venerdì 12 dicembre 2008

La Spagna senza Croce

Vorrei tornare su un fatto che risale a qualche giorno fa, sul quale non abbiamo avuto ancora la possibilità di riflettere. Ci aggiungiamo buoni ultimi a commentare la notizia, anche perché notizie come quella di cui trattiamo non perdono di attualità.
Mi riferisco alla vicenda di Valladolid: un giudice del locale tribunale ha costretto una scuola spagnola a rimuovere i crocifissi appesi alle pareti, sebbene il consiglio dei docenti si fosse espresso in modo contrario. Il giudice ha accolto la richiesta del genitore di uno studente e di una associazione locale per la difesa della scuola laica.
Dunque, attenzione, non c'entrano niente i musulmani. L'opposizione al crocifisso in uno spazio pubblico non viene da fanatici di una religione rivelata, ma da quelli di un'altra, pericolosissima, religione: il laicismo. La notizia conferma quello che abbiamo sempre creduto, anzi saputo: nell'Occidente la lotta al cristianesimo vede coinvolti i laici, più che gli adepti di altre religioni.
Non sono le coscienze dei musulmani a sentirsi turbate, ma quelle degli esponenti di un pensiero laico che aspira a diventare pensiero unico. Costoro chiamano in causa i credenti musulmani o ebrei o indù solo per nascondere il proprio imbarazzo, o il proprio livore.
La motivazione del giudice di Valladolid lascia letteralmente di stucco: la presenza di simboli come il crocifisso laddove "ci sono minori in piena fase di formazione della personalità" potrebbe provocare nei ragazzi la sensazione che "lo Stato è più vicino alla religione cattolica rispetto alle altre confessioni". Il che condizionerebbe la loro condotta, in una "società che aspira alla tolleranza delle altre opinioni e ideali che non necessariamente coincidono con i propri".
Dobbiamo supporre, a questo punto, che un docente che osasse entrare in quella scuola portando un crocifisso al collo, in quanto funzionario di stato, potrebbe essere ripreso, multato, addirittura sospeso, perché si sbilancia troppo di fronte ai propri studenti, condizionandone la condotta.
Questo, signori, è totalitarismo. Non c'è altra parola per definirlo e vi prego di riflettere molto seriamente sulla questione, perché se la sentenza di Valladolid venisse esportata e se a qualche altro giudice "illuminato" venisse la voglia di trattare la stessa materia, magari calcando un po' più la mano, magari su denuncia o delazione di qualche benefica associazione per la "difesa della scuola laica", potremmo assistere a casi di vera e propria discriminazione. O a una nuova persecuzione.
Due riflessioni. La prima. Il provvedimento è preso nel sacro nome della tolleranza.
Io devo ancora capire com'è possibile che Locke sia stato il primo a scrivere un trattato sulla tolleranza impalcandosi a suo campione, in un'Inghilterra in cui i cattolici erano sistematicamente esclusi da tutte le cariche politiche e statali, errano pesantemente discriminati e nella vicina Irlanda addirittura sterminati.
Io devo ancora capire come il pontefice della tolleranza sia stato ritenuto un Voltaire, che ha parole di fuoco per Mosè, Cristo e Maometto e i loro seguaci; un Voltaire che definisce "infame" il cristianesimo e ha espressioni di un antisemitismo becero e orribile.
Cos'è questa tolleranza? Cosa vuol dire? O meglio, quando lor signori ritengono di doverla applicare? E nei confronti di chi? La risposta è semplice: nei confronti di chi si assesta sulle loro stesse posizioni relativiste e indifferenti rispetto alla verità. Chi dice di possedere (come nel caso di ebrei e musulmani), o di avere incontrato la verità (come nel caso dei cristiani) è di per sé un violento, un elemento socialmente anomalo e pericoloso. Nei confronti di costui nessuna tolleranza è possibile. Questa gente va schiacciata, perché è capace solo di creare mali, oppressioni e superstizioni.
E' un'interpretazione del tutto ideologica, settaria e unilaterale, se si considera, per esempio, tutto il bene che i seguaci di quel Crocifisso hanno fatto lungo la storia degli uomini. Un bene di gran lunga più profondo e grande del male, soprattutto per il fatto che ne sappiamo molto poco, giacchè, ieri come oggi, il bene non fa notizia.
E siamo così venuti alla seconda riflessione. L'astrattismo ideologico e totalitario della sentenza di Valladolid si sente in quella concezione di Stato super partes, che fa a cazzotti con la storia, con l'arte, con la cultura, con le tradizioni, col sentire degli spagnoli. La Spagna (come l'Italia, del resto) è stata segnata, marchiata a fuoco da quel Crocifisso.
La cosa potrà forse non andare bene ai fanatici del laicismo che vogliono sbattezzarsi, che vorrebbero cancellare con furia ideologica e dissacrante quel marchio di fabbrica, specie ora che hanno la maggioranza politica. Ma questa è una loro pretesa, una loro violenta imposizione, che non incontra affatto l'anima della nazione (nello specifico, basta considerare il voto dei docenti di quella scuola).
Scuola laica vuol dire scuola che emargina il fatto religioso. Non è una scuola, perché non nobilita e non tiene nella giusta considerazione le proprie radici. Non è una scuola, perché esclude una dimensione importantissima dell'essere umano. Non è una scuola, perché è avulsa dalla vita vera, dalla tradizione, dalle aspirazioni della società.
Il crocifisso esce dalle aule, ma vi entra l'ora di educazione civica voluta da Zapatero, quella che insegna agli studenti la nuova morale laica imposta agli spagnoli dagli ideologi di un partito che solo oggi (e non è detto domani) ha la maggioranza nel Paese.La Spagna caccia il crocifisso e precipita nella crisi. Che sia l'inizio della fine del becero laicismo? (Gianluca Zappa, La Cittadella, 6 dicembre 2008)

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