giovedì 5 maggio 2016

Non c'è più religione. A "L'Osservatore Romano" non piacciono i monoteismi

Per rilanciare in formato rivista il supplemento femminile de "L'Osservatore Romano" si è scomodato nientemeno che il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.
Al suo fianco, martedì 3 maggio nella Filmoteca di Palazzo San Carlo, adiacente a Casa Santa Marta, c'erano naturalmente il direttore del quotidiano della Santa Sede, Giovanni Maria Vian, e la coordinatrice di "Donne Chiesa Mondo", Lucetta Scaraffia (vedi foto).
C'era anche il prefetto della neonata segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, che di per sé sarebbe in Vaticano l'autorità più alta in materia, a maggior ragione nell'attuale fase di ristrutturazione dei media. Ma stranamente se ne è stato in fondo alla sala e in silenzio, tra il pubblico in piedi.
Stranamente ma non troppo. Un mese fa, in un'intervista a "Rossoporpora", Viganò non era stato particolarmente espansivo riguardo al futuro de "L'Osservatore Romano". Aveva fatto presagire la riduzione della sua attuale foliazione quotidiana a minuscolo bollettino ad uso della curia e delle sole edicole attorno al Vaticano, perché "per noi è un po' la gazzetta ufficiale, dato che vi vengono pubblicate le nomine". Mentre per gli articoli più pensosi aveva ipotizzato un'uscita settimanale, come già avviene per le edizioni in altre lingue.
Non una parola sul supplemento "Donne Chiesa Mondo", che presumibilmente per lui, Viganò, sarebbe più da chiudere che da rilanciare, visto quanto costa, in tempi di conclamati tagli di spesa.
Il cardinale Parolin, interpellato sui costi della nuova rivista, ha risposto che un mecenate c'è e sono le Poste Italiane, quindi per adesso i conti tornano.
Ma è evidente che in Vaticano la partita non è affatto chiusa. E il risultato è che in questa fase di transizione incerta non si capisce più chi comanda nel settore dei media né chi controlla che cosa vi viene pubblicato.
Proprio "Donne Chiesa Mondo", ad esempio, è reduce da un pasticcio creato dal suo numero di marzo, che aveva perorato con eccessiva disinvoltura l'abilitazione delle donne a tenere l'omelia durante la messa, ignorando la proibizione che lo stesso papa Francesco aveva ribadito all'inizio del suo pontificato.
Ne era conseguito un pubblico autodafé su "L'Osservatore Romano" ad opera di uno dei colpevoli, il priore di Bose Enzo Bianchi:

Ma un esempio ancor più lampante dell'attuale stato di confusione è l'articolo apparso su "L'Osservatore Romano" lo scorso 26 aprile, intitolato "Il disagio dei monoteismi" e riguardante un famoso egittologo e teorico delle religioni, il tedesco Jan Assmann.
Già l'autore dell'articolo qualche interrogativo lo suscita. È Marco Vannini, fiorentino, rinomato studioso della mistica ma su posizioni lontanissime dal credo cattolico.
Su di lui "La Civiltà Cattolica" aveva espresso già nel 2004 un giudizio senza appello, per la penna di padre Giandomenico Mucci, concludendo che Vannini "esclude la trascendenza, sopprime le verità essenziali del cristianesimo e per via neoplatonica approda inesorabilmente a una moderna gnosi".
Ma nonostante ciò dal 2014 Vannini è una firma ricorrente su "L'Osservatore". E questa volta è stato affidato proprio a lui di recensire un autore, Assmann, la cui tesi capitale è che i monoteismi, tutti, in testa il giudeocristianesimo, sono per essenza esclusivi e violenti nei confronti di ogni altro credo, all'opposto degli antichi politeismi, per essenza pacifici.
Ebbene, su "L'Osservatore" Vannini non prende minimamente le distanze dalle tesi di Assmann, anzi, le condivide visibilmente.
Scrive:
"In un tempo di rinnovata violenza in nome di Dio, una vera tolleranza religiosa, capace di riconoscere la relatività senza scivolare nella banalità, può sussistere solo superando la distinzione mosaica tra vera e falsa religione, ripensando quel concetto di 'religione profonda' che Gandhi esprimeva come 'Religione con la R maiuscola', ovvero quella che lega indissolubilmente alla verità che è dentro di noi e ci purifica sempre".
E conclude:
"Nel nostro mondo globalizzato la religione può trovare posto solo come 'religio duplex', ovvero religione a due piani, che ha imparato a concepirsi come una tra le tante e a guardarsi con gli occhi degli altri, senza nondimeno perdere mai di vista il Dio nascosto, 'punto trascendentale' comune a tutte le religioni.
"Siccome, nonostante la globalizzazione, non ci sarà mai un’unica religione, un’unica verità, un unico Dio, la 'religio duplex' è quella che permette di restare uniti e solidali nel comune destino umano, al di là di tutte le differenze".
L'articolo integrale di Vannini è riprodotto in quest'altra pagina web:

Detti in parole più forbite, vi si ritrovano i pensieri che Eugenio Scalfari attribuisce a papa Francesco, circa i rapporti tra le religioni, interpretando da par suo il papa. Ma se ora li scrive "L'Osservatore Romano"…

(Fonte: Sandro Magister, Settimo cielo, 4 maggio 2016)



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