«Sembra quasi che il rapporto sia stato preparato prima» dell’audizione della delegazione vaticana, avvenuta a metà gennaio, ha detto l’osservatore permanente del Vaticano nella sede Onu di Ginevra, monsignor Silvano Tomasi. Intervistato dalla «Radio Vaticana», il prelato ha fatto notare come non sia tenuto conto delle «risposte precise su vari punti» da parte della Santa Sede, che «non sembrano essere state prese in seria considerazione».
Molti degli esempi e delle circostanze citate nel rapporto si riferiscono a situazioni del passato - remoto o più recente - ma comunque anteriore all’inasprimento delle norme contro la pedofilia clericale, e ai passi compiuti in particolare durante il pontificato di Benedetto XVI. Papa Ratzinger oltre a cambiare le leggi per renderle più efficaci, ha cercato di cambiare la mentalità nella Chiesa, incontrando più volte le vittime degli abusi (la prima durante il suo viaggio negli Usa nell’aprile 2008).
Il documento, secondo monsignor Tomasi, appare «non aggiornato, tenendo conto di quello che in questi ultimi anni è stato fatto a livello di Santa Sede, con le misure prese direttamente dall’autorità dello Stato della Città del Vaticano e poi nei vari Paesi dalle singole conferenze episcopali». Alcune affermazioni del rapporto sono definite «molto scorrette»: «La Santa Sede risponderà, perché è un membro, uno Stato parte della Convenzione: l’ha ratificata e intende osservarla nello spirito e nella lettera, senza aggiunte ideologiche o imposizioni che esulano dalla Convenzione stessa».
A provocare le reazioni più forti, Oltretevere, sono quelle parti del documento nelle quali si chiede alla Santa Sede di rivedere le proprie convinzioni in materia di aborto e famiglia. «La Convenzione sulla protezione dei bambini nel suo preambolo parla della difesa della vita e della protezione dei bambini prima e dopo la nascita; mentre la raccomandazione che viene fatta alla Santa Sede è quella di cambiare la sua posizione sulla questione dell’aborto!».
Il Comitato, secondo il diplomatico vaticano, «non ha fatto un buon servizio alle Nazioni Unite, cercando di richiedere alla Santa Sede di cambiare il suo insegnamento non negoziabile». Tomasi ha ipotizzato che delle Ong con «interessi sull’omosessualità, sul matrimonio gay e su altre questioni» possano aver influenzato il rapporto e «rafforzato una linea ideologica».
«Criticare la Santa Sede perché parla di “complementarietà” del ruolo maschile e femminile, il che implica che i due ruoli siano diversi, o perché tutela il segreto di confessione - sottolinea un altro esperto della Santa Sede, deluso dal documento di Ginevra - equivale a chiedere a un Paese islamico di abolire il Ramadan perché non si possono lasciare i giovani senza mangiare durante il giorno».
Le richieste del Comitato Onu di rivedere il Codice canonico sull’aborto e gli insegnamenti sulla contraccezione, continua il prelato, «invece che aiutare quanti nella Chiesa lavorano per combattere gli abusi, finiscono per dar ragione a coloro che dietro gli organismi internazionali vedono il tentativo di imporre un pensiero unico per scardinare ciò che la Chiesa insegna su vita e famiglia. Un altro elemento problematico - conclude - è rappresentato dal fatto che nel rapporto la Santa Sede viene ritenuta responsabile delle azioni dei singoli sacerdoti nei vari Paesi».
Di certo il rapporto Onu identifica problemi aperti: le norme non bastano a combattere il fenomeno se non cambia davvero una mentalità sedimentata da lungo tempo e non tutti gli episcopati sono stati solleciti nel preparare linee guida antipedofilia.
(Fonte:
Andrea Tornielli, Vatican Insider, 6 febbraio 2014)
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