giovedì 14 novembre 2013

Pio XII, il Papa della carità

L’indegna, calunniosa commedia, messa in scena contro Pio XII da un mediocre commediante, al soldo del Kgb e applaudito dalla folla ubriacata dal buonismo di marca radical-chic, è andata in frantumi urtando la mole invincibile dei documenti storici e delle testimonianze autorevoli.
Il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione della Cause dei Santi”, e autore dell’introduzione all’innovativo saggio di Emilio Artiglieri, “Pio XII Il Papa della carità“, dichiara finalmente scaduto il tempo in cui “la Chiesa cattolica si è affaticata a difendere la figura di Pio XII da attacchi ignobili, dettati più che da ignoranza, da vera e propri mistificazione”. Ha inizio adesso  una nuova fase storica, in cui la Chiesa sarà impegnata ad esaltare “uno dei più straordinari pontefici che la cristianità abbia mai avuto“.
Scritto con bello stile, il saggio di Artiglieri, edito da Velar, in Gorle (Bergamo), è un tempestivo segnale della svolta in atto nel cuore profondo e vitale della Cristianità.
L’autorevole prelato afferma, infatti, che l’autore “riesce a enucleare sapientemente gli aspetti più caratteristici e umani – e anche più trascurati – della poliedrica e ricchissima personalità di Papa Pacelli, offrendoci un ritratto particolareggiato di gran pregio di questo protagonista luminoso del recente passato“.
Quasi intenzionato a restaurare il veritiero ritratto del papa buono, dai media progressisti e massonici trasformato in matriosca contenente la caricatura di un inventato predecessore non buono, Artiglieri rievoca luminosi episodi della vita di Pio XII, che dissolvono la stucchevole dialettica, che ha avvelenato la storiografia ecclesiastica e propiziato le incaute e disastrose aperture ai fumi tossici emanati dell’agonizzante modernità.
Altra la verità storica e indenne dai fumi. Rammenta Artiglieri: “Era tale la fama di carità del nunzio [a Monaco di Baviera] che, come racconta suor Pasqualina, all’epoca già al servizio di Pacelli, una vecchietta lo attese all’uscita della Nunziatura per chiedergli aiuto. Fu il Nunzio stesso ad andarle incontro, chiedendo che cosa desiderasse. Conosciute le necessità della donna, la fece entrare e non solo le riempì due borse di vettovaglie, ma si offrì anche di portargliele fino a casa. Solo il tenace rifiuto della donna, ammirata da tanta bontà, glielo impedì”.
A proposito di carità non è inutile rammentare che buono non è il benefattore occasionale, l’elargitore di parole squillanti e inaudite, ma colui che vive secondo le virtù teologali, fede speranza e carità, e le virtù cardinali, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
Eugenio Pacelli era autenticamente buono ossia virtuoso in senso eminente e integrale. Coraggioso, ad esempio: “nei giorni della rivoluzione spartachista a Monaco, egli fu l’unico membro del corpo diplomatico, che rimase al suo posto, anticipando così quel contegno che da Pontefice terrà nei giorni non meno terribili, della Seconda Guerra Mondiale, allorché, dopo l’armistizio, fu l’unica autorità a restare a Roma”.
Della temperanza del venerabile parla la severità della sua giornata: “Lavoratore instancabile, Eugenio Pacelli iniziava la giornata poco dopo le 6 del mattino e la concludeva non prima delle 2 di notte”.
La giustizia di Pio XII rifulse durante la guerra fredda, allorché “mantenne l’indipendenza della Chiesa nella contrapposizione dei due blocchi, rinnovando le preghiere per la pace e mettendo in guardia i governanti da qualsiasi tentazione di ricorso all’arma atomica; neppure mancò di avvertire contro i rischi che la vera libertà poteva incontrare nel mondo occidentale, che attraverso la tecnica e i mezzi di comunicazione, già tendeva all’omologazione del pensiero“.
L’incontrastata corruzione oggi diffusa dall’ideologia liberale mediante una martellante propaganda che trionfa sulle ceneri del comunismo, dimostra quanto fosse lungimirante l’equanime giudizio di Pio XII.
La prudenza di Pio XII rifulge nell’insistenza con cui raccomandava agli educatori di instillare nei giovani studenti l’orrore per ogni forma di doppiezza. Quando si considera la doppia, drammatica e sciagurata vita delle studentesse parioline e delle loro madri, non si fa fatica a comprendere la verità e l’attualità della pedagogia di Pio XII
La luminosa fede di Eugenio Pacelli si legge nei documenti che confutano gli errori e le sciocchezze gorgoglianti nella nouvelle théologie. L’intrepida fede di Pio XII si legge specialmente nella proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo in corpo e anima: “dogma, nota Artiglieri, che nella mente del Pontefice rappresentava un motivo di forte rafforzamento della fede nell’Aldilà e nei valori eterni, in contrapposizione ad una visione materialista ed edonista dell’esistenza che si faceva sempre più diffusa”.
Fugate le ombre addensate dalla calunnia orchestrata dai malvagi, la figura di Pio XII, esempio di vita eroica, capace di resistere alle malsane suggestioni esalate dal sottosuolo, si propone ai fedeli, impauriti e angosciati dalla potente offensiva scatenata dall’alleanza dei tanatofili con i libertini e i cravattari, e sconcertati dagli sbandamenti del clero conciliare.
La figura di Pio XII esce dalla matriosca attiva sulla scena dell’avanspettacolo anticattolico e antistorico, per diventare il simbolo della rivincita cristiana contro gli attori recitanti, nel fumo di satana, nel cadaverico teatro del modernità e rifugio della stupidità neomodernista e del rancore degli apostati.
 

(Fonte: Piero Vassallo, Riscossa Cristiana, 8 novembre 2013)
 

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