Il regista Gjon Kolndrekaj fa fatica a crederci. E non è il solo. Il suo docufilm “Matteo Ricci, un gesuita nel regno del drago”, che ripercorre la vita del «pioniere» della cristianità in Cina e che proprio oggi verrà presentato all’Expo di Shangai («dopo più di sessanta altre presentazioni»), ha suscitato l’interesse persino della televisione cinese ma non riesce a trovare un posto nelle reti del servizio pubblico italiano: «Capisco che i dirigenti della Rai abbiano i loro problemi. Ma credo anche che siano stati messi lì per occuparsi della programmazione televisiva, per produrre cultura e conoscenza».
Partiamo dall’inizio. A chi e quando ha proposto il suo docufilm in Rai?
«Sei mesi fa. Ho mandato al presidente, al direttore generale e ai direttori di rete il libro e il dvd allegato che, peraltro, è stato coeditato da Rai Eri. Dunque, da loro. Ad oggi non ho avuto alcuna risposta. O, meglio, ne ho ricevute solo di vaghe: Vediamo, ora non è il momento, magari ne riparliamo a settembre. Prendono tempo perché nessuno ha il coraggio di esporsi, neanche per dirmi: Grazie, ma non ci interessa. Chissà, forse aspettano di ricevere la telefonata di qualcuno di importante. Io, però, queste cose non le faccio».
Facciamo finta che la stiano ascoltando, quale potrebbe essere la collocazione televisiva ideale per “Matteo Ricci, un gesuita nel regno del drago”?
«Dura cinquantotto minuti, sarebbe perfetto per una seconda serata. Su quale rete? Non so, so solo che tutti i miei prodotti (tra cui la serie Viaggi nei luoghi del Sacro e il film Passione di Cristo, ndr) sono stati trasmessi da Raiuno e, poi, hanno fatto il giro del mondo. Stavolta, invece, veniamo accolti con grande entusiasmo in Cina mentre a casa nostra sembrano tutti impegnati a guardare le stelle. Quello che mi stupisce è che non stiamo parlando di una semplice figura ecclesiale ma di un uomo che ha contribuito ad avvicinare l’Occidente alla Cina. Non a caso il governo cinese si è detto disponibile a finanziare la metà delle spese di un vero e proprio film che ora, dopo il documentario, vorrei fare su Matteo Ricci».
E l’altra metà?
«Non so dove trovarla. Speravo potesse interessare alla Rai. Ma, se non fanno niente per un docufilm che non devono pagare, figuriamoci se pensano di spendere soldi per il film. Forse non si sono accorti che stiamo parlando di un grande italiano».
Di cui, tra l’altro, quest’anno ricorre il quarto centenario della morte.
«Un motivo in più per far conoscere al pubblico televisivo questo personaggio straordinario, scienziato nonché sensibilissimo padre missionario che è stato scelto come testimonial dell’Italia all’Expo di Shangai. Durante la conferenza stampa di presentazione del docufilm che si è svolta lo scorso anno al Festival del Cinema di Venezia, il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo Dario Viganò, presente alla proiezione insieme al Patriarca di Venezia cardinale Angelo Scola e al Vescovo di Macerata monsignor Claudio Giuliodori, disse: «Speriamo che la Rai si risvegli». La mia speranza è proprio questa».
Intanto c’è la tv cinese.
«Già. Vuole programmare il mio docufilm con una serata speciale. Da loro Matteo Ricci è ancora oggi una figura di primissimo piano. Per certi dirigenti Rai invece...»
(Fonte: Tiziana Lupi, © Avvenire, 6 agosto 2010)
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