non è un caso che il culto che rendiamo a Dio non è affatto un baccanale mangereccio – o una semplice “cena” come hanno preteso i protestanti eliminando il sacerdozio e la presenza reale – ma è il Sacrificio del Calvario, il cuore pulsante della Chiesa stessa, senza il quale non avremmo alcuna Chiesa, non avremmo alcun priore, nessun sacerdote, né vescovi né papi, non ci sarebbe alcuna comunità, nessun ecumenismo da rivendicare. Lo stesso san Paolo, nel parlare alle prime comunità cristiane, affronta subito l’argomento dell’Eucaristia separandola nettamente dal concetto di una cena qualunque: «Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna» (1Cor 11,33-34). Questo capitolo meriterebbe una pagina a parte per quanto hanno insegnato i Padri e la Chiesa intera: a noi basti sapere, per ora, che, ricevere l’Eucaristia, partecipare a questa Messa, è il motore di tutta la nostra attività.
Questa immagine della Chiesa martoriata e crocefissa è quella che chiamiamo “militante”. Così spiega il Concilio di Trento: «Essa è divisa in due parti: la Chiesa trionfante, cioè coloro che godono la beatitudine eterna, e la Chiesa militante, cioè l’insieme di tutti i fedeli che ancora vivono sulla terra… Nella Chiesa militante vi sono due specie di uomini: i buoni e i cattivi. I cattivi partecipano dei medesimi sacramenti e professano la stessa fede dei buoni, ma ne differiscono per la vita e i costumi. Buoni sono quelli i quali sono congiunti e stretti tra loro non solo dalla professione della fede e dalla comunione dei sacramenti, ma anche dal soffio della grazia e dal vincolo della carità». Ci sarebbe molto altro da dire su che cosa è la Chiesa, ma non potendo approfondire il tema in questa sede, ognuno potrà farlo anche personalmente.
Quel che vogliamo dimostrare è che la Comunità di Bose – lungi dal voler somigliare, incarnare, questa immagine di Chiesa – preferisce essere una “Casa di tolleranza… religiosa” fatta a propria immagine. Poiché nel Vangelo – così tanto rivendicato – e nell’insegnamento della Chiesa, non esiste affatto una “chiesa” o comunità cristiana o un monastero di “tolleranza religiosa”, dove la fede della Chiesa è posta sullo stesso piano della fede dei non cattolici.
Un conto è infatti il progredire nell’ecumenismo autentico, nel dialogo che porti i non cattolici a riconoscere la Verità che la Chiesa tramanda e quindi a ritornare nella Chiesa di Cristo, altra cosa è il dare origine ad una Comunità, una “Casa di tolleranza”, nella quale le varie fedi cristiane non cattoliche – che si sono separate proprio perché rigettano le dottrine cattoliche – imparino la falsa dottrina di essere tutte sullo stesso piano della Chiesa e in qualche modo “nella” Chiesa, pur rimanendo fedeli alla propria fede non cattolica.
Non solo ciò è paradossale, ma per un cattolico è proprio un tradimento.
Come abbiamo detto, il titolo dell’articolo è volutamente provocatorio. Esso ha un senso che viene dalla Bibbia e poiché Enzo Bianchi si vanta del suo insegnamento biblico forse è il caso di rammentargli alcuni passi.
Nella Sacra Scrittura il concetto di prostituzione si fonda sull’abuso e sulla perversione della sessualità usata al di fuori della sua utilità originale della procreazione quando l’uomo e la donna, lasciati il padre e la madre, si uniscono in una carne sola per dare origine ad una nuova famiglia e ad una nuova vita. Per questo il matrimonio è uno dei sette sacramenti ed è definito chiaramente quale parte integrante del progetto di Dio sull’uomo, maschio e femmina. Sebbene la prostituzione di tipo pagano venisse spesso tollerata, nella vita di Israele era strettamente condannata o controllata dalla legge (Lv 21, 9).
Si intreccia qui un altro tipo di prostituzione ed è quella che interessa al nostro discorso, quella “sacra”, presente in alcune religioni più antiche, semitiche, oppure praticata già ai tempi dei Sumeri, o registrata nella civiltà babilonese. Nella prostituzione “sacra” s’intrecciano motivi di perversione ancora maggiori di quella “pagana”, e spesso associata ai riti magici, esoterici ed altro… Neppure Israele viene risparmiato da questo genere di prostituzione (cfr. 1Re 15, 12; 2Re 9, 22; Es 34, 16), ma essa fu subito combattuta dai profeti, in particolare da Osea ed Ezechiele. In sostanza, Dio accusa di prostituzione colui che, avvicinato da Lui come figlio, lo abbandona per adorare altri idoli, venerare altre religioni. L’ira del Signore è motivata: «Perché Io sono un Dio geloso» (Es 20, 2-6).
