venerdì 24 giugno 2011

Veronesi: sfoggio di demenza senile. Inutile giustificarlo appellandosi ai classici greci e latini.

“Also sprache Veronesi”: così ha detto Veronesi, “il sublime”!. Augh! Prostriamoci a terra!
Il dottor Veronesi sostiene [e tutti stiano zitti ad ascoltarlo!] che l’amore più puro è quello omosessuale, perché non è finalizzato alla procreazione. E lo sostiene in risposta a quel sindaco che aveva definito l’omosessualità un’aberrazione genetica.
L’esternazione di Umberto Veronesi è stata molto amplificata dai media. Del resto, si sa, Veronesi è un oncologo, quindi ritenuto [a sproposito] uno specialista di etica, antropologia filosofica e psicologia che tutti anelavamo ascoltare su questo tema… [anche se ahimé ha decisamente perso una delle ultime occasioni per starsene zitto! Ma tant'è: ormai lo sappiamo tutti, l’incontinenza verbale è una prerogativa dei “troppo pieni di scienza”!]
C’è chi è venuto in suo soccorso evocando i Greci e Platone (La Stampa, ndr). In effetti, molto spesso si sente dire che «i Greci erano tutti o quasi tutti favorevoli all’omosessualità». Ora, non possiamo qui svolgere un’analisi completa della questione. Però, brevemente, possiamo almeno dire che in Grecia era praticata la pederastia, cioè il rapporto fra l’adulto ed il ragazzo dai 12 ai 16 anni, ma essa probabilmente era circoscritta agli ambienti intellettuali (su ciò cfr. S. Musitelli – M. Bossi – R. Allegri, Storia dei costumi sessuali in Occidente. Dalla preistoria ai nostri giorni, Rusconi, 1999, pp. 84-85) e non era approvata da chiunque: da alcuni era anzi considerata «un’impudenza», come si ricava dal Simposio di Platone (192 A). Ma che dire dell’omosessualità tra adulti?
Spesso si cita Platone, come ha fatto tante volte Gianni Vattimo. E, allora, per quanto riguarda Platone, bisogna menzionare due testi: di nuovo il Simposio e le Leggi. Nel Simposio si trova una giustificazione dell’omosessualità, ma non è del tutto chiaro se Platone la condivida, se la faccia propria. Probabilmente sì, ma forse no. Il problema interpretativo è dovuto al fatto che questo testo è un fitto gioco di maschere (cfr. al riguardo l’interpretazione di Giovanni Reale) e di finzioni. Comunque, anche qualora all’epoca del Simposio Platone sia stato favorevole all’omosessualità, egli l’ha di certo condannata ne le Leggi, la sua ultima opera. In questo testo (cfr. 836 AC) viene trattato il seguente problema: «come [in uno Stato] si potrebbe garantirci dagli amori precoci di fanciulli e fanciulle, dall’omosessualità maschile e femminile, da queste perversioni che sono responsabili di incalcolabili sciagure, non solo per la vita privata dei singoli, ma anche per l’intera società?». E, probabilmente, Platone condivide la legislazione precedente a Laio, la quale considerava «indecente l’amplesso tra maschi e l’unione con adolescenti».
Ma, sempre per stare ai Greci, veniamo ad Aristotele, il quale nell’Etica Nicomachea (1148b 24-30) dice che «fare all’amore tra maschi» è uno dei «comportamenti bestiali». Sono solo accenni, che richiederebbero molto precisazioni (tra l’altro non abbiamo ricostruito le argomentazioni, invero leggermente sbrigative, di Platone e Aristotele a supporto di queste loro tesi). Bastano però per mostrare come due fra i più grandi Greci (anzi fra i più grandi pensatori di tutti tempi) siano stati contrari all’omosessualità.
Se poi ci spostiamo tra i Romani, le condanne, anzitutto del matrimonio omosessuale, ma anche dell’omosessualità, abbondano. In effetti, come ha rilevato una grande e compianta storica come Marta Sordi, il matrimonio romano è sempre stato monogamico e solo tra un uomo e una donna. Perciò, le nozze omosessuali di Nerone vennero biasimate duramente da autori come Tacito, Svetonio e Cassio Dione. Per continuare con gli esempi, Musonio Rufo (stoico del I secolo d.C.) specialmente nella Diatriba XII afferma chiaramente: «Gli unici tipi di unioni che dovrebbero essere considerate giuste, sono quelle che hanno luogo all'interno di un matrimonio e sono finalizzate alla procreazione di bambini, […] laddove quelle che perseguono il mero piacere sono ingiuste e illegittime, anche qualora dovessero avere luogo all'interno di un matrimonio».
Quanto a Seneca (forse il più grande tra i filosofi stoici), loda l'amore sponsale contrapponendolo ad altre unioni che considera contro natura (Epistulae ad Lucillium, 116, 5; 123, 15). E nel De matrimonio insiste proprio sulla liceità delle sole unioni sponsali finalizzate alla generazione. Infine Epitteto, analogamente, biasima le unioni non matrimoniali ed approva solo quelle dirette alla procreazione (Diatribe, III 7, 21; II 18, 15-18; III 21, 13). Potremmo continuare a lungo, ma una cosa dovrebbe essere chiara: la condanna dell’omosessualità e del matrimonio omosessuale non l’ha affatto cominciata il cristianesimo.

(Fonte: Giacomo Samek Lodovici, La Bussola Quotidiana, 24 giugno 2011)


Nessun commento: