venerdì 23 gennaio 2009

Dopo la Comunione: un po’ di silenzio prima di scappar via

Finita la comunione, liberi tutti. C’è quello che guarda l’orologio, c’è quello che boccheggia, c’è quello che già pensa alla partita del pomeriggio o al ragù da scaldare per il pranzo della domenica; ci sono i bambini esausti che sperano di andare a casa il prima possibile e c’è il vecchietto che ancora un poco e rischia di addormentarsi. E così, reverendo parroco raccoglie le emozioni dell’uditorio e fa quello che tutti si aspettano e sperano: “Mandaci a casa in pace e dicci che questa messa, finalmente, è finita!”.
Cronache ordinarie di domeniche in parrocchia. Cronaca ordinaria di un momento importante e fondamentale della celebrazione domenicale, quella della distribuzione dell’Eucaristia, trasformato in una corsa a chi prima finisce. O condito di tutto quello che può passare per la testa, compresi improbabili annunci sul mercatino allestito nei locali dell’oratorio. Per carità, iniziative quanto mai lodevoli, ma che talvolta irrompono proprio nel momento meno opportuno, quello del breve raccoglimento che segue il momento della Comunione. Ammesso che la chitarra e l’organo, beninteso, lo consentano, il raccoglimento…
E’ una delle cose alle quali talvolta non si dà molta attenzione, ma che invece fanno pensare. Se la messa domenicale, se la celebrazione eucaristica è un momento di preghiera che raggiunge il suo apice nella distribuzione niente meno che del Corpo e del Sangue di Gesù, se al termine di una messa cioè puoi andar là a (letteralmente) mangiare il tuo Dio, nutrirti di Lui, se un cattolico questo fa ogni domenica, perché mai si ha spesso l’impressione che quello della Comunione sia un momento di semplice conclusione, quello in cui uno pensa: “Finalmente, siamo arrivati alla fine, ce l’abbiamo fatta anche stavolta”? O perché, se preferite, si ha tanta paura di un adeguato momento di silenzio successivo alla Comunione, quasi che fosse qualcosa di strano e anomalo fermarsi per cinque minuti di orologio in silenzio a pregare?
E’ certamente giusto non dilungarsi troppo, ma nelle nostre parrocchie talvolta questa preoccupazione si fa troppo importante. La distribuzione dell’Eucaristia è generalmente effettuata da almeno due sacerdoti (se non tre), o in mancanza del secondo e del terzo prete dai ministri straordinari, uomini e donne, religiosi o religiose, che fanno un servizio quanto mai importante e delicato. Due o tre persone dunque, a non far diventare tutto troppo lungo. Contemporaneamente, un canto allieta il momento, uno o più canti anzi, che proseguono fin oltre la fine della distribuzione del sacramento. Ci sono quelli della serie “Prima fa la comunione il coro, poi gli altri”, e ci sono invece i sacerdoti che attendono pazienti la fine del canto per distribuire anche ai coristi la Comunione… In un caso e nell’altro, alla fine del ritornello o al tacere della chitarra, ecco che finalmente c’è il silenzio. Silenzio in chiesa: si prega.
La gran parte delle volte, dura poco. Se ti va bene, il sacerdote si alza subito e ti invita a pregare. Se ti va male, ti arriva una sfilza di avvisi su corsi, incontri, pellegrinaggi, appuntamenti, e chi più ne ha più ne metta. Assolutamente doveroso rendere conto delle attività della parrocchia, ma è proprio quello il momento migliore? E così, “la messa è finita” e la Comunione rischia di diventare solamente l’anticamera della fine della celebrazione, il segno che “finalmente sta finendo”. Magari perché, dopo una omelia durata venticinque minuti, davvero un povero cristiano non ne può più! Fuor dall’ironia, una preghiera ai parroci: “Reverendi parroci, educateci un poco al silenzio dopo la Comunione: un po’ di raccoglimento e di preghiera personale ci farà bene”. (Istruzioni per l’uso. Attenzione, scandire bene il “ci”, “educateci”; non il “vi”, “parroci educatevi”!).

(Fonte: Korazym.org, 21 Gennaio 2009)

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