sabato 20 dicembre 2008

Fini, le leggi razziali e la chiesa. Che pena!

È veramente inconcepibile che un Gianfranco Fini, con la storia che ha, con la matrice culturale che ha, oggi si permetta di fare la lezione alla Chiesa cattolica sul razzismo fascista in Italia.
Io capisco che, da Fiuggi in poi, stia cercando di rifarsi una propria verginità politica ed ideologica, ed è anche apprezzabile che abbia in qualche modo aiutato la destra italiana a riconoscere i propri peccati (cosa che non è affatto avvenuta con ugual decisione sul fronte comunista).
Capisco molto meno che senso abbia tirare in ballo la Chiesa, tra l'altro in modo piuttosto dilettantesco. Mi sfugge la strategia sottostante a quelle parole che, dette da un'importante carica istituzionale dello Stato, pesano come macigni.
Possibile che Fini non abbia mai letto, che so, il diario di Galeazzo Ciano? Cito alcuni passi che risalgono proprio all'anno 1938, quello del varo delle leggi razziali in Italia (i corsivi che trovate sono miei).
30 Luglio: "In seguito al discorso del Papa, violentemente antirazzista, convoco il Nunzio e lo metto sull'avviso; se si continua su questa strada, l'urto è invitabile, perché il Duce considera la questione razziale come fondamentale, dopo avvenuta la conquista dell'Impero".
8 Agosto: "Il Duce è molto montato sulla questione della razza e contro l'Azione Cattolica. E' violento contro il Papa. Dice: "Io non sottovaluto le sue forze, ma lui non deve sottovalutare la mia. Basterebbe un mio cenno per scatenare tutto l'anticlericalismo di questo popolo, il quale ha dovuto faticare non poco per ingurgitare un Dio ebreo".
4 Settembre: Il Duce aggiunge: "Sto abituando gli italiani a convincersi che si può fare a meno di un'altra cosa: il Vaticano. L'apporto che ci dà è minimo materialmente: denaro non ne entra. Certe montagne sono soltanto delle vesciche".
6 Novembre: Il Consiglio dei Ministri approverà la legge sulla razza. In essa vi è l'articolo che proibisce i matrimoni misti. Il Papa vorrebbe che venisse accordata la deroga anche per i convertiti al cattolicesimo. Il Duce ha respinto tal richiesta che trasformerebbe la legge da razzista in confessionale. Allora il Papa gli ha scritto una lettera autografa, che è rimasta senza risposta. Indignato, il Pontefice si è rivolto al Re e gli ha indirizzato una lettera nella quale accusa il Duce di voler far saltare il Concordato. Il Re, benchè ne sia in possesso da ieri sera, non l'ha ancora trasmessa. Naturalmente la legge, che è molto dura contro gli ebrei, passerà domani, com'era in programma.
Una testimonianza eccezionale, quella di Ciano, che la dice lunga sul drammatico conflitto che era in corso tra Stato e Chiesa proprio sulla questione delle leggi razziali. E che tra l'altro fa riflettere sulle pesanti responsabilità di un'istituzione ben più importante per l'Italia, la Corona stessa.
Lo scontro non si verificava solo all'interno dei palazzi, ma raggiungeva l'opinione pubblica, se è vero che l'Osservatore Romano, a metà novembre di quell'anno, quindi subito dopo l'approvazione del decreto legge contenente le leggi razziali, scriveva parole inequivocabili: "Le razze non hanno mai costituito una discriminante tra i fedeli cattolici. La Chiesa si è rivolta agli uomini di qualsiasi razza". E più avanti, a proposito delle disposizioni che dichiaravano nullo qualsiasi matrimonio tra cittadini italiani di razza ariana e persone appartenenti ad altre razze, rilevava "il contrasto tra la recentissima legge italiana e la legge canonica". E aggiungeva: "Quando due fedeli di razza diversa, decisi a contrar matrimonio, si presentano a Lei, la Chiesa non può (per il solo fatto della diversità di razza) negare la sua assistenza. Lo esige la sua missione santificatrice".
Opposizione dura, netta, chiara. Datata 15 novembre 1938, cinque giorni dopo l'approvazione del decreto. Giusto il tempo di scrivere e di andare in stampa. Ancora nel suo messaggio natalizio del 24 dicembre di quell'anno, Papa Pio XI tornò a denunciare la ferita inferta al concordato "proprio in ciò che va a toccare il santo matrimonio". E si capiva benissimo a cosa alludeva.
Come faccia Fini a dire quello che dice, e che senso abbia il farlo, resta un mistero. Perché se è vero e storicamente certo che la Chiesa si accordò con il Fascismo (in quanto vide in esso il baluardo contro il comunismo ateo, definito come "male più estremo" e come il "peggiore sovvertimento della civiltà e religione"), è anche storicamente certo che tale accordo fu sempre una sorta di tregua armata e che proprio la questione delle leggi razziali provocò un notevole raffreddamento tra le due parti e scavò anzi un fossato incolmabile.
Ne sono un esempio le parole della Civiltà cattolica del novembre 1937 (circa un anno prima di quel famigerato decreto legge), che nel commentare quanto accadeva in Spagna, sosteneva la necessità di una soluzione di giusto mezzo - il giusto mezzo dell'etica sociale cristiana - "fra gli estremi opposti dell'errore, fra l'anarchia cioè e la dittatura, fra la tirannide e l'assolutismo, fra la barbarie atea insomma del comunismo russo e quella pagana del razzismo o nazismo tedesco o di qualsiasi altro paese".
Vale la pena di estrapolare queste parole: barbarie pagana del razzismo o nazismo tedesco o di qualsiasi altro paese. Più chiaro di così…
Da quel momento in poi la Chiesa si mobilitò per salvare, in modo clandestino, quanti più ebrei poteva. Mentre gli amici di Fini si davano un gran da fare in senso opposto.
Non so a chi dovesse pagare pegno Fini con quella sua dichiarazione.
So che avrebbe fatto più bella figura a starsene zitto. (Gianluca Zappa, La Cittadella, 17 dicembre 2008)

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