Nell’ambito delle iniziative legate a questa giornata, questo lunedì 10 febbraio, alle ore 23.45 Rai Uno trasmetterà “Magazzino 18”, lo spettacolo interpretato e scritto da Simone Cristicchi e messo in scena per la regia di Antonio Calenda.
“Magazzino 18”, nome anonimo, incolore, dove è venuta a fissarsi la memoria del popolo dell’esodo giuliano-dalmata: trecentocinquantamila persone costrette a lasciare, con il trattato di pace del 1947, le proprie case, le loro memorie secolari, monumenti e cimiteri, per non cadere vittime della dittatura jugoslava.
Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancora più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a un archivio , ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.
Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.
È il “Magazzino 18”, nome anonimo, incolore, dove è venuta a fissarsi la memoria del popolo dell’esodo giuliano-dalmata: trecentocinquantamila persone costrette a lasciare, con il trattato di pace del 1947, le proprie case, le loro memorie secolari, monumenti e cimiteri, per non cadere vittime della dittatura jugoslava.
Colpito dai silenzi che intorno all’esodo dei giuliano-dalmati è calato per decenni, Simone Cristicchi ha deciso di ripercorrere la loro Storia in un testo che prende il titolo proprio da quel luogo nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli – senza casa e spesso prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o estenuanti viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro masserizie, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18.
Coadiuvato nella scrittura da Jan Bernas e diretto da Antonio Calenda, Cristicchi parte proprio da quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare alla luce ogni vita che vi si nasconde, narrandola schiettamente attraverso diversi registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koiné di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova di comunicazione.
Un bell’esempio di “Musical-Civile”, che ora finalmente la Rai ha deciso di inserire nella propria programmazione , seppure in seconda serata, rendendo giustizia ad una memoria collettiva e all’impegno di un artista come Cristicchi, il quale, con questo spettacolo (ora diventato anche libro) ha sfidato la violenza e la grettezza di chi non vuole ricordare, negando ad un popolo la propria dolorosa memoria.
(Fonte:
Mario Bozzi Sentieri, Riscossa Cristiana, 10 febbraio 2014)
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