Gli attivisti LGBT lo vogliono in galera, e la procura di Malaga ha prontamente «obbedito» alle richieste della lobby gay, peraltro spalleggiata da un voto unanime del consiglio comunale di Malaga, in cui contro il vecchio arcivescovo si sono schierati anche i democristiani del Partito Popolare. Il neo-cardinale si ritrova così nel registro degli indagati, e rischia la prigione per violazione della legge spagnola contro l'omofobia.
Che cosa aveva detto di così terribile mons, Sebastián? In un'intervista al «Diario Sur» (clicca qui), il quotidiano di Malaga, dello scorso 20 gennaio, il presule, richiesto di commentare le dichiarazioni di Papa Francesco che invitano a non giudicare gli omosessuali, aveva spiegato: «Il Papa accentua i gesti di rispetto e di stima a tutte le persone, ma non tradisce né modifica il Magistero tradizionale della Chiesa. Una cosa è manifestare accoglienza e affetto a una persona omosessuale, un’altra è giustificare moralmente l’esercizio dell’omosessualità. A una persona posso dire che ha una deficienza, ma ciò non giustifica che io rinunci a stimarla e aiutarla. Credo che sia questa la posizione del Papa».
A questo punto l'intervistatore chiede se ha usato la parola «deficienza» «dal punto di vista morale». Il cardinale neo-eletto risponde: «Sì. Molti si lamentano e non lo tollerano, ma con tutto il rispetto dico che l’omosessualità è una maniera deficiente di manifestare la sessualità, perché questa ha una struttura e un fine, che è quello della procreazione. L'omosessualità, in quanto non può raggiungere questo fine, sbaglia. Questo non è per niente un oltraggio. Nel nostro corpo abbiamo molte deficienze. Io ho l’ipertensione. Mi devo arrabbiare perché me lo dicono? È una deficienza che cerco di correggere come posso. Il segnalare a un omosessuale una deficienza non è un’offesa, è un aiuto perché molti casi di omosessualità si possono ricuperare e normalizzare con un trattamento adeguato. Non è offesa, è stima. Quando una persona ha un difetto, il vero amico è colui che glielo dice».
Naturalmente, gli attivisti LGBT hanno subito affermato che il nuovo cardinale ha sostenuto che l'omosessualità è «una malattia», espressione che la giurisprudenza spagnola punisce in base alle leggi sull'omofobia. L'arcivescovo, però, è anziano ma non è sprovveduto, ed è stato bene attento a non usare la parola «malattia», come non ha usato «guarigione» ma «recupero».
Lo ricorda una nota dell'Arcidiocesi di Malaga, che richiama giustamente al «Catechismo della Chiesa Cattolica», anche se forse avrebbe potuto aggiungere che non è evidente che chi esprime opinioni diverse da quelle maggioritarie sul complesso e difficile tema della genesi dell'omosessualità debba andare in prigione, anche ove per avventura gli scappasse il termine «guarigione», che ha peraltro una pluralità di significati.
Comunque sia, la prudenza terminologica non è bastata. In Spagna non c'è più il mangiapreti Zapatero. È al governo la Democrazia Cristiana. Ma se qualcuno pensava che, almeno dove governano i cattolici, «tanto contro i vescovi e i cardinali le leggi sull'omofobia non le useranno mai» - dunque si possono lasciar passare tranquillamente - ecco che la procura di Malaga prontamente lo smentisce. Vescovo avvisato, mezzo salvato. Vale anche in Italia, dove ciascuno potrebbe dire al suo vescovo: non sarà meglio, Eccellenza, fare qualcosa per fermare le leggi sull'omofobia prima che siano votate?
(Fonte:
Massimo Introvigne, Nuova Bussola quotidiana, 7 febbraio 2014)
Nessun commento:
Posta un commento