A farlo è il professor Giovanni Fornero, torinese, coautore assieme a Nicola Abbagnano della “Storia della filosofia” più studiata nei licei e del “Dizionario di filosofia” più consultato nelle università, oltre che studioso particolarmente attento al confronto tra il pensiero laico e il pensiero cattolico,
Intervistato da Annalia Dongilli sotto il titolo “Il dovere della chiarezza” e il sottotitolo “Il dialogo sarà costruttivo se privo delle ambiguità dottrinali”, Fornero non risparmia critiche all’argomentare del papa. In particolare su due punti.
Il primo è là dove Francesco sostiene che nemmeno per chi crede si può parlare di verità “assoluta”, perché, dice, la verità è “relazione”, con ciò dando l’impressione di consentire con il relativista Scalfari.
Ma non è così. Fornero mostra che “il ‘relazionismo’ di Francesco ha poco da spartire con il relativismo di Scalfari”. Il guaio è che “quando i due interlocutori sostengono che la verità assoluta non esiste danno, a questa espressione, significati strutturalmente diversi”.
Il secondo punto che secondo Fornero è “causa di potenziali equivoci” è il discorso sulla coscienza. E spiega:
“Francesco ritiene che si debba obbedire alla propria coscienza e che il peccato c’è quando si va contro di essa. Ascoltare e obbedire alla coscienza, spiega il papa, significa che ‘ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il male come lui li concepisce’.
“Che cosa intende precisamente Francesco con questa affermazione, che Scalfari ha giudicato una delle più ‘coraggiose’ udite da un papa? Intende forse ciò che il fondatore di Repubblica ha in mente, ossia che il soggetto, nella sua insindacabile interiorità, è fonte del bene e del male? Dubito che le cose stiano veramente così, ossia che il papa intenda legittimare una qualche forma di soggettivismo etico.
“Infatti, la dottrina della Chiesa, di cui Francesco si proclama ‘il figlio’, sostiene che la coscienza non crea il bene e il male, ma li riconosce. Su questo punto il Concilio Vaticano II è esplicito: ‘Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale deve invece obbedire’. Altrettanto esplicita è la ‘Veritatis splendor,’ che respinge la concezione della coscienza come realtà autoreferenziale.
“Tuttavia, poiché Francesco, nel suo empatico sforzo di ’sintonizzarsi’ con l’interlocutore, non si sofferma su questi basilari aspetti della dottrina cattolica, il suo discorso rischia, per certi versi, di essere incompleto e concettualmente ambiguo. Tant’è che esso appare suscettibile d’interpretazioni diverse e persino opposte.
“Inoltre non si capisce bene se il nuovo papa intenda essere ‘rivoluzionario’ anche sul piano dottrinale – come ritiene o auspica Scalfari – o intenda proporre la dottrina di sempre in forme più ‘misericordiose’ e vicine alla sensibilità moderna”.
(Fonte:
Giovanni Fornero, Settimo Cielo, 3 ottobre 2013)
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