Il profeta Osea ci introduce alla spiegazione di ciò che intendiamo dire con questo titolo; egli è il primo a rappresentare con l’immagine dell’unione coniugale i rapporti del Signore con il suo popolo, dopo l’alleanza sul Sinai, e a qualificare il tradimento idolatrico di Israele non solo come prostituzione, ma persino come adulterio. Prostituzione non era più solo il tradimento fra coniugi, fra marito e moglie, ma era anche quell’abbandonare la Legge (i Dieci Comandamenti nel caso dell’Antico Testamento), quel tradire il Dio “vivo e vero” per sostenere altre religioni, altre fedi. La restaurazione di Israele descritta in Isaia (50, 1; 54, 6-7; 62, 4-5; ecc…) è una riconciliazione di una sposa infedele, così come la descrive anche il Cantico dei Cantici e il Salmo 45, con un Dio, che è Sposo fedele e misericordioso.
Arrivando al Nuovo Testamento, infatti, “ecco lo Sposo” fedele e saggio, Gesù Cristo. L’era messianica viene presentata come uno sposalizio e, per i discepoli, un invito a nozze (Mt 22, 1-14; 9, 15; 25, 1-13; Gv 3, 29). In tutto il Vangelo l’annuncio stesso della Buona Novella mostra che l’Alleanza tra Dio e il suo popolo si è realizzata pienamente, come uno sposalizio. È l’unione indissolubile in Cristo Signore, il cui Corpo, la Sposa, è la Chiesa e dove il talamo è la Croce del Golgota. Questo lo riviviamo nella Messa, dove il germe della nuova vita, la rigenerazione delle membra, è nella sua Morte e Risurrezione; dove nel Battesimo siamo “adottati-rigenerati”; dove nell’Eucaristia (Gv 6) troviamo il nutrimento, e dove nella Chiesa, sua Sposa, troviamo la Parola, il nutrimento, i carismi… E così continua san Paolo (2Cor 11, 2; Ef 5, 25-33; 1Cor 6, 15-17).
«Chi non è contro di voi, è per voi», insegna Gesù in Lc 9. Senza dubbio noi non ci sentiamo di dire di essere “contro” la Comunità di Bose, quanto piuttosto cerchiamo di capire fino a che punto Enzo Bianchi è “per la Chiesa” o fino a che punto la usa, la sfrutta come immagine soggettiva, piegata alla sua immagine di chiesa con la c minuscola.
Siamo memori, però, anche di quest’altro passo del cap. 9 di Mc: «In quel tempo Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. Ma Gesù disse: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi…”». Ci guardiamo bene dal voler “impedire” ad Enzo Bianchi di dire e di fare ciò che si sente: solo ci consenta di non essere d’accordo con la sua “casa di tolleranza religiosa” con pretese di cattolicità.
Certo, vediamo un’esperienza simile nella Comunità di Taizè, ma almeno qui il cuore della Comunità e degli incontri è Gesù Eucaristia: Gesù è al centro e ciò vale per i cattolici quanto per i non cattolici. L’esperienza a Taizè, infatti, è diretta all’incontro con Gesù Ostia Santa, presente nel tabernacolo.
A Bose, in questa “casa di tolleranza religiosa”, ci si alza alle 4:30 del mattino per pregare non come insegnato dalla Chiesa per le comunità e i monasteri, attraverso un unico breviario comune, ma “su un testo della Scrittura deciso comunitariamente, per sottolineare come sia l’ascolto della Parola l’unica vera fonte della comunione…”. Non ci risulta che la Parola sia “l’unica vera fonte della comunione”. Altrimenti basterebbe questa “lettura” per essere in piena comunione con gli eredi di Lutero. Questo infatti ci rammenta la presuntuosa dottrina del “Sola Scriptura” di luterana memoria.
