Dagli insulti alle minacce, dalle minacce all’azione, dai girotondi ai blitz squadristici. Vorremmo sbagliarci, ma siamo sicuri che ancora non abbiamo visto il peggio che Di Pietro e i suoi scherani possono produrre. Anzi, ne siamo purtroppo molto lontani. L’ineluttabilità dell’escalation sta infatti nella natura stessa dell’uomo e del movimento che ha fondato: l’uno e l’altro fondamentalmente antidemocratici, tendenzialmente violenti, totalmente privi di idee politiche, desolatamente incapaci di elaborare una proposta di società.Di Pietro, come ha abbondantemente dimostrato prima da magistrato, poi da parlamentare, infine da ministro, ha un solo fine: se stesso. E l’Idv, fatta a sua immagine e somiglianza, non ha altro scopo che mantenersi e crescere per fornire all’ex pm flussi di cassa e potere. Non, si badi bene, il sacrosanto potere necessario per realizzare un progetto. Che infatti non c’è. Bensì il meschino potere atto a soddisfare gli appetiti personali. Che, come ormai abbiamo imparato, invece ci sono e sono piuttosto robusti.In una situazione in cui l’opposizione di sinistra, sia moderata che radicale, si trova in grave crisi per ragioni storiche e politiche, il vuoto pneumatico ma urlante del dipietrismo è riuscito a raccogliere un’abnorme messe di consensi tra chi non si riconosce né nel Pdl né nella Lega. I toni da tribuno e l’antiberlusconismo viscerale hanno sedotto centinaia di migliaia di italiani, portandolo all’inverosimile otto per cento delle elezioni europee. Ma il primo a sapere che sono voti volanti è lo stesso Tonino. Non c’è una pietra che possa restare, nella sua Italia dei Livori. Quello che è stato allestito è solo un enorme falò che ha bisogno di essere alimentato in continuazione con fascine d’odio e secchiate di veleno.E quindi via, sberle agli alleati. E, certo, insulti al governo e alla maggioranza. E poi, addosso al presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale. Solo che non basta, non basta mai. Non può bastare, soprattutto se il proposito è quello di crescere ancora, di fagocitare mezzo Pd, di essere l’unica vera opposizione. Bisogna alzare sempre il tiro. E dopo aver accusato i giudici della Consulta di «malafede e servilismo» (tra parentesi, il Grande Moralizzatore ha questo di curioso: quello che fa la magistratura va sempre bene, a prescindere, tranne quando non piace a lui) che altro si può inventare? Dopo aver dato del «mafioso» a Napolitano, con chi altri ce la si può prendere? Dopo aver definito il governo «un regime piduista, fascista, razzista e un po’ xenofobo» (detto tra l’altro da uno che scriveva che i clandestini «meriterebbero non la galera ma il taglio degli attributi») dove ci si può ancora spingere? Se Berlusconi è già Nerone, Videla, Hitler, che cosa resta? Che cosa c’è peggio del male assoluto?Eccolo, il pericolo. Le offese sono esaurite (anche perché, cosa volete, la conoscenza del vocabolario è quella che è), si passa all’azione. Scendono in campo i Pedica. E ancora non ci sarebbe da aver paura: uno che strilla alla violazione dei diritti umani perché i commessi di Palazzo Chigi hanno spento l’aria condizionata non deve avere proprio la tempra del miliziano. Ma la china è quella: altro e peggio verrà da gente che minaccia di «appendere a testa in giù» i giornalisti scomodi. L’obiettivo è lo sfascio, il conflitto permanente, il degrado del clima politico del Paese, uniche condizioni nelle quali l’Idv può vivere e prosperare. E Di Pietro ha già evocato le Brigate Rosse e ha già lanciato il suo sinistro avvertimento: «Saremo protagonisti dell’autunno caldo nelle piazze». Paranoie? Fissazioni di un giornale che per anni si è sgolato quasi in perfetta solitudine per mettere in guardia dal pericolo Di Pietro? Forse no se persino D’Alema, uno dei principali responsabili della creazione del mostro-Tonino, ora parla di «atti eversivi». Forse no se un quotidiano vicino al centrosinistra come il Riformista invoca «un nuovo arco costituzionale che isoli il sedizioso». Finalmente qualcuno apre gli occhi. Finalmente qualcun altro si rende conto che Tonino è un pericolo per la democrazia. Ora speriamo che il Pd si decida a fare quello che da quasi un anno, a singhiozzo, i suoi leader annunciano e poi si rimangiano: rompere l’alleanza con l’ex pm che è, tra l’altro, una delle ragioni del loro fallimento. Oppure ci spieghino che cosa glielo impedisce davvero.
(Fonte: Massimo De Manzoni, Il Giornale, 25 luglio 2009)
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