"Un regalo implica anche una responsabilità: quella di accettarlo, di non trascurarlo, di cercare di capirne il valore e percepirne la portata nel tempo" spiega don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, durante la presentazione in anteprima per l'Italia del primo volume dell'opera omnia del Papa Benedetto XVI (Teologia della liturgia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 849, euro 55) che si è svolta domenica al Meeting per l'amicizia tra i popoli di Rimini.
"I libri del Papa sono un'immensa ricchezza - continua don Costa - un dono che è nostro compito e nostra responsabilità divulgare. Presto uscirà il secondo volume di Gesù di Nazaret, mentre continueremo a pubblicare le raccolte delle catechesi del mercoledì; per dare un'idea della risposta delle case editrici di tutto il mondo, negli Stati Uniti cinque editori la pubblicheranno simultaneamente. Si tratta di condividere un bene che il Signore ci dà, particolarmente prezioso nello smarrimento del nostro tempo". Il primo passo di un'opera imponente: sedici volumi, ventimila pagine di saggi, omelie e lezioni di cui il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller, presente all'incontro, ha avuto "la gioia e l'impegno" di curare l'edizione in tedesco. "Si potrebbe dire che le tematiche più complicate vengono come sottratte alla loro stessa complessità e rese trasparenti nella loro linearità interna - spiega monsignor Müller a "L'Osservatore Romano" parlando dell'opera che il genius loci della sua diocesi ha visto nascere e poi ha avuto il compito di custodire: a Ratisbona il professor Joseph Ratzinger ha insegnato dal 1969 fino alla sua nomina ad arcivescovo di Monaco e Frisinga nel 1977, e sempre a Ratisbona, nel 2006, durante la visita pastorale nella sua patria bavarese è stata pronunciata la celebre lectio magistralis in cui il Pontefice più diffusamente ha descritto l'intima connessione tra fede e ragione.
Il volume che inaugura la pubblicazione dell'opera omnia di Joseph Ratzinger è dedicato al tema della liturgia perché "nel rapporto con la liturgia che si decide il destino della fede e della chiesa" si legge nella quarta di copertina dell'edizione italiana, curata da Pierluca Azzaro ed Edmondo Caruana, presenti in sala durante l'incontro.
"Prima di tutto Dio; questo ci dice l'iniziare con la liturgia - si legge nella prefazione del Papa al volume - là dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Le parole della regola benedettina Nihil Operi Dei praeponetur (niente si anteponga all'ufficio divino, 43, 3) valgono in modo specifico per il monachesimo, ma nell'ordine delle priorità hanno valore anche per la vita della Chiesa e del singolo, per ciascuno nel modo proprio. È forse utile ricordare qui che nella parola ortodossia la seconda metà della parola, dòxa, non significa opinione, ma gloria; non si tratta dell'opinione giusta su Dio ma del modo giusto di glorificarlo, di rispondere a Lui".
Se il Bello è lo splendore del Vero, la chiave per comunicare l'esperienza "dell'eterno nel tempo" è proprio la "ferita della bellezza", chiosa Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, citando l'intervento sulla Settimana Santa che nel 2002 l'allora cardinale Ratzinger inviò al Meeting: la bellezza ferisce, è come un dardo che colpisce l'anima, la richiama al suo destino ultimo e le apre gli occhi sulla sua natura infinita. Secondo un'antica leggenda russa, Vladimiro, principe di Kiev, non si convertì al cristianesimo in seguito a un'opera di persuasione missionaria particolarmente convincente, ma grazie all'incontro con la bellezza del culto divino.
