Lo si capisce dalle prime inequivocabili affermazioni: “Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnica e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale”. Colpisce quella sottolineatura di una lotta in corso, quell’accenno all’assolutismo e quella posta in gioco altissima, in quanto si tratta niente meno dello sviluppo dell’uomo. Il Papa ci dice che le questioni bioetiche non sono questioni qualsiasi, che si pongo a latere di tante altre, ma la questione cruciale. E’ evidente che chi vuole ascoltarlo e seguirlo, d’ora in poi, è su questo campo particolare che dovrà fissare la propria attenzione.
Perché tanta importanza? Perché è qui che “emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio”. Fare ricorso alla fecondazione in vitro, manipolare e sopprimere embrioni, creare la vita in laboratorio non è solo utilizzare della tecniche moralmente problematiche che la Chiesa prima o poi troverà il modo di approvare. E’ qualcosa di molto più grave e decisivo: è mettere in discussione l’autorità stessa di Dio. E' uno schierarsi per una razionalità chiusa nell’immanenza, contro una ragione aperta alla trascendenza.
Insomma, la posta in gioco è molto alta. In fin dei conti è una scelta tra Dio e il nulla (e qui ci colleghiamo con le nostre riflessioni). Chi si pone dalla parte di una razionalità solo immanente deve fare i conti “con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l’essere e come dal caso sia nata l’intelligenza”.
Il Papa, a questo punto, aggiunge un concetto che, nel nostro piccolo, avevamo affermato anche noi: “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica”, perché il problema fondamentale è come la vita viene concepita e manipolata. E’ un problema, dunque, di cultura, in quanto il Papa connette l’invasività della tecnica di cui tutti siamo testimoni, ad una “cultura del disincanto totale, che crede di aver svelato ogni mistero”. Una cultura orizzontale, materialistica, nichilistica, che fa di tutto per espungere il Mistero dalla vita dell’uomo.
L’assolutismo della tecnica apre, poi, degli scenari che il Papa definisce inquietanti, culminanti in quella “sistematica pianificazione eugenetica delle nascite” che, come anche noi abbiamo più volte rilevato e denunciato, è già “surrettiziamente in nuce”. Sul versante opposto si diffonde una mens eutanasia, “manifestazione non meno abusiva di dominio sulla vita”.
E’ un circolo vizioso. La cultura si allea con l’assolutismo della tecnica, ma a sua volta la tecnica, con le sue pratiche, contribuisce ad “alimentare una concezione materialista e meccanicistica della vita umana”.
Ed ecco, a questo punto un passaggio fondamentale, sul quale molti cattolici adulti e di sacrestia dovrebbero meditare con grande attenzione: “Come ci si potrà stupire dell’indifferenza per le situazioni umane di degrado, se l’indifferenza caratterizza perfino il nostro atteggiamento verso ciò che è umano e ciò che non lo è? Stupisce la selettività arbitraria di quanto oggi viene proposto come degno di rispetto. Pronti a scandalizzarsi per le cose marginali, molti sembrano tollerare ingiustizie inaudite”.
Il passaggio mi sembra evidenziare una grave questione di miopia. Ci commuoviamo per gli uomini che muoiono di fame, ma non per gli uomini che vengono scientemente soppressi nella nostra società opulenta. Non riusciamo a mettere a fuoco il problema principale che stiamo vivendo, la questione cruciale e primaria. L’assolutismo della tecnica sta radicalmente abolendo Dio ed abolisce contemporaneamente l’uomo. E allora, quali uomini intendiamo salvare?
Il “riduzionismo neurologico” sta riducendo l’anima alla psiche, sta eliminando lo spirito. Parliamo di “sviluppo”, ma sembriamo avere dimenticato che esso “deve comprendere una crescita spirituale, oltre che materiale” e che “una società del benessere, materialmente sviluppata, ma opprimente per l’anima, non è di per sé orientata all’autentico sviluppo”.
Il Papa ha donato una copia dell’enciclica ad Obama, il presidente della maggiore potenza mondiale. Se questi leggesse attentamente le parole di Benedetto XVI e regolasse di conseguenza la propria politica, farebbe davvero il bene dell’umanità. C’è da augurarselo.
(Fonte: La Cittadella, 16 luglio 2009)
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