Ad aiutare la comprensione di quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi, e soprattutto di cosa è davvero la Curia romana è il Presidente del Pontificio Consiglio dei testi legislativi, il cardinale Coccopalmerio. In una giornata di studio organizzata dal Pontificio Istituto Orientale sulla Costituzione Apostolica Pastor Bonus che regola l’attività della Curia, firmata 25 anni fa da Giovanni Paolo II, il cardinale ha proposto alcune riflessioni sul tema della riforma. Senza nulla togliere ovviamente al lavoro della commissione che lavora con il Papa, ma piuttosto per parlare con canonisti e fedeli di cosa mettere al centro del dibattito.
La base resta proprio la Pastor Bonus per capire innanzi tutto cosa è la Curia. E si parte dalla introduzione e da un passaggio in particolare che rimanda al Concilio Vaticano II che “afferma con queste parole: «Nell’esercizio della sua suprema, piena ed immediata potestà sopra tutta la Chiesa, il romano Pontefice si avvale dei dicasteri della Curia romana, che perciò adempiono il loro compito nel nome e nell’autorità di lui, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori» (Christus Dominus, 9).”
La Curia serve il Papa e serve al Papa per il suo governo, lo aiuta nel suo ministero. E lo fa grazie alla collegialità. Perchè i capi dicastero sono vescovi, e perchè ogni dicastero è di fatto un collegio di vescovi. Tra il Papa e i dicasteri quindi deve esistere una relazione strettissima, una assiduità di lavoro costante con tutti i membri del dicastero. Coccopalmerio suggerisce un incontro almeno una volta al mese. Ma non certo un incontro formale. Un incontro di lavoro nel quale il dicastero presenti al Papa fatti e testi e nel quale riceva un giudizio del Papa che diventa poi decisione del Papa stesso. Ecco il suo modo di governare. Le indicazioni dal capo della Chiesa cattolica passano attraverso i dicasteri che le attuano. E così il Papa governa la Chiesa attraverso i dicasteri.
Perchè questo funzioni il personale della Curia deve essere altamente qualificato, professionalmente e spiritualmente. E questo a partire dai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, ai laici. Perchè la loro è una vera corresponsabilità nella missione della Chiesa.
Tanto che il cardinale propone una formazione permanente non solo professionale ma spirituale. Perchè una professionalità senza una alta formazione spirituale non è sufficiente a fare un “buon curiale”. E presenta l’idea di esercizi spirituali ogni anno non solo per i capi dicastero come sarà quest’ anno per volontà di Papa Francesco, ma per tutta la Curia.
E mette il dito sulla piaga: le diocesi del mondo non devono mandare a Roma gli “scarti” pastorali, coloro che non sanno come collocare, ma elementi di alto livello. Solo così il servizio stesso della Curia alle Chiesa locali sarà buono. E solo con una attenzione costante spirituale, con un servizio pastorale quotidiano i sacerdoti che lavorano in Curia saranno veri sacerdoti al servizio della Chiesa.
Altro problema è quello della internazionalizzazione della Curia. E’ ovvio che tutto il mondo cattolico deve essere in Curia per assistere meglio il Papa nel suo servizio, ma la priorità nelle scelta deve essere sempre quella della qualità professionale e spirituale.
Una delle necessità più sentite è quella del lavoro tra dicasteri, del confronto, dello scambio fraterno. Nessun dicastero deve essere chiuso verso l’esterno. Per questo occorre incrementare le occasioni di scambio con riunioni e commissiono interdicasteriali che siano libere, su temi diversi e non “ingessate”, mettendo davvero in pratica l’articolo 21 della Pastor bonus: “Quando sia necessario, saranno costituite opportunamente commissioni interdicasteriali permanenti, per trattare quegli affari che richiedono una reciproca e frequente consultazione.”
Da qui deve venire un miglior servizio alle Chiese locali, la Curia deve fare sentire la sua vicinanza, la sua presenza alle iniziative delle Chiese particolari con una politica di comunicazione più decisa.
Fin qui la traccia della Pastor bonus. Ma il cardinale Coccopalmerio ha già delle proposte. Due “uffici” nuovi e la messa in pratica di uno che già esiste nelle Curie diocesane e che è diventato un po’ il suo cavallo di battaglia: il moderator curiae.
I due nuovi uffici sono l’adattamento alle necessità della società che cambia. La prima è una struttura per organizzare i grandi eventi, dai giubilei, agli anni speciali ai convegni dei vari dicasteri.
Un ufficio che possa coordinare le forze e rendere più moderno ed efficiente la attività pubblica della Curia e della Santa Sede anche nel reperimento dei fondi per le grandi iniziative.
E c’è poi un altro ufficio suggerito: un istituto centrale per gli enti ecclesiastici. Si tratterebbe di una struttura di gestione pratica ed economica dei beni di congregazioni e istituti religiosi, soprattutto femminili, che rischiano a causa delle difficoltà di “sprecare” le loro risorse e depauperare anche le forze per la missione della Chiesa. É un problema che si sta presentando da anni. Molti istituti sono in difficoltà e vendono, o meglio svendono edifici e strutture, altri si trovano a fare affari sbagliati che li rendono ancora più poveri e senza la possibilità di compiere la loro missione. Ecco l’istituto dovrebbe agire proprio per salvaguardare i beni degli istituti e così il loro lavoro pastorale ed apostolico. Il cardinale ha già nel cassetto una bozza di statuto per questo auspicato ufficio.
Ma chi si dovrebbe occupare di oliare le ruote dell’ ingranaggio della complessa macchina della Curia? Il moderator, l’ufficio cioè che in termini aziendali potrebbe definirsi di ottimizzazione del lavoro e di coordinamento. Gestione del personale, richieste di chierici alle diocesi, organizzazione di incontri, cura spirituale, revisione continua della funzionalità dei dicasteri, la ridefinizione dei compiti, tutto questo e ancora altro è nelle competenze dell’ ufficio del moderator. Ma senza essere un doppione della Segreteria di Stato che a sua volta non deve essere un doppione dei dicasteri come spesso avviene secondo la funzione attuale.
Il moderator come del resto la Segreteria di Stato non di vede frapporre tra il Papa e i dicasteri, questo è l’essenziale, questo deve essere chiaro secondo il presidente del Pontificio Consiglio dei Testi legislativi.
La Curia insomma non si riforma senza la Curia, e non è un Moloch da abbattere, al contrario è la struttura più necessaria al Papa per essere Papa e per arrivare a tutte le Chiese locali. Ma per compiere il suo servizio deve essere al passo con i tempi ed efficiente. Tutto qui, ma non è poco.
(Fonte:
Angela Ambrogetti, Korazym.org, dicembre 2013)
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