Dice Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Roma di Cl, presentando il libro: "La mia prima e costante reazione è stata la sorpresa; è nota la chiarezza del linguaggio di Joseph Ratzinger, ma la passione del Papa per la liturgia, che definisce "il centro della mia vita", riesce davvero a contagiare. Innanzitutto ecco un punto fondamentale. Ben al di là degli atti liturgici singolarmente considerati e vissuti, sui quali peraltro ci sono moltissime e illuminanti pagine, il culto cristiano è "esperienza della contemporaneità con il mistero pasquale di Cristo". In esso "esiste qualcosa dei sacramenti primordiali, sacramenti della creazione che nascono dai punti nodali dell'esperienza umana e lasciano intravvedere un'immagine tanto dell'essenza dell'uomo quanto del tipo del suo rapporto con Dio. Punti nodali come la nascita, la morte, il pasto, l'unione sessuale". In queste che sono le sue condizioni biologiche l'uomo sperimenta di essere sopraffatto da una potenza che non può né chiamare né vincere e che, ancora prima delle sue decisioni, già lo circonda e lo sorregge. Fessure, le chiama citando Schleiermacher, attraverso le quali l'eternità getta uno sguardo nel procedere uniforme della vita quotidiana dell'uomo. Inizia così il senso della spiritualità, il connettersi col cosmo, il proiettarsi nella dimensione del "con": con le cose, con gli altri uomini. Per i cristiani, cioè per me, la liturgia diventa pertanto una questione terribilmente seria - continua Fontolan - che ha a che fare con la concezione stessa della fede e investe la vita stessa della Chiesa, la sua presenza efficace nel mondo. La perdita della centralità di Dio, lo smarrimento della coscienza della contemporaneità di Cristo si rivela in molti indizi, anche nella liturgia, e rivelano una sorta di resa alla modernità che cancella il mistero dall'orizzonte umano. L'arte visiva, a esempio, manifesta "l'intero problema della conoscenza dell'epoca moderna: se non si verifica nell'uomo un'apertura interiore che lo renda capace di vedere qualcosa di più di ciò che è misurabile e ponderabile e di percepire nel creato lo splendore del divino, allora Dio rimane escluso dal nostro campo visivo" scrive l'autore. Non vederlo è perciò non viverlo più.
A proposito delle chiese, intese come edifici, l'autore scrive: "L'edificio chiesa, per conservare la sua legittimità cristiana, deve essere cattolico nel senso originario della parola, una dimora dei credenti in tutti i luoghi". E poi cita Albert Camus "che ha dato espressione sconvolgente all'esperienza dell'estraneità e della solitudine" raccontando di un viaggio a Praga, "in una città in cui non capisce la lingua dei suoi abitanti, è come un esule; anche lo splendore delle chiese rimane muto e non consola. Per un credente questo dovrebbe essere impossibile: dove c'è la Chiesa, dove c'è la presenza eucaristica del Signore, egli fa esperienza di patria".
Tutto per l'autore concorre a costruire la meravigliosa cattedrale della liturgia cristiana, che vale la pena di conoscere, amare e soprattutto vivere pienamente perché la liturgia, come ha scritto Luigi Giussani, "è un discorso che non ha termine e vi si è trascinati dentro dal flusso della forza della Grazia di Dio, del mistero di Dio del mondo". Trascinati dentro; è proprio l'esperienza che ho fatto e che ho cercato di riproporvi, sentendomi un lettore che ha tutto da imparare" ha concluso Fontolan. "Pregare - continua Savorana citando il discorso di saluto al Meeting del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone - non è un evento dalle nuvole in su, non è una fuga dal mondo ma il massimo della concretezza; imparare a domandare e imparare a desiderare, a "orientare bene i desideri" è imparare a vivere. Pregare è l'avamposto dell'uomo in battaglia per difendere il cuore dell'uomo nel suo desiderio di cose grandi. La preoccupazione che spesso ha espresso il Papa è che l'intelligenza della fede diventi intelligenza della realtà; la chiesa dovrebbe essere il luogo in cui la bellezza è di casa, "la bellezza - scrive Benedetto XVI - senza la quale il mondo diventa il primo cerchio dell'inferno". "Vorrei concludere le mie considerazioni con una bella parola del Mahatma Gandhi che ho trovato una volta su un calendario - scrive il Papa nel saggio sulla teologia della musica sacra pubblicato nel volume, nel capitolo dedicato a "L'immagine del mondo e dell'uomo propria della liturgia" - nel mare vivono i pesci e tacciono, gli animali sulla terra gridano, ma gli uccelli, il cui spazio vitale è il cielo, cantano. Del mare è proprio il tacere, della terra il gridare e del cielo il cantare. L'uomo però partecipa di tutti e tre: porta in sé la profondità del mare, il peso della terra e l'altezza del cielo, e per questo sono sue anche tutte e tre le proprietà, il tacere, il gridare e il cantare. Oggi, vorrei aggiungere, vediamo come all'uomo privo di trascendenza rimane solo il gridare, perché vuole essere soltanto terra e cerca di far diventare terra anche il cielo e la profondità del mare. La liturgia giusta, la liturgia della comunione gli restituisce la sua interezza. Essa gli insegna nuovamente il tacere e il cantare, aprendogli la profondità del mare e insegnandogli a volare, che è il modo di essere dell'angelo; elevando il suo cuore fa nuovamente risuonare in lui il canto che era stato sepolto".
(Fonte: Silvia Guidi, ©L'Osservatore Romano, 24 agosto 2010)
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