I
fatti son fin troppo noti: la previsione della morte del Papa, le manovre per
decidere fin da ora il successore, gli intrighi di palazzo e i furbetti della
cittadella che parlano coi giornali. In casa cattolica, c’è chi trova la
vicenda “tutta da ridere”. C’è chi la stigmatizza, ma senza trarne motivo di
scandalo. C’è chi nasconde la notizia in una colonnina a pagina 19, così che il
povero Bordin a Radio Radicale non fa in tempo ad arrivarci prima di finire la
rassegna stampa.
Ce n’è
per tutti, compresi quei cattolici ordinari che aprono i giornali e non sanno
se si trovano nella cronaca nera o nella pagina degli spettacoli, col bel risultato
di farsi venire gli stessi pensieri dei fior di anticlericali, anche se con
opposto palpito di cuore. E ne hanno ben donde, poveretti. Perché, a non voler
nascondere sotto il tappeto la sporcizia denunciata a suo tempo dal cardinale
Ratzinger, da ridere pare proprio che non ce ne sia. Questo desolante incrocio tra il Festival di Sanremo, dove si intriga per sapere in anticipo il nome del vincitore, e una serie tv stile “Codice da Vinci”, dove il sacro si dilegua davanti al profano, rappresenta fin troppo bene certi esiti dello scellerato patto stipulato dalla teologia moderna con il mondo. Tra le primizie pastorali di quel patto, doveva esserci una Chiesa protagonista dei mass media: eccola, sulle prime pagine dei giornali, in tv sul, web. Ma senza l’inossidabile sfavillìo festivaliero e senza l’ipnotica suspense del thriller di razza. Eccola, spogliata anche del minimo appeal, mostrare al mondo uomini occupati da tutto quanto rimane di solamente umano quando il divino è stato messo da parte.
Chi va con il mondo, avrebbe detto Totò che di spettacolo se ne intendeva, impara a mondanizzare. Però lo fa male e replica maldestramente copioni altrui illudendosi di recitare in proprio. Operazione aggravata dal fatto che mettere in scena un pessimo “Codice da Vinci” con personaggi veri è infinitamente più dannoso che subirne uno geniale a mezzo stampa.
Eppure, le avanguardie della nuova Chiesa pneumatica avevano promesso ben altro. Una volta gettata a mare la Chiesa costantiniana, il suo sfarzo liturgico, il suo trionfalismo e i suoi legami con il potere, non si sarebbero più replicate le nefandezze della Roma rinascimentale. Tempo il finir di millennio, il secondo, e la Chiesa sarebbe stata tutta nuova e spirituale. Invece, come accade sempre quando ci si occupa solo dello spirito, si finisce per sentirsi liberi da ogni vincolo e abusare del corpo: quello individuale proprio e altrui, quello sociale e quello mistico. Se si guarda con onestà da questo punto di vista, si spiegano tutte le piaghe che hanno flagellato in questi anni la Chiesa dall’interno, senza concorso di terzi. Tutto ciò con gran soddisfazione del mondo, per il quale non c’è alleato migliore di chi non se ne cura in quanto troppo occupato da pensieri spirituali.
E così, adesso, ci si trova davanti al paradosso di vasti, vastissimi, sterminati settori della Chiesa che, dopo una buona dose di mea culpa battuti sul petto altrui, ora si trovano al cospetto di ben altro, e non possono neppure incolpare il passato. Crolla lo schema ideologico secondo cui la Chiesa di oggi è sempre migliore di quella di ieri. Evapora la presunzione per cui i cristiani contemporanei sarebbero adulti e vaccinati), mentre quelli di una volta sarebbero tutti ignoranti e dunque indefessi peccatori. In tutta questa oscura faccenda dai contorni obiettivamente indefiniti, la Chiesa di sempre non fa una piega, perché come scrive Vittorio Messori, manifesta quella fetta di umano che si porta inevitabilmente con sé. Il guaio vero si manifesta quando l’umanesimo si mangia il cristianesimo, il sentimento la dottrina, l’orizzontale il verticale. A questo punto i complotti e i maneggi non sono più una patologia, ma la più logica delle conseguenze.
Qui giunti, le persone comuni, credenti e non credenti, si pongono la stessa domanda: ma quei signori ci credono davvero? Fatta salva la fede dei singoli, su cui il giudizio tocca al Padreterno, non si può pensare che lo smantellamento sistematico della dottrina, della morale, della liturgia non abbia effetti. E questa è una constatazione amara per credenti e non credenti: i quali, forse, si pongono la domanda fatidica con diverso palpito di cuore, ma sicuramente amerebbero avere la stessa risposta.
(Fonte:
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Il Foglio, 12/2/2012)
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