La nostra non è una religione “del libro”, per quanto esso possa essere sacro. Noi parliamo di una Parola che si è incarnata e resa visibile nel corpo, cioè la Chiesa, e della Scrittura che ne contiene l’insegnamento, il quale deve essere spiegato, interpretato, compreso, tramandato. E questo insegnamento è stato dato alla Chiesa, la quale abilita e dona il mandato a chi può andare poi ad insegnare ciò che “ha ricevuto”. Ciò che unisce la comunità, certamente, è in parte anche la Parola; tuttavia lo è più per quella comunità che ignora la Verità che è contenuta nell’Eucaristia, giacché è la “vera ed unica fonte” che unisce, risana, nutre, guarisce, e parla, è la Parola incarnata, il Verbo fatto carne. Ed è anche fonte di comunione laddove, la comunità riunita, interpreta questa Scrittura con la voce della Chiesa espressa nella viva Tradizione, nei santi, dottori, ecc..
Fin dalle 4:30 del mattino non c’è comunione con la Chiesa, dal momento che la Messa, in questa casa di tolleranza religiosa, non è tollerata affatto, ma sopportata solo la domenica… Alle 6:00 cominciano tre momenti particolari di preghiere e letture varie. Dalle 6:45 alle 7:00 c’è la lettura della regola monastica per la correzione fraterna e per suggerimenti e consigli sull’accoglienza degli ospiti. Dalle 7:00 alle 8:00 un’ora di preghiera personale (non si parla mai di adorazione eucaristica). Alle 8:00 una campana segna la fine del grande silenzio, iniziato alle 20:00 della sera precedente, e viene dato inizio delle ore lavorative. Alle 12:00 si pranza, fraternamente, in silenzio. Alle 14:00 si riprende il lavoro fino alle 17:00. Alle 18:30 si ritorna in preghiera comunitaria. Segue la cena dove si possono scambiare due parole di fraternità. Alle 20:00 inizia il grande silenzio che durerà fino alle 4:30 del mattino seguente.
Lungi dal criticare l’agenda del monastero che, anzi, ci sembra seriamente ben organizzata ed anche di grande aiuto a chi davvero cerca di portare nella propria vita un certo equilibrio tra la vita materiale e la vita spirituale, ciò che ci lascia perplessi è: la fede cattolica dove sta qui? La Messa, il rosario, il Magistero della Chiesa, il “Catechismo della Chiesa Cattolica” – così raccomandato dal papa per le comunità –, le parrocchie, i movimenti, le associazioni, i gruppi ecc? E questa non è una critica, ma una constatazione di fatto: nella “casa della tolleranza religiosa” di Bose l’insegnamento della Chiesa non fa comunione. Da segnalare che, in tutto il programma, non esiste alcun richiamo a tutti e sette i sacramenti, men che meno al sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia ed, anche se vogliamo ben sperare che la pratica ci sia, non leggerlo nel programma non è incoraggiante per un cattolico.
C’è una sola Messa, la domenica alle 12:00: quindi a Bose non c’è neppure la pratica dell’Angelus. Non sia mai che si dica, nella casa della tolleranza religiosa, una “Ave Maria”, perché questa porterebbe divisione! Dunque, se questo programma può andare bene per gli ospiti non cattolici o atei, riteniamo che non può andare bene per chi è cattolico. Il cattolico che va a fare esperienza a Bose, infatti, finirebbe per dimenticare la devozione mariana della Chiesa, le pratiche devozionali con cui si realizza nel quotidiano, lo stesso Magistero e – raccomandato dai santi proprio a quanti hanno la vocazione monacale-religiosa – il ricorso quotidiano all’Eucaristia.
Esiste una cappella comune, frequentata da tutta la comunità, nella quale un Crocefisso domina la parete centrale ed un leggio con sopra il libro occupa il centro della stessa, ma non sbagliamo nel dire che il libro viene adorato più del Crocefisso e del tabernacolo. Quest’ultimo, infatti, è posto in una cappella a parte, per gli ospiti cattolici. Una concessione per la quale ringraziamo, ma dove è palese il sincretismo e la superficialità che denota chiaramente una fede più simbolica che sacra e sacramentale della presenza reale di Gesù Ostia Santa, un presenza equiparata al libro.
Certo, il ricorso alla Beata Vergine Maria c’è, ci mancherebbe altro, ma non come insegna la Chiesa. Ed è pure contraddittorio. Questo perché, secondo l’insegnamento di Enzo Bianchi, le loro fonti sarebbero tutte patristiche, e noi non lo dubitiamo questo, ma si fermano alle parole. Ripetono le parole come “letture da meditare”, parole dei Padri senza incarnarle, senza avanzare come ha già fatto la Chiesa. Non a caso viene tagliata fuori tutta la mariologia del Medioevo.
