Era
preannunciata la sua presenza. Infatti c’era, ha partecipato: anche il Vescovo,
mons. Domenico Cancian, è intervenuto al settimo meeting organizzato
dall’associazione culturale “Etruria”-Circolo “Voltaire” lo scorso 6 dicembre
presso la sala consiliare del Comune di Città di Castello. A darne notizia, è
stato il sito del GOI-Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. In una
parola, la massoneria. E da massoni era affiancato il prelato.
A
partire dal presidente dell’ente promotore, Fausto Castagnoli, che ha
introdotto i lavori, sino al co-relatore, il prof. Antonio Panaino, che non è
solo ordinario di Storia religiosa del mondo iranico presso l’Alma Mater
Studiorum dell’Università di Bologna, ma è anche direttore scientifico e
condirettore della rivista ufficiale del GOI, “Hiram”, nonché autore del volume
da cui ha tratto origine il convegno, “I Magi e la loro stella – Storia,
scienza e teologia di un racconto evangelico”, incredibilmente pubblicato a
novembre dall’editrice San Paolo nella collana “Parola di Dio”.Già il saggista Francesco Colafemmina, sul blog “Fides et Forma”, ha evidenziato come non sia preoccupazione prima di Panaino preservare la storicità dei Magi, preferendovi prevedibilmente una lettura simbolica: essi sarebbero “iniziati”, una metafora del “cammino dell’umanità” verso ”l’unica stella e la sua luce infinita”, come si legge nel libro edito dalla San Paolo, stella che Colafemmina individua in “quella fiammeggiante che campeggia in ogni loggia, culto satanico al G.A.D.U.”. Stella, che non a caso si fermerebbe presso la “meta” ovvero la “casa” di Cristo, considerato a sua volta un “grande iniziato, in grado di trasformare l’uomo in Dio, il metallo vile in oro”. Il testo mette dunque in discussione la storicità dei Magi, valutando incroci ed innesti con astrologia, miti nordici, solstizio d’inverno, rinascita del Sole, ciclo della luce e letteratura apocrifa.
La stessa attribuzione del Vangelo a Matteo sarebbe “un fatto sostanzialmente tradizionale, ma non un dato inappellabile sul piano storico-filologico”. Incredibile! Perché? Il volume di Panaino trae spunto dal Vangelo di Matteo detto dell’Infanzia: non a caso esso esce contemporaneamente a “L’infanzia di Gesù”, l’ultima opera scritta da Benedetto XVI, in cui il Sommo Pontefice afferma esattamente l’opposto. Nega cioè che quanto contenuto nei Vangeli di Luca e Matteo possa ritenersi una favola o un racconto simbolico e precisa anzi essere “storia reale, avvenuta” realmente, visita dei Magi compresa, che definisce “una via verso la vera conoscenza, verso Gesù Cristo”, non verso la stella. Una prospettiva radicalmente diversa, -di più-opposta a quella suggerita da Panaino.
Val la pena però ricordare come la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1983 con la “Dichiarazione sulla massoneria”, approvata dal Beato Giovanni Paolo II, abbia ribadito la condanna e confermato con chiarezza per i fedeli il divieto di appartenere alla massoneria, essendo i principi su cui si fonda inconciliabili con la Dottrina della Chiesa. Chi vi aderisce, si trova in stato di peccato grave contro l’integrità della fede, in quanto tale eretico, secondo i canoni 1364 e 1374 del vigente Codice di Diritto Canonico Il primo colpisce con “scomunica latae sententiae l’apostata, l’eretico e lo scismatico” -con richiamo peraltro al canone 194, secondo il quale “è rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso chi si è separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa”-. Il secondo punisce chi dia “il nome ad un’associazione, che complotta contro la Chiesa”, nonché “con l’interdetto” chi la promuova o la diriga. Anche chi la promuova…
Pubblicare il libro scritto da un massone professo e proporlo al pubblico, appellandosi al dialogo purchessia, riecheggia analoghi e recenti tentativi di porre l’errore grave, il rifiuto di Dio in cattedra. Non a caso nel messaggio scritto per l’ultimo incontro del “Cortile dei gentili”, il regnante Pontefice, Benedetto XVI, ha condannato con chiarezza quel “mondo auto-costruito”, che si sottrae “allo sguardo creatore e redentore del Padre”, trasformando “le«risorse» di Dio in nostri prodotti”, e vi ha opposto con forza la necessità di porre in modo evidente Dio al centro, “di nuovo visibile nel mondo e determinante nella nostra vita”.
E’ a questo che un editore – specie nel caso voglia, oltre a dirsi, anche esser cattolico -, è chiamato e tenuto ad attenersi. Lo stesso dicasi per un Vescovo, quando invitato come relatore ad eventi pubblici. A questo e non ad altro.
(Fonte:
Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 10 dicembre 2012)
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