Il Vaticano deve stare attento a non ripetere altri casi come quello di Galileo e dunque non dovrebbe condannare «con gli stessi preconcetti che valevano allora per la teoria copernicana» gli attuali sviluppi della ricerca sulle cellule staminali o sulla genetica. Un’affermazione non nuova sulle labbra di molti scienziati critici verso la Chiesa, ma che suona dirompente se a pronunciarla è un vescovo della Curia romana e per di più nella Sala Stampa della Santa Sede di fronte a decine di giornalisti.Autore della clamorosa sortita è il barnabita Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto vaticano, esperto di liturgia e specializzato in archivistica. Il prelato ha incontrato ieri mattina la stampa internazionale per presentare una nuova edizione dei documenti del processo contro Galileo Galilei, lo scienziato pisano condannato dall’autorità ecclesiastica per il suo «Dialogo sui massimi sistemi», con il quale, ha spiegato Pagano, «sembrò insegnare ai teologi come interpretare la Bibbia, e al Papa come fare il Papa».Il Prefetto dell’Archivio Segreto non si è però limitato al passato. Ha tratto, dal caso Galileo, un insegnamento per il presente, applicandolo proprio ai pronunciamenti della Chiesa sulle cellule staminali e più in generale sulla genetica. Temi etici sensibilissimi: basti pensare che proprio la recente decisione del nuovo presidente Usa di rimuovere i limiti al finanziamento pubblico per la ricerca sulle cellule staminali embrionali, rappresenta uno dei temi di maggior attrito tra Stati Uniti e Santa Sede. E Barack Obama vedrà Benedetto XVI tra pochi giorni.Queste le esatte parole dette dal vescovo Pagano: «Può insegnare qualcosa a noi oggi (il caso Galileo, ndr)? Certo, per esempio – ma questo lo dico da sacerdote, da persona privata – a stare molto attenti quando ci si confronta con la sola Scrittura alla mano in questioni scientifiche, a non fare noi gli errori che furono fatti allora». «Penso – ha aggiunto l’archivista – alle cellule staminali, penso ai problemi dell’eugenetica, penso ai problemi della ricerca scientifica in questi ambiti, che qualche volta ho l’impressione siano condannati con gli stessi preconcetti che valevano allora per la teoria copernicana. Bisognerebbe studiare di più, essere molto più prudenti». Espressioni inequivocabili: il prelato teme che in materia di cellule staminali e di «eugenetica» (forse intendeva di «genetica»), la Chiesa oggi pronunci condanne in base a «preconcetti», come fece con Galileo.Resosi conto dell’effetto dirompente delle sue affermazioni, il vescovo ha fatto poi distribuire una dichiarazione per inquadrare meglio il suo pensiero. «Il caso Galileo – si legge nella nota – insegna alla scienza a non presumere di far da maestra in materia di fede e di Sacra Scrittura e insegna contemporaneamente alla Chiesa ad accostarsi ai problemi scientifici, fossero anche quelli legati alla più moderna ricerca sulle staminali, per esempio, con molta umiltà e circospezione». Come si vede, nessuna smentita, peraltro impossibile, dopo che i registratori dei giornalisti avevano catturato le sue precedenti parole.Ora, il Prefetto dell’Archivio Segreto non è un teologo né un esperto di bioetica. Ha espresso il suo pensiero dimenticando, per un momento, il ruolo ricoperto e il luogo in cui si trovava. Le sue battute sono state accolte con sorpresa nei sacri palazzi: sulle questioni citate da Pagano, infatti, gli organismi della Santa Sede non intervengono sulla base delle Scritture (che non sono un trattato scientifico) ma degli sviluppi della ricerca. Come conferma al Giornale il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella: «Tutti devono essere umili di fronte alla scienza, ma sulle staminali la Chiesa non si è espressa con pregiudizi, ma in base a giudizi scientifici non condizionati dalla propaganda e dalle pressioni del mercato. La ricerca basata sulle staminali umane embrionali, l’unica che ha sollevato dubbi etici, è datata e superata e si è dimostrata una grande truffa».
(Fonte: Andrea Tornielli, Il Giornale, 4 luglio 2009)
Nessun commento:
Posta un commento