La Chiesa, come sappiamo, si sta sforzando di unificare in qualche modo il calendario dei santi, martiri, ecc… che costituiscono il Calendario Liturgico della Messa nelle due forme, quella ordinaria e quella straordinaria. A Bose, invece, usano un calendario tutto loro. È una specie di “calendario ecumenico” che contempla tutti coloro che nelle altre fedi sono considerati, in qualche modo, già “canonizzati”, senza essere stati “confermati” da Pietro (cfr Lc 22,33).
Non è una critica, ma un altro tassello che prova che a Bose non c’è nulla di cattolico. L’inventore del calendario, definito persino “martirologio ecumenico”, è ovviamente Enzo Bianchi.
Va detto che un calendario liturgico, senza la Messa, non ha neppure senso, visto che la massima espressione per venerare qualcuno è l’offerta dell’unico Sacrificio perfetto. Un conto, infatti, è non poter andare un giorno alla Messa, altra cosa è non mettere la Messa nel calendario liturgico per venerare qualcuno. Così nella “casa della tolleranza religiosa” non si tollera il Calendario della Chiesa, tanto da crearne uno che metta d’accordo tutti. Ma portiamo alcuni esempi.
Il 28 gennaio viene ricordata la memoria di san Tommaso d’Aquino, senza il titolo di santo e dottore, ma solo “presbitero”. Peccato che, nello stesso giorno, viene commemorata Suor Amalie (Augustine) von Lasaulx (1815-1872), della “chiesa” veterocattolica; la quale non solo non è in comunione con Pietro, ma ha nel suo seno il sacerdozio femminile, il divorzio e il matrimonio omosessuale. Leggiamo nel martirologio bosiano: “… la vita della religiosa suor Amalie, superiora all’istituto delle suore borromee, mutò drammaticamente con la dolorosa discussione intorno al nuovo dogma dell’infallibilità, proclamato dalla Chiesa cattolica nel 1870: per Amalie cominciò un tormento interiore che la condusse a confessare di non riuscire a trovare alcuna giustificazione, né nella Scrittura né nella Tradizione, che avvalorasse il nuovo pronunciamento dogmatico, secondo la formulazione espressa al concilio Vaticano I. Sospesa da ogni incarico, essa non accettò di ritrattare pubblicamente la propria posizione e morì sola, povera e abbandonata da tutti, ma convinta nella propria coscienza di essere rimasta fedele all’Evangelo…”.
Il 31 gennaio, a Bose, anglicani e cattolici ricordano la grande figura di san Giovanni Bosco. I luterani ospiti invece venerano Charles Spurgeon (+1892), come “principe dei predicatori” (???), protestante battista e predicatore contro il battesimo ai bambini. Se questo non è sincretismo religioso, dite voi che cos’è!
C’è posto anche per Gandhi; viene venerato il 30 gennaio come “giusto tra le genti”. Il 7 gennaio si ricorda Andreae Jakob, teologo luterano (Waiblingen 1528 – Tubinga 1590); spesso detto Schmiedlein (lat. Fabricius), dal mestiere paterno, o il “secondo Lutero” per l’energia con cui, specialmente come professore e cancelliere dell’università a Tubinga (dal 1561), si adoperò per la diffusione, l’organizzazione e l’unità teologica del luteranesimo.
Il 14 gennaio si ricorda: George Fox (+1691), quacchero in Inghilterra. Secondo il suo pensiero il Cristianesimo era un concetto soltanto interiore, per questo le varie strutture ecclesiastiche ne erano estranee, lo stesso i giuramenti. Fox cercò di diffondere il suo credo nei suoi viaggi, dalla Scozia, all’Irlanda, all’America settentrionale, alla Giamaica, all’Olanda.
Il 19 gennaio: Johann Michael, teosofo (Altdorf, presso Böblingen, 1758 – Sindlingen 1819); contadino luterano, si attribuì una particolare missione profetica dandosi alla predicazione itinerante e sviluppando un sistema seguito dai cosiddetti “micheliani”.
Il 29 aprile, nella sua festa, santa Caterina da Siena così viene degradata dal calendario bosiano: “Caterina da Siena (1347-1380), testimone. Nel calendario romano e in quello anglicano ricorre oggi la memoria di Caterina da Siena, terziaria domenicana e maestra della fede”. Bose ha tolto ogni altro titolo alla Benincasa, tutti i titoli cattolici di Vergine, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e Compatrona d’Europa. Questo, naturalmente, per rispettare i non cattolici presenti a Bose che avrebbero potuto offendersi. Caterina dunque è solo “testimone”: il resto è un contorno non importante, facoltativo, opzionale. Idem per san Francesco d’Assisi: viene ricordato, ma solo come “testimone”. Per un cattolico è una degradazione e confusione.
