martedì 24 dicembre 2013

L'Europa vuole abolire pure il Natale

Questo Natale potrebbe essere l'ultimo in cui festeggiamo la nascita di Gesù e allestiamo un presepe. D'ora in poi, conformemente al «religiosamente corretto» prevalente nell'Unione Europea e già ufficializzato in Belgio, il suo quartier generale, potremmo essere costretti - almeno pubblicamente - a sostituire gli auguri natalizi con quelli per le «Vacanze d'inverno», così come a Pasqua faremmo gli auguri per le «Vacanze di Primavera», abolendo di fatto le due principali festività cristiane che attestano il fondamento della fede: la nascita, la morte e la risurrezione di Gesù vero Dio e vero uomo.
È un dato di fatto che in Italia i credenti sono solo una minoranza e ancor meno sono i praticanti. È possibile che la maggioranza degli italiani, che si è sostanzialmente distaccata non solo dalla Chiesa ma anche dalla fede, potrebbe concepire positivamente l'abolizione delle festività cristiane, accettando il relativismo religioso come parte integrante e necessità vitale per aderire al nuovo mondo globalizzato dove si immagina che la convivenza tra persone provenienti da Paesi diversi, con lingue e fedi diverse, debba obbligatoriamente tradursi nell'azzeramento della piattaforma di valori e regole fondanti della nostra civiltà, ridefinendola quale sommatoria quantitativa delle istanze collettive, attribuendo pari valore e dignità a tutte le culture e le religioni a prescindere dai loro contenuti.
Per la verità furono gli insegnanti italiani di ispirazione sessantottina, ancor prima che esplodesse l'ideologia del globalismo, che si prodigarono a togliere i crocifissi dalle aule e a non far allestire i presepi o cantare gli inni natalizi nelle scuole, anticipando le richieste personali o le rivendicazioni religiose degli studenti o delle famiglie musulmane «per non urtare la loro suscettibilità». In parallelo tutti noi italiani abbiamo gradualmente, prima affiancato e poi in gran parte sostituito, sia nei luoghi pubblici sia nelle nostre case, il presepe con l'albero di Natale, la nascita di Gesù bambino con Babbo Natale, l'Epifania con la Befana, la festa religiosa con la festa dei consumi.
A questo punto dobbiamo attenderci che presto anche in Italia, così come già avviene in Francia e in Gran Bretagna, sarà ufficialmente proibito portare addosso il crocifisso nei luoghi pubblici perché l'esposizione di un simbolo religioso viene concepito in contrasto con la società della pluralità etnica, culturale e religiosa, ritenendo che la nostra Europa debba diventare «neutrale» rispetto all'identità religiosa, per non offendere nessuno e consentire a tutti di sentirsi pienamente «cittadini del mondo».
Ebbene la sorpresa sarà nello scoprire che l'Europa che avrà abolito il Natale, l'Epifania e la Pasqua, che non allestisce il presepe e vieta l'esposizione del crocifisso, sarà del tutto simile ai Paesi musulmani più radicali che calpestano la libertà religiosa! Solo che loro lo fanno non nel nome della «tolleranza», bensì partendo dalla condanna dell'ebraismo e del cristianesimo come eresie che devono essere estirpate, nella certezza che l'islam sia l'unica verità assoluta e che pertanto deve affermarsi con la predicazione o con la guerra ovunque nel mondo. Così come in passato non abbiamo aspettato l'arrivo degli studenti musulmani per togliere i crocifissi dalle aule, oggi abbiamo consentito che l'Europa sia diventata il quartier generale dell'estremismo e del terrorismo islamico globalizzato pur di rispettare costi quel che costi la dimensione formale delle leggi e dei diritti, senza preoccuparci sulle conseguenze sostanziali dell'applicazione delle leggi e dell'esercizio dei diritti. Dobbiamo rassegnarci? Sarà l'ultima volta in cui ci augureremo «Buon Natale»? Nient'affatto! Dobbiamo piuttosto combattere sia contro il nemico ideologico del relativismo, europeismo, globalismo, immigrazionismo e multiculturalismo, sia contro il nemico reale dell'estremismo e del terrorismo islamico. Indipendentemente dal fatto che si sia cristiani, credenti o praticanti, dobbiamo essere consapevoli che solo fintantoché potremo augurarci «Buon Natale» continueremo a beneficiare di una civiltà cristiana che ci garantisce i diritti inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà. Buon Natale a tutti!
 
(Fonte: Magdi Cristiano Allam, Il Giornale, 24 dicembre 2013)

 

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