venerdì 23 luglio 2010

I giudici non sono migliori dei politici

Altro che legge sulle intercettazioni. Se il Parlamento non si spiccia a mettere mano a una seria riforma della giustizia, la politica morirà del tutto per manifesta sudditanza pratica e psicologica. Ormai sono i giudici a dettare l'agenda del Paese, le scalette dei giornali. Una volta, quando si immaginava un golpe, lo spauracchio erano i colonnelli, oggi sono le toghe. Le quali tengono un po' tutti per le palle in un gioco perverso di ricatti e minacce anche non dichiarate, perché si sa, nessuno è perfetto e le code di paglia abbondano. Solo quell'incosciente di Berlusconi ha il coraggio di affrontare a viso aperto i magistrati e i loro eccessi, gli altri volano bassi, rasenti ai muri perché non si sa mai, visto quello che è successo al Cavaliere. Così, mese dopo mese, la giustizia si prende nuove quote di potere e di immunità con l'applauso di quei gonzi di politici che sperano così di far fuori (...) avversari e nemici, non sapendo che di questo passo un giorno o l'altro toccherà anche a loro.
Per carità, P3, corruzione e mafia sono cose brutte. Ma possibile che ieri il Parlamento non si sia scosso per una sentenza della Cassazione che toglie l'obbligo dell'arresto per chi stupra o fa prostituire minorenni? Ma che razza di Paese sta diventando questo? Dov’è la politica? Chi ci difende da queste follie? Non certo Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, tutto preso a salvarsi dai pasticci targati P3, quel gruppetto di faccendieri e mascalzoni che brigava, per lo più a vuoto, con politici e magistrati. Già, se c'è una cosa che questo scandaletto ha portato alla luce è che il Csm non è quel tempio di verità e giustizia che ci vogliono far credere. No, è un covo di veleni, intrighi, accordi sopra e sotto banco, sgambetti e cose indicibili. Insomma, non sono migliori, praticamente né moralmente, degli uomini che vogliono giudicare. Una classe politica seria non avrebbe paura di gente così, denuncerebbe tutto a costo di arrivare a toccare anche l'inquilino del Quirinale, che del Csm è il presidente e che anche di questo pasticcio, secondo i ben informati, qualche cosa sa.
Ieri Mancino ha detto che sul Csm si sta gettando un cono d'ombra. Lui che di ombre se ne intende, avendo attraversato tutta la storia italiana del dopoguerra, non è però intervenuto quando il procuratore di Caltanissetta, Domenico Gozzo, l'altro ieri, dopo aver rilasciato un'intervista a l'Unità (ma si può fare?) ha lanciato nell'arena la bomba della presunta verità dell'omicidio di Borsellino che «la politica non potrà reggere». Un messaggio ambiguo, destabilizzante, minaccioso. Se Gozzo ha in mano delle prove, arresti chi di dovere. Altrimenti taccia, glielo dovrebbero imporre il ruolo, l'etica e i suoi superiori. E invece niente. Il giorno dopo, cioè ieri, la retromarcia: non mi riferivo a Berlusconi, ha dichiarato il Pm, chiacchierone e impunito. E allora di chi parlava? L'unica cosa certa è che la stagione delle stragi del 1992 ha provocato l'immediata elezione di Scalfaro a capo dello Stato. Cioè una sciagura dietro l'altra. Lo stesso Scalfaro che tirò poi il famoso scherzo a Berlusconi (raggiunto guarda caso da un avviso di garanzia che poi risultò infondato) del ribaltone che, complice la Lega, aprì di fatto alla sinistra la strada di governo.
Insomma, a voler ben guardare sarebbe anche interessante sapere la verità. Il fatto è che la conosceremo solo se funzionale al progetto di disarcionare Berlusconi, cioè se cadrà la «bomba atomica» evocata da Fini nel famoso fuori onda con un magistrato. Il quale Fini ieri ha riproposto la questione morale per la politica. Come presidente della Camera avrebbe dovuta porla anche per quei giudici che non vogliono mandare in galera gli stupratori. Ma non lo farà, non gli conviene

(Fonte: Alessandro Sallusti, Il Giornale, 22 luglio 2010)

Nessun commento: