In questi tempi sta diventando sempre più difficile parlare di Chiesa Cattolica, avanzare proposte per il rilancio dell'arte e dell'architettura sacra, sensibilizzare i fedeli e il clero al recupero di una spiritualità più autentica, ossia specchio della tradizione da cui è scaturita nei secoli, e non frutto di speculazioni intellettuali ed ideologiche recenti. E le ragioni di questa difficoltà sono molteplici. Cercherò di riassumerle in pochi chiari concetti:
1. L'indifferenza delle gerarchie: tolti pochi cardinali e vescovi altamente sensibili al problema, rispettosi delle indicazioni e delle esortazioni chiare del Santo Padre, il resto del collegio cardinalizio e dei vescovi sembra disinteressarsi agli aspetti per così dire "formali" del culto cattolico. Al contrario il primario interesse di molti sembra essere legato a una stanca iterazione di ruoli istituzionali: si fanno conferenze, si parla molto di Giovanni Paolo II, si visitano parrocchie, si parla anche a sproposito, si assiste a inaugurazioni, etc. Molti, con ruoli istituzionali, sembrano non accorgersi che la Chiesa è immersa in una delle crisi più gravi dalla sua fondazione. Questa inazione clericale, sommata alla sordità delle gerarchie vaticane nei riguardi delle indicazioni di Papa Benedetto, agli opportunismi e alle manovre politico-mediatiche, dà l'idea di un gruppo di potere che vive immerso in una realtà parallela. Quando si sveglieranno da questo sonno letargico sarà troppo tardi. 2. La dissoluzione lenta del cattolicesimo nell'azione sociale: possiamo ripetere quanto vogliamo che i valori alla base della nostra società sono cristiani, che i fondamenti della nostra morale sono nel cristianesimo, che le radici culturali della nostra Europa sono cristiane. La realtà però è ben diversa. E' una realtà nella quale la Chiesa è sempre più marginalizzata, costretta ad arretrare e a trasformarsi in patina sottile, in leggero velo con cui coprire la nostra crescente insensibilità religiosa. Le chiese sono sempre più vuote, e anche quando sono piene il pieno non copre il vuoto: vuoto di formazione, di catechesi, di consapevolezza cristiana, vuoto di autentica moralità cattolica etc. Il culto in sé è diventato per molti mera ripetizione di formule, per carità, in lingua volgare, apparentemente comprensibili e segno di partecipazione. Ma pur sempre formule che a stento il 10% dei cattolici praticanti è in grado di spiegare rimanendo fedeli al catechismo. E in questo contesto di fede apparente, di fede marginale, ossia ancorata solo alla soglia del dolore, della morte, della malattia (si ricorre alla fede laddove il mondo non può fornire sedativi o eccitanti) i sacerdoti annaspano e cercano ogni giorno di inventarsi qualcosa di nuovo: eventi, incontri, rituali partecipativi, convinti che una fede antica, nuda, presa nella sua natura severa e scabra, non persuada più nessuno. E allora si sbizzarriscono e faticano duramente e alle volte sono sul punto di arrendersi. Tutto ciò dipende dalla lenta sostituzione del Cristianesimo col mondo, della spiritualità col materialismo, della fede con la dialettica mondana. E la Chiesa stessa è responsabile di questo repentino passaggio dal soprannaturale al contingente.
3. L'immoralità di preti e religiosi: convincere dei parrocchiani di un prete gay o pedofilo o drogato che le sue messe, celebrate ipocritamente per anni, fossero valide e che ci si possa ancora fidare della Chiesa credo sia arduo se non impossibile. Ci vuole molta fede da parte loro. E in questo caso non servono i “mea culpa” da parte della Chiesa, serve azione: basterebbe buttar fuori a pedate da tutti i seminari e case religiose le legioni di seminaristi e studenti omosessuali e apertamente effeminati. Basterebbe censurare tutti quei vescovi che proteggono o hanno protetto questo o quel prete gay, quelli che hanno protetto questo o quel prete pedofilo. Basterebbe defenestrare dal Vaticano i gay conclamati che hanno raggiunto posizioni di riguardo e che all'interno delle mura leonine sono a tutti noti per le loro attenzioni nei confronti dei maschi. Insomma, basterebbe un po' di coerenza. Quella stessa coerenza che viene ampiamente richiesta ai laici, dovrebbero essere i sacerdoti, i Vescovi e i Cardinali a metterla in pratica nella loro azione quotidiana, senza considerarsi né una casta di eletti, né i protettori messianici di una organizzazione paramafiosa, ma operando con verità e carità: carità prima di tutto nei confronti dei più deboli ossia dei bambini e dei fedeli, verità poi nei riguardi di se stessi, visto che operano non semplicemente in prima persona, ma nel ruolo di continuatori della fondazione soprannaturale di Cristo.
Ma l'immoralità dei religiosi va ben oltre i confini dello spregiudicato cortile della sessualità, avanza nelle stanze dell'avidità e dei traffici economici, in quella della vanità e della presunzione, della spregiudicatezza e dell'indifferenza.
Alla luce di queste tre criticità l'azione dei laici di buona volontà, dei laici impegnati e preparati, non appiattiti sulle posizioni ideologiche di un clero decadente, ma animati da una semplice e accorata consapevolezza dell'attuale crisi della Chiesa, sembra comunque trasformarsi in una sorta di lotta donchisciottesca contro i mulini a vento, una avventura senza scopo e senza frutto.
Questo però non vuol dire che dobbiamo necessariamente arenarci dinanzi all'evidenza. Piuttosto il nostro impegno deve essere trasversale e anticonvenzionale: sostenere i buoni sacerdoti e aiutarli ad essere esempio per le comunità cristiane, agevolare la diffusione della spiritualità che promana dalla liturgia, catechizzare chi ci è vicino, indurlo alla riflessione sulle domande ultime dell'uomo e presentargli la risposta cristiana non nel mero contesto della dialettica, ma in quello della mistica, nell'orizzonte altro dell'invisibile. Favorire un superamento delle ideologie criminali sessantottine così diffuse nel clero - anche fra giovani sacerdoti - e nel laicato "attivo e adulto", tutte scaturite dal Marxismo e dall'Hegelismo. Questi compiti sono complessi, ardui, richiedono testimonianza quotidiana, poche parole e molti fatti, molta contemplazione, riflessione, e nessuna crociata ideologica "al contrario". Richiedono soprattutto la nostra coerenza e la coerenza dei sacerdoti legati alla tradizione della Chiesa, perché un nostro, un loro piccolo errore, può sempre mettere in difficoltà il lavoro di tutti. È un lavoro che parte dal basso, che deve necessariamente ignorare una sorda gerarchia che vive nell’utopia.
(Liberamente tratto da: Francesco Colafemmina, Fides et forma, 31 maggio 2011)
1 commento:
Volevo intervenire con un commento degno di nota, ma… l'articolo mi piace, quindi… GRANDI!!! Continuate così!
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