L’altro ieri sul laicissimo Corriere, una pagina interna sorprendente in cui la ragione sembrava farsi beffa dell’ideologia e la fede vincere sulla disperazione.
La prima notizia riguarda un uomo di 43 anni, Richard Rudd, ricoverato presso il reparto di neurologia dell'ospedale Addenbrooke di Cambridge a seguito di un grave incidente stradale. Ridotto in stato vegetativo, senza alcun segno di attività cerebrale residua, è riuscito ad opporsi al tentativo dei medici di porre fine alla sua esistenza. Il tutto è avvenuto in modo inatteso e clamoroso, davanti a giornalisti e telecamere della BBC che stavano realizzando un documentario. La notizia è stata pubblicata con grande evidenza sui giornali inglesi e sembra destinata a riaprire il dibattito sul fine vita in quel paese, anche perché la famiglia aveva regolarmente autorizzato il cosiddetto “distacco della spina” sulla base di una chiara volontà espressa in passato dall'uomo, di non voler sopravvivere ridotto in stato di incoscienza totale. Una richiesta sostenuta oltretutto da numerose testimonianze, poiché lo stesso Richard, quando ancora si trovava in buone condizioni di salute, aveva espresso più volte alla presenza di amici e conoscenti questo tipo di orientamento.
Tuttavia, arrivato infine il momento di obbedire da parte di medici e familiari ad una volontà così chiaramente espressa, è accaduto l’imprevisto: il paziente dava per la prima volta chiari, inequivocabili segni di vita e di coscienza nell’unico modo a lui possibile in quel momento, attraverso il battito delle ciglia. E mentre questo accadeva, le apparecchiature scientifiche utilizzate per esplorare la funzione cerebrale dell’infortunato continuavano a segnalare l’assenza di un qualsiasi stato di coscienza! Un fatto che lasciava del tutto spiazzati gli specialisti che, a quel punto, tornavano a sollecitare il paziente già dato per morto perché confermasse il suo stato di vigilanza. Il professor David Menon, in particolare, chiedeva: “Ma tu vuoi continuare a vivere?” E le ciglia di Rudd riprendevano a battere e le pupille si orientavano per tre volte di seguito verso sinistra, un noto segno convenzionale che significa assenso. I movimenti degli occhi in questi disabili sono talora l’estremo punto di riferimento: se a seguito di una domanda le pupille vanno verso sinistra, ciò significa “si”; se invece vanno verso destra, ciò significa “no”.
“Si è scoperto che era in uno stato come di blocco per il quale le persone possono avere normali processi cognitivi nel cervello, ma non riescono a comunicare se non muovendo talora gli occhi o le palpebre”, ha spiegato il prof. David Menon. Pensate se nessuno si fosse accorto di quel primo battito di ciglia… Una manifestazione di coscienza e di volontà giunta appena in tempo a rovesciare una sentenza che si pretendeva basata su un’evidente volontà espressa in vita dal paziente medesimo. La domanda viene da sé: quale valore può avere allora un “testamento biologico” redatto quando il soggetto è ancora in buona salute, magari anni prima di un possibile incidente, a fronte di un caso come questo? E’ innanzi tutto possibile che un soggetto sia dato per morto pur essendo invece vivo, ma impossibilitato a reagire e a comunicare. Inoltre, il caso di Rudd dimostra che l’orientamento sulla vita e sulla morte di una persona che si trova in una situazione estrema e drammatica può anche cambiare drasticamente. Comunque, a distanza di mesi e messe in campo tutte le risorse possibili, Richard Rudd ha fatto importanti progressi. È stato trasferito in un altro ospedale e si è riavvicinato a casa. Ora muove la testa, percepisce le situazioni attorno, sorride agli scherzi...
La seconda notizia riguarda la fuoriuscita dal coma di Caterina, la figlia ventiquattrenne di Antonio Socci, giornalista RAI e noto credente. Il dramma sconvolgente di questa vicenda è stato raccontato dall’ex conduttore di Excalibur in un diario dal titolo significativo: Caterina, diario di un padre nella tempesta (Rizzoli). Socci aveva scelto fin dall’inizio di non tenere celato il suo personale dramma familiare e, anche tramite il web, aveva posto il suo dolore all’attenzione di tutti facendo appello alle preghiere del popolo cristiano. Ora apprendiamo che Caterina è tornata indietro da quel buio misterioso. Quasi per caso è accaduto che, nel silenzio protetto di una camera ospedaliera, mentre la madre le leggeva un brano tratto dal romanzo di J. D. Salinger Il Giovane Holden, la ragazza si sia posta in ascolto ed abbia infine reagito a quella lettura con una risata. Il coma è ora alle spalle e può iniziare la riabilitazione. Dove finisce la vita e dove inizia la morte? Cosa dipende dall’uomo e cosa dipende da Dio? Lo sappiamo?
Forse in quest’epoca di grandi deliri tecnologici siamo diventati tutti degli “apprendisti stregoni”, gente che solo perché mastica un pochino di fisica o di biologia crede di aver penetrato il mistero della vita; gente saccente, sempre pronta a giocare con esagerata disinvoltura con le grandi parole: il diritto, la libertà, la scienza, la vita, la morte… Ma che ne sappiamo noi della vita e della morte? E qual è la vera libertà e cosa davvero la rende possibile? Ed è reale solo ciò che la ragione è in grado di spiegare?
Il pensiero corre ad Eluana Englaro, alle certezze di giudici e giornalisti, all’ostinazione del padre Peppino, al trionfalismo nichilista di Maurizio Mori, il bioeticista de L’Unità che all’indomani della morte della ragazza salutava la nuova “breccia di Porta Pia” ed affermava incauto: “Eluana ha rotto l’incantesimo della sacralità della vita, quello secondo cui la vita è un mistero sempre nuovo (…) un dono sempre buono in sé e positivo”.
Parole che sanno di proclama retorico, di astrattezza ideologica, e che fanno così tanto contrasto con quanto ci raccontano oggi le cronache.
(Fonte: Stefano, La Cittadella, 17 luglio 2010)
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