Naturalmente, il 30 aprile, a Bose, la memoria liturgica di san Pio V sembra più un incidente di percorso che una autentica memoria. Del resto è messo sullo stesso piano della commemorazione luterana di David Livingstone (1813-1873), sostenitore delle missioni e del commercio nell’Africa centrale.
Interessante anche notare come il 4 maggio ci sia una memoria ai “Martiri inglesi dell’epoca della Riforma” (XIV-XVII sec.). Si legge testualmente nel calendario bosiano: “E moltissimi altri che non conobbero l’onore degli altari, ma che furono vittime della convinzione che l’intera verità fosse appannaggio di un solo gruppo sociale o ecclesiale”. Carini!
A parte il fatto che la Chiesa insegna a commemorare “Tutti i Santi”, anche quelli non saliti agli onori degli altari e che solo Dio conosce, il primo novembre, ma qui si venerano persone che ritenevano colpevole la Chiesa cattolica, in quanto combatteva per la difesa di una verità che sarebbe solo una mera “convinzione” sbagliata… Il calendario di Bianchi, addirittura, aggiunge: “…un martirio in odio a quella fede che ciascuno riteneva nella propria coscienza pienamente conforme agli insegnamenti di Cristo…”. Quindi Bose difende una fede personale, di stampo soggettivo, la cui corretta ecclesialità sarebbe soltanto la sua impostazione sincretista: tutti uguali, tutti sullo stesso piano. Un bel sincretismo delle fedi, quindi: tutti santi, tutti testimoni. L’importante è essere morti per una fede, non importa quale: la memoria di Gandhi è un esempio. Così come è una risposta l’equiparazione della memoria di san Tommaso, di san Pio V, o di un san Giovanni Bosco ad una visione sincretista di tutte le fedi.
E mentre i monaci cattolici a Bose il 21 novembre ricordano la Presentazione di Maria al Tempio, i luterani ivi presenti commemorano Wolfang Capito, detto poi, in italiano, Capitone (†1541), teologo a Strasburgo, il quale conobbe Zwingli, il famoso prete cattolico che rinnegò la divina reale presenza di Gesù nell’Eucaristia e che riformò la Messa togliendole ogni segno sacramentale… Capitone trovò sempre più difficile riconciliare la nuova religione con la vecchia (la Chiesa), e dal 1524 fu uno dei capi della fede riformata, assai intransigente con la Chiesa di Roma, e cercò di unificare gli interessi spirituali ritenendo inutili quelli dogmatici: un vero “amico” del papa, come si vede!
Insomma, non c’è che dire, un calendario soggettivo nel quale tutti i presenti possano essere contenti. Senza dubbio, vi è il massimo rispetto per i non cattolici, questo non lo si può negare. Qui Enzo Bianchi supera se stesso per far contenti “gli altri”: in compenso manca di rispetto alla fede e al calendario liturgico cattolici.
Tutte le feste mariane di devozione mariana non esistono; il rosario non esiste; il 13 maggio non esiste. Non esistono neppure le feste del Sacro Cuore di Gesù e del Corpus Domini, i quali sono stati materia dottrinale, dogmatica e magistrale della Chiesa tanto da avere, nel Calendario della Chiesa, un posto proprio. Viene concesso agli ospiti cattolici bosiani di venerare la Madonna del Rosario il 7 ottobre. Ma il sincretismo non manca neppure quel giorno; gli luterani ospiti a Bose, infatti, possono venerare Heinrich Melchior Mühlenberg (†1787), un evangelizzatore nordamericano che fondò la comunità luterana d’America. Melchior le diede, con la base organizzativa, una tradizione dottrinaria di tipo pietistico tuttora viva, nonché fu il primo uomo a dichiarare che gli ebrei di Filadelfia erano “atei praticanti”.
Il 27 novembre viene commemorato, a Bose, Siddharta Gautama, cioè Buddha. Sì, proprio lui! Ma giustamente nella Casa della tolleranza religiosa, c’è posto per tutti.
Il 18 febbraio è davvero curioso: nella Casa della tolleranza religiosa di Bose si venerano, per i cattolici, il beato Angelico, che del mistero di Maria e della devozione popolare fu l’eccellente e mistico pittore, e, per i monaci luterani di Bose, si commemora la memoria di Martin Lutero, il riformatore…
Un cattolico a Bose deve – essendo ospite – tollerare e stare zitto, non dire nulla su queste inconsistenti commemorazioni. Insomma, a questo punto, possiamo venerare anche Pippo, Pluto, Topolino e – perché no? – anche il povero e sfortunato Paperino… E non si dica che questo esempio è mancanza di rispetto agli uomini citati in questo calendario sincretista, perché la prima mancanza di rispetto è l’aver fatto fuori quel calendario cattolico che con meticolosa pazienza, processi e prove inconfutabili, la Chiesa ha donato alle genti di ogni tempo quale aiuto concreto e vero per convincersi che credere nella Chiesa cattolica è la vera e piena salvezza, è la via giusta per incontrarsi con Cristo, in Cristo e vivere per Cristo.
La mancanza di rispetto alla devozione popolare – che nelle feste mariane trova davvero la vicinanza con la Santissima Madre di Dio e che a Bose non trova posto per evitare di offendere chi non crede nella sua potente intercessione – è una grave omissione che infonde nei bosiani, specialmente se cattolici, un’incompleta formazione, per non dire una formazione anticattolica, uno spirito anticattolico, ma ecumenico, come se “ecumenismo” significhi fondare una “nuova chiesa” fatta da tutte le religioni. La Comunità di Bose, volente o nolente, si pone come il centro indiscusso, verso il quale si piegano i vescovi di turno, ed Enzo Bianchi è il papa indiscusso, o antipapa, di questa “chiesa ecumenica”, ma sul quale nessun vescovo ha imposto le mani, quindi assente della successione apostolica.
Il cattolico trova spazio a Bose, solo se rispetta chi rinnega la sua di fede, e non ne deve parlare, guai! Nello Statuto o Regola troviamo il monito: “Fratello, sorella, l’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema. (…) La comunità esprime la sua volontà, cui sei tenuto, nel consiglio. (…) Non esistono condizioni preliminari, e nulla garantisce in modo assoluto che obbedire al consiglio sia automaticamente obbedire a Dio e all’Evangelo. Pertanto tu ascolterai, e obbedirai alle decisioni emerse con chiarezza nel consiglio della comunità, col concorso di tutti i fratelli che hanno cercato di discernere la volontà di Dio su di te e sulla comunità: concorso di tutti i fratelli con i loro rispettivi carismi che non solo edificano la comunità ma la progettano giorno per giorno”.
Viene da chiedere: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro» (Lc 6, 39). Scrive Sant’Agostino: «L’uomo non può aver salute se non nella Chiesa cattolica. Fuori della Chiesa può trovare tutto, tranne la salute: può avere autorità, può anche possedere il Vangelo, può tenere e predicare la fede col nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, ma in nessun luogo, se non nella Chiesa potrà trovare salvezza» (“Sermone ad Caesariens. Eccl. prebem.”, n. 6). Così “L’Imitazione di Cristo” ci ammonisce, tutti, noi cattolici per primi: «Non dobbiamo credere a tutto ciò che sentiamo dire; non dobbiamo affidarci a ogni nostro impulso. (…) Spesso, quando leggiamo le Scritture, ci è di ostacolo la nostra smania di indagare, perché vogliamo approfondire e discutere là dove non ci sarebbe che da andare avanti in semplicità di spirito. Se vuoi trarre profitto, leggi con animo umile e semplice, con fede. E non aspirare mai alla fama di studioso. Ama interrogare e ascoltare in silenzio la parola dei santi. E non essere indifferente alle parole dei superiori: esse non vengono pronunciate senza ragione…».
I nostri “superiori” sono, nella gerarchia, in comunione magisteriale con il papa, servo dei servi di Cristo, vicario di Cristo in terra, abilitato da Cristo a confermare gli altri nella fede, e almeno questi sono i superiori per un cattolico. Enzo Bianchi predica bene la tolleranza, ma chi sono i suoi superiori? Chi lo ha investito di autorità? Perché come cattolico dovrei ascoltarlo? Perché certi vescovi lo impongono ai cattolici, ma non impongono, per esempio, maestri come sant’Alfonso de Liguori, o san Roberto Bellarmino?
 

(Fonte: Tea Lancellotti, Papalepapale, 23 novembre 2012)
 

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