venerdì 30 gennaio 2009

Quousque tandem...?

«Quando chiederanno la conversione del Papa? Non è la prima volta che siamo costretti con sofferenza ad interessarci di questi inquieti ed acidi borbottoni che sono i nostri cosiddetti “fratelli maggiori”. Sembra che si siano fatti un punto d’onore nel dare pubblico e risentito rilievo a ciò che secondo loro nuoce alla loro causa da parte della Chiesa cattolica e del suo capo visibile, il romano Pontefice, costante bersaglio delle loro rimostranze.
Noi non siamo antisemiti - non potremmo esserlo - ma, sinceramente, siamo davvero stanchi di questo stillicidio di recriminazioni, di accuse, di sospetti contro chi mostra invece una illimitata pazienza.
Sì, diciamolo ancora una volta: Benedetto XVI, ad onta della fama attribuitagli per il suo altissimo ufficio di difensore della Sacra Dottrina ed ora di custode e tutore della Verità cattolica dal suo più alto punto di osservazione, è persona mitissima e paziente.
Se ne avessimo voluto una riprova, questo ultimo accadimento lo conferma inoppugnabilmente.
Mitissimo e paziente, il Papa ha voluto, con un suo gesto di magnanima e paterna generosità, cancellare la scomunica in cui erano incorsi i quattro Vescovi indebitamente e arbitrariamente ordinati da Monsignor Marcel Lefebvre. Grande gioia di tutta la Chiesa cattolica, che vede nel gesto una nuova cicatrizzazione di una antica ferita.
Sennonché si è risaputo che uno dei quattro - non si sa bene chi abbia voluto con tanta evidenza ricordarlo - ha espresso la sua opinione che vorrebbe storicamente ridimensionato l’orrore dell’Olocausto (noi sappiamo con certezza che non è il solo. Gli storici seri, prevediamo, appureranno a riguardo la verità…). Ebbene, il fatto che nonostante la sua discutibile opinione costui abbia usufruito, insieme agli altri tre suoi confratelli, della misericordiosa indulgenza del Papa, ha suscitato la pubblica indignazione dei paladini dell’ebraismo.
Costoro, probabilmente ad arte, hanno rispolverato l’opinione del detto Vescovo, l’hanno gettata in pasto ai media, nel tentativo non solo di sospendere il decreto pontificio, come si era vociferato, ma certamente per evidenziare l’ennesimo pelo nell’uovo onde screditare l’operato del Pontefice, il quale già si era attirato le loro ire prima con la riproposta della famigerata preghiera del venerdì Santo e poi con la naturalissima e dovuta difesa dell’operato di Pio XII.
Serviranno le puntualizzazioni pervenute in maniera ufficiale dal Vaticano, per cui la remissione della scomunica non comporta in alcun modo la condivisione di un’opinione peregrina di uno degli scomunicati? Non lo crediamo. Siamo ormai abituati a questo continuo rispuntare di antichi rancori all’indirizzo di un uomo che ha sempre avuto l’unico scopo di affermare la verità.
Il fatto che quest’uomo rivesta ora il più alto ruolo nella Chiesa cattolica, come pare, non solo non ha diminuito l’acutezza delle improvvide frecciate anticattoliche da parte dei “fratelli maggiori”, ma le ha rese più plateali ed indiscrete, tanto più che l’altissimo bersaglio, da parte sua, non ha mai risposto, come pure avrebbero meritato, ai suoi provocatori. Siamo noi, figli della Chiesa cattolica, fedeli devoti del Magistero pontificio, sinceri ammiratori di un uomo di incredibile e vastissima cultura filosofica, teologica e storica, dagli amplissimi orizzonti culturali e sociali che anche uomini di opposta formazione ammirano e pubblicamente elogiano; siamo noi che gridiamo e ripetiamo: è ora di dire basta, definitivamente, perché la nostra pazienza è al limite e non vorremmo essere costretti a giustificare un certo antisemitismo, per cui anche recentissimamente abbiamo trepidato.
Forse è il caso di dire che un certo “vittimismo”, che si traduce in un petulante ed insopportabile mugugno, come di chi voglia farci credere di avere contro sé il mondo intero, alla fin fine non può che ritorcersi malauguratamente contro chi non cessa di divulgare in ogni modo i suoi malumori. Nel nostro ministero di docente e di pastore abbiamo sempre dato pochissimo credito alle continue piagnucolose lagnanze di chi, dando corpo alle ombre, chiedeva difesa e protezione accusando gli altri. Eravamo e siamo infatti convinti che anche il “vittimismo” assai spesso è la pretesa di chi aspira a un protagonismo che purtroppo sa di non meritare. Comunque sia, ai nostri “ fratelli maggiori”, supposto che fratelli ci ritengano, benché minori, vorremmo chiedere, una volta per tutte: “Non toccate l’unto di Dio”, la nostra e vostra Bibbia lo vieta non senza richiamare alla giusta vendetta divina».

(Fonte: Mons. Andrea Gemma, Vescovo, Petrus, 29 gennaio 2009)

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