Una delle vere novità è l’attenzione alle conferenze episcopali e quindi delle modalità dell’esercizio del Ministero Petrino. Il Papa dice che manca una vera applicazione della collegialità in questo ambito e scrive: “Non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze Episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale”. Il Papa fa riferimento al Motu proprio di Giovanni Paolo II Apostolos suos, ma poi non approfondisce il tema. Forse per proporne il dibattito ai fedeli.
Da qui sicuramente verranno i dibattiti più accesi. Che si intende infatti per “autorità dottrinale”? E quali gli ambiti della dottrina che possono essere “gestiti” a livello di Conferenza episcopale?
Sono temi lasciati aperti e che dovranno essere approfonditi anche per quanto riguarda l’esercizio collegiale del Ministero Petrino.
Il testo pontificio va oltre il tema della Nuova Evangelizzazione e tocca un po’ tutti i temi della vita sociale del cristiano. Il filo rosso del testo è la missionarietà, l’uscire da se stessi per andare verso il resto del mondo.
Un tipo di lavoro che la Chiesa deve affrontare con una conversione alla pastoralità, senza indulgere in burocraticismi.
Il Papa usa un linguaggio a volte vivace a volte un po’ difficile con riferimenti a filosofie e teologie degli anni dell’immediato post Concilio, ma c’è davvero argomentazione per tutti.
Il Papa, ha ricordato Rino Fisichella, “indugia in espressioni ad effetto e crea neologismi per far cogliere la natura stessa dell’azione evangelizzatrice.”
Nel testo c’è spazio per i Sacramenti, per il dialogo ecumenico, per i problemi della povertà, per la pietà popolare, per la liturgia, per i problemi sociali.
I principi dottrinali rimangono quelli di sempre, ma si amplia l’area di interesse e il Papa guarda al sociale e alla società partendo dal basso.
Significativo anche lo spazio dedicato ad una vera “pastorale dello Spirito Santo” anche questo originario della teologia latinoamericana che affronta la aggressività delle sette con una attenta rilettura proprio dello Spirito.
Molte le citazioni dei documenti delle varie conferenze episcopali nel mondo.
Il Papa riporta nella Costituzione i temi principali del documento di Aparecida, da lui preparato alla conclusione della assemblea del 2007, e ritorna a mettere in guardia dal pericolo dello gnosticismo e del pelagianismo.
Ci sono nel testo alcuni passaggi che potranno essere “usati” per sostenere tesi che il Papa non presenta. Come il passaggio dedicato al Sacramento dell’ Eucaristia.
Tra le molte indicazioni pastorali anche una speciale per la attenzione alla omelia nelle messe. Un tema che era stato trattato nel Sinodo sulla Parola di Dio e che il Papa approfondisce e amplia.
Significativo anche che il Papa ricordi come la attività missionaria del cristiano non deve essere timida, e ricorda che l’identità cristiana è la strada per una vera evangelizzazione.
Nel testo ci sono gli echi dei tempi più classici del Concilio, dalla inculturazione alla opzione per i poveri del Documento di Puebla e della Populorum progressio e anche la Deus Caritas est con la sua attenzione al compito della Chiesa che “non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia”.
Il testo è chiaramente rivolto ai cristiani, non “a tutti gli uomini di buona volontà”, un testo ad intra che serve un po’ da manuale per le comunità e apre anche spazio al dibattito su temi che da decenni vengono usati all’interno della Chiesa cattolica per cercare di “forzare” il Vangelo.
Una nota sui media. Il Papa non esita ad affermare che: “ Nel mondo di oggi, con la velocità delle comunicazioni e la selezione interessata dei contenuti operata dai media, il messaggio che annunciamo corre più che mai il rischio di apparire mutilato e ridotto ad alcuni suoi aspetti secondari”.
Insomma il pericolo, come quello del progresso tecnologico, è quello di rendere tutto superficiale e mal interpretato.
Per il Papa quindi il rischio della “secolarizzazione” c’è ed è fortissima e dipende in gran parte dalla mancanza di formazione religiosa, ma anche dalla mancanza di veri rapporti, di una vera cultura dell’ incontro, di una pastorale “che scaldi il cuore”.
Colpa del clero o dei laici? La lettura del voluminoso testo del Papa che riassume i temi di sempre e ripropone interrogativi non ancora risolti è quanto meno una occasione per un buon esame di coscienza.
(Fonte:
Angela Ambrogetti, korazim.org, 26 novembre 